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Settimo Vittone

Disastro cinghiali in Canavese: distrutta la metà dei pascoli d'alpeggio. Il sindaco chiede di abbatterli

Arano il terreno distruggendo il fieno e gli animali non hanno più da mangiare: in crisi la produzione di formaggi e carni, tesoro del territorio

Si chiede di intensificare gli abbattimenti

Si chiede di intensificare gli abbattimenti

Settimo Vittone, valle della Dora Baltea Canavesana. Negli ultimi anni, il proliferare incontrollato dei cinghiali ha provocato danni sempre più gravi alle colture e ai pascoli montani. Una situazione drammatica che sta colpendo diverse vallate del torinese, ma che appare particolarmente allarmante nella zona di Settimo Vittone, al confine con la Valle d'Aosta. Qui, i prati d’alpeggio sono stati letteralmente trasformati in distese di zolle e terreni devastati, con gravi conseguenze per l’economia agricola locale.

Nelle zone d'alpeggio, attorno ai 1400 metri di altitudine, dove i boschi lasciano spazio ai pascoli, la situazione è diventata critica. Secondo le stime, tra il 40% e il 60% dei prati è stato completamente distrutto. Questo ha causato un crollo nella produzione di fieno e una diminuzione delle aree disponibili per il pascolo di mucche e capre, compromettendo in modo significativo la produzione di formaggi e carni, due settori di eccellenza del territorio. Anche gli agriturismi, che basano parte della loro offerta su questi prodotti locali, stanno subendo pesanti perdite economiche.

Ivo Peretto, sindaco di Settimo Vittone, non nasconde la sua preoccupazione: «Dalla scorsa estate abbiamo registrato una vera e propria esplosione di danni provocati dai cinghiali. Risultano danneggiati tutto il territorio agricolo comunale: dai prati di fondovalle alle vigne, fino, appunto, ai pascoli degli alpeggi. Così non si può andare avanti. Chiediamo che gli abbattimenti vengano intensificati per riportare la popolazione di questi animali a livelli compatibili con la nostra agricoltura».

Una delle cause principali di questa proliferazione sembra essere la presenza di una Zona di Ripopolamento e Cattura di 550 ettari, istituita dalla Città Metropolitana. Questo "Divieto di Caccia" comprende tutta la fascia superiore del bosco e rappresenta un rifugio sicuro per i cinghiali durante le ore diurne, consentendo loro di trovare protezione prima di scendere verso le zone coltivate e i pascoli.

Bruno Mecca Cici, presidente di Coldiretti Torino, sottolinea la gravità della situazione: «I danni ai pascoli sono impressionanti. I nostri allevatori sono disperati. È evidente che siamo di fronte a una popolazione di cinghiali esorbitante che deve essere drasticamente ridotta. Chiediamo al Comprensorio Alpino Torino 5 e alla Città Metropolitana di intervenire subito attraverso i selecontrollori (cacciatori di selezione) soprattutto nella zona in cui la caccia è vietata, per non lasciare un’ampia porzione di territorio a disposizione dei cinghiali che dalla zona di divieto colpiscono le aree agricole».

Bruno Mecca Cici, presidente Coldiretti Torino

Le posizioni sul contenimento della specie sono contrastanti. Da una parte, gli agricoltori e allevatori, sostenuti da associazioni come Coldiretti, chiedono interventi più incisivi e immediati, con abbattimenti mirati per ridurre la popolazione dei cinghiali. Dall’altra, le associazioni ambientaliste mettono in guardia sui rischi di un abbattimento massivo, proponendo invece strategie di controllo più sostenibili, come l'uso di recinzioni e la promozione di una maggiore coesistenza tra uomo e fauna selvatica.

Tuttavia, le misure finora adottate sembrano insufficienti a contenere i danni. Il settore agro-pastorale del Canavese è ormai sotto pressione, con perdite economiche che rischiano di compromettere l’attività di molte aziende locali. La richiesta di un intervento urgente si fa sempre più pressante, mentre i pascoli continuano a subire l’incessante attacco di un animale che, negli ultimi anni, ha visto la sua popolazione crescere a ritmi fuori controllo.

Le campagne di contenimento e le iniziative di selecontrollo (caccia di selezione, programamta) si trovano ora al centro di un dibattito acceso. La sfida sarà trovare un equilibrio tra la necessità di proteggere le produzioni agricole e quella di tutelare l’ecosistema, in un contesto dove il ruolo dell’uomo appare sempre più determinante.

L'immagine dall'alto mostra la gravità della situazione

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