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05 Ottobre 2024 - 17:12
"In riferimento alle manifestazioni pro Palestina in programma per il prossimo 7 ottobre" a Torino "si comunica che il Questore ha prescritto ai comitati organizzatori di svolgere le medesime in data diversa ed esclusivamente in forma statica".
E' quanto si legge in una nota diffusa della questura del capoluogo piemontese.
"Lo svolgimento di predette manifestazioni - è il testo - si colloca infatti nella cornice di una ampia e diffusa mobilitazione indetta nel ricordo del primo anniversario dell'attacco allo Stato di Israele da parte delle frange palestinesi riconducibili al movimento di Hamas sfociato nell'uccisione, il 7 ottobre dello scorso anno, di numerose vittime e nel rapimento di altrettante persone alcune delle quali decedute durante il conflitto".
"In una data così fortemente simbolica, poiché coincidente con l'eccidio commesso ai danni della popolazione israeliana, non può escludersi - è la conclusione - che i manifestanti possano essere indotti a compiere azioni lesive e contrarie all'ordine e alla sicurezza pubblica".
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La decisione rappresenta un atto che soffoca il diritto di espressione di chi vuole dar voce alla sofferenza del popolo palestinese. Il divieto è giustificato dal Questore con il rischio di disordini legato alla coincidenza con il primo anniversario dell’attacco di Hamas contro Israele, avvenuto il 7 ottobre 2023.
Tuttavia, questa scelta ignora o minimizza la tragedia umanitaria in corso nella Striscia di Gaza, dove, in un anno di conflitto, le vittime continuano ad aumentare vertiginosamente.
Secondo i dati più recenti forniti dal ministero della Salute di Gaza, il bilancio dei morti palestinesi dal 7 ottobre 2023 è salito a 41.825, con 96.910 feriti.
Solo nelle ultime 24 ore, 23 persone sono state uccise, un triste aggiornamento che si somma alla devastazione costante. Gaza, con quasi 2 milioni di abitanti, è una delle aree più densamente popolate al mondo, ma vive sotto un assedio implacabile da oltre 17 anni. La distruzione delle infrastrutture civili, gli ospedali al collasso e la mancanza di accesso a cure mediche adeguate hanno reso questa regione una prigione a cielo aperto.
Mentre la Questura di Torino teme disordini legati alla commemorazione israeliana, la comunità internazionale sembra ignorare che la violenza non si limita solo a Gaza.
In queste settimane, assistiamo a un’escalation tra Israele e Libano, con Hezbollah che intensifica le sue attività militari lungo il confine, e un’escalation parallela tra Israele e Iran, con un aumento delle tensioni diplomatiche e minacce reciproche di azioni militari. La situazione, dunque, non riguarda solo la Striscia di Gaza, ma un conflitto regionale che si allarga sempre di più e rischia di trascinare altre Nazioni in una spirale di violenza.
In questo contesto, vietare o limitare una manifestazione pro Palestina non fa altro che ridurre ulteriormente lo spazio per il dibattito e la denuncia delle ingiustizie. Se da un lato è giusto commemorare le vittime israeliane, dall’altro non si può continuare a ignorare le sofferenze palestinesi. 41.825 morti non sono semplici numeri: sono vite spezzate, famiglie distrutte, una tragedia umanitaria che merita di essere riconosciuta e discussa apertamente.
La narrazione dominante tende a focalizzarsi esclusivamente sulla sicurezza di Israele e sugli attacchi di Hamas, trascurando la questione della vita sotto occupazione per i palestinesi. In una regione segnata da conflitti continui e disparità di potere, il diritto alla vita, alla sicurezza e alla dignità deve essere garantito a tutti. Le sofferenze palestinesi non possono essere ignorate semplicemente perché scomode o perché potrebbero provocare tensioni in piazza.
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Il 7 ottobre 2023 ha segnato l’inizio di una nuova fase di violenze, ma anche di una repressione che non accenna a fermarsi. Se davvero vogliamo parlare di pace e giustizia, dobbiamo prima guardare in faccia la realtà di chi vive sotto assedio. Le vittime palestinesi, come quelle israeliane, meritano di essere ricordate e la loro sofferenza non può continuare a essere nascosta sotto il tappeto.
Vietare una manifestazione pro Palestina in una data così simbolica significa negare la possibilità di parlare apertamente di una tragedia umanitaria di proporzioni colossali. Limitare il dissenso non aiuterà a risolvere il conflitto, ma rischia di esacerbare le tensioni, continuando a soffocare il diritto alla giustizia.
Torino, come tutte le città democratiche, deve essere un luogo dove la libertà di espressione e il diritto di manifestare per i diritti umani possano essere esercitati pienamente. Non si può permettere che l’attenzione verso una parte del conflitto oscuri completamente l’altra. La pace si costruisce attraverso il riconoscimento delle sofferenze di tutti, e la voce del popolo palestinese deve poter essere ascoltata.
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