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Madre Luisa Margherita Claret de la Touche. Dalla Bretagna a Betania di Vische

Di Giuseppe Avataneo per la rivista Canavèis

Madre Luisa Margherita Claret de la Touche. Dalla Bretagna a Betania di Vische

IN FOTO A sinistra Margherita a 17 anni. Morì nel 1915 a 47 anni

Margherita Claret de la Touche nasce in Francia a Sain-Germain-en-Laye, regione della Bretagna, il 15 marzo 1868 da una ricca famiglia borghese originaria della Contea di Angounois, le cui origini risalirebbero al XIV secolo. Nella discendenza dei Claret troviamo avvocati, dipendenti statali, medici, giudici, poeti, drammaturghi, militari, politici ed ecclesiastici. Di sana e robusta costituzione (come essa stessa si descrive nella sua Autobiografia, che più volte citeremo qui di seguito), fu battezzata in casa l’11 aprile con i nomi di Margherita Celina Ferdinanda Maria.

Nelle famiglie nobili o borghesi con cospicue fortune economiche, era consuetudine affidare il neonato a una nutrice; ciò avvenne anche per la famiglia di Margherita, causandole conseguenze negative per tutta la vita. La nutrice, infatti, accortasi che il suo latte non bastava e nel timore di essere licenziata, durante la notte integrava la poppata facendole succhiare «pane inzuppato di vino e cioccolato. Ma un nutrimento così poco adatto a una bambina di pochi mesi avrebbe compromesso per sempre la mia salute. Si manifestò allora un’infiammazione generale che, localizzandosi nei bronchi, mi ricondusse in poco tempo in fin di vita».

Perduta ogni speranza, la madre votò la piccola alla Madonna ed essa, pochi minuti dopo, ricominciò a dare segni di vita e gradatamente a migliorare (era già un primo segno della speciale attenzione che il Cielo manifestava nei suoi confronti).

La piccola Margherita crebbe in una famiglia felice, ma perse il padre nel 1875, a soli sette anni, che le lasciò un grande vuoto nel cuore, acuito ancor di più dallo sconvolgimento provocato dal secondo matrimonio della madre, due anni dopo, con Alberto de Chamberet. Fortunatamente per lei il patrigno le dimostrò sin da subito un grande affetto e questo contribuì alquanto a tranquillizzarla.

Margherita, come tutte le ragazze borghesi dell’epoca, crebbe tra «vacanze in campagna, salotti eruditi, balli, banchetti, letture, musica, pittura e poesia. Solo l’istruzione era limitata al necessario per diventare una buona padrona di casa. […] un po’ di letteratura, far di conto, conversare, ricevere gente, ricamare, dipingere e suonare». Circa tre settimane dopo la Prima comunione (30 marzo 1879), Margherita ebbe una intuizione che avrebbe segnato tutta la sua vita: «si sentì spontaneamente attratta ad emettere il voto di verginità perpetua».

Un libro ne decide la scelta. 

Più gli anni passavano più la chiamata di Dio si faceva sempre più forte in Margherita che, alla soglia dei 18 anni, durante un grave episodio di febbre tifoidea da cui era fortunatamente guarita, percepì nuovamente l’impulso di legarsi al Signore, e rinnovò il voto di verginità. 

A fine settembre 1887 la svolta decisiva. Nella casa della nonna a Provins un libro attirò la sua attenzione; si trattava della Vita di San Luigi Gonzaga del padre Virgilio Cepari, inizialmente affascinata dalla «purezza tutta celestiale del suo volto», all’inizio del volume; allora si immerse avidamente nella lettura di quelle pagine che narravano una storia molto simile a quella della sua vita: «l’immagine di un giovane fortemente ascetico, pur in mezzo alla vita gaudente di corte, proiettato verso una santità conquistata con la purezza e la penitenza, che già a nove anni aveva pronunciato il voto di verginità», provando il forte desiderio di rinunciare anch’essa alla vita mondana aristocratico-borghese nella quale viveva, per scegliere Dio come sua unica meta.

Poiché una delle argomentazioni della madre era la scarsa salute della figlia che, pensava, non gli avrebbe permesso di resistere alla dura vita monacale, Margherita cercò di sfruttarla a suo favore proponendo alla madre di anticipare «l’ingresso in monastero nell’autunno: si sarebbe potuto vedere subito se riuscivo a passare l’inverno e, se la mia salute non poteva sopportarne i rigori, sarei uscita ancora postulante. Al contrario, se fossi entrata in primavera sarei stata ammessa alla vestizione».

Davanti a questa argomentazione la madre, convinta che la figlia non avrebbe sopportato in convento i rigori dell’inverno, non osò muovere obiezioni, e la data di ingresso fu fissata per il 21 novembre 1890 nel monastero della Visitazione a Romans, fondato nel 1632. Nel convento di Romans la vita per suor Luisa procedette − tra alti e bassi, incomprensioni con la superiora ed episodi mistici − più o meno regolare sino ai primi del 1900. Tuttavia il destino della Casa della Visitazione di Romans si stava compiendo. Nel 1904, con legge voluta dal governo presieduto dall’anticlericale Èmile Combes, venne pubblicata la lista delle congregazioni da doversi chiudere, e tra esse vi era anche quella di Romans. Pertanto, il 7 luglio, suor Luisa Margherita, assieme alla superiora e un’altra consorella, partì per l’Italia alla ricerca di una nuova destinazione. Venne scelto il castello di Revigliasco, che pure non soddisfaceva le esigenze delle religiose e, a novembre, venne firmato il contratto di locazione.

Eletta madre superiora.

Nel luglio 1905 venne emesso il decreto di scioglimento della congregazione, e il 6 marzo 1906, dopo 300 anni di vita, le «visitandine» di Romans furono espulse dal liquidatore e partirono per Revigliasco, ove giunsero il giorno 10. Trascorso un anno, l’11 maggio 1907 la madre superiora Maria Emanuela Degand terminava il suo mandato e cinque giorni dopo si procedette all’elezione della nuova superiora, che vide la nomina di suor Luisa Margherita. Più passava il tempo e più si evidenziavano situazioni che rendevano il castello di Revigliasco inadatto alla vita claustrale della comunità. Si cercarono perciò nuove soluzioni, tanto più che analisi effettuate nell’agosto 1908 all’acqua dei pozzi del convento la trovarono non potabile.

Furono individuati due edifici da affittare, uno a Thiene ed uno a Muzzano, ma fallito l’accordo, inaspettatamente si prospettò loro la possibilità di affittare la villa La Torretta, a Mazzè, posseduta dal conte Giuseppe di San Marzano. Dopo aver visitato lo stabile ed averlo trovato adatto allo scopo si firmò il contratto di affitto per 4000 lire annue, e il successivo trasloco si completò l’11 gennaio 1909. Nei tre anni seguenti madre Luisa Margherita, con l’approvazione e l’aiuto del vescovo di Ivrea monsignor Matteo Filipello, completò e fece stampare ed approvare dal Vaticano la sua opera Il Sacro Cuore ed il Sacerdozio, che era il completamento del suo grande sogno, quello di una grande unione dei sacerdoti sotto il vessillo dell’Amore Infinito di Cristo. Nel frattempo fu eletta per la seconda volta superiora del convento.

Le manifestazioni mistiche intanto continuavano, alternando momenti di estasi ad altri di sofferenza profonda. Tutto sembrava andare per il meglio quando, nell’ottobre 1910, il conte di San Marzano fece sapere alla superiora che intendeva vendere la villa e chiedeva il prezzo di 85.000 lire. Poiché la comunità non era in grado di sostenere la spesa, prendeva concretezza l’ipotesi di un nuovo trasloco, ipotesi che gettò nuovamente lo sconforto tra le consorelle (si rischiò addirittura una aperta ribellione). Madre Luisa Margherita si mise pertanto subito alla ricerca di una nuova sistemazione: esito negativo ottennero ricerche in Ungheria e in Germania, ma il desiderio di non allontanarsi dalla Diocesi di Ivrea fece continuare le ricerche in Canavese, orientandole prima verso la villa Spurgazzi a Caluso, e successivamente a Bairo, Torre, Romano, Ozegna, Candia e San Giorgio, tutte però con esito negativo.

Il giorno della festa di San Francesco di Sales monsignor Filipello, in visita al convento, accennò alla superiora la possibilità di affittare il castello di Parella. La trattativa fu piuttosto difficile ma finalmente, il 6 marzo 1912 venne firmato il contratto, e la vita claustrale poté riprendere il suo corso normale da fine maggio. Giunti al 1913, e con esso alla scadenza del suo secondo triennio come superiora che gli impediva di non più essere rieletta, madre Luisa Margherita riprese la vita di comunità senza più incarichi particolari.

Ma il nuovo corso doveva rivelarsi tra i più dolorosi della sua vita. Al momento dell’elezione si fronteggiavano due candidate, legate a due diverse scuole di pensiero: suor F. Paolina Mugnier, legata all’indirizzo promosso da madre Luisa Margherita, e suor Giovanna M. Villard, di stampo più tradizionalista e contraria ai metodi innovativi portati avanti dall’ex superiora. Alla fine la spuntò, per sola volontà del vescovo, suor Paolina. Tutto ciò stava a significare che quasi metà delle suore era contraria alla linea tracciata da madre Luisa Margherita, e pertanto la nuova superiora non se la sentì di dare continuità all’indirizzo spirituale e intimo che madre Luisa Margherita aveva dato alle suore.

Madre Luisa Margherita lasciò Parella con il benestare del vescovo per non creare attriti e giunse Roma, ove si diede subito da fare, scandendo il tempo tra la preghiera e la stesura del libro dell’Amore Infinito. Essendo comunque riuscita a raggiungere la capitale e dovendovi presumibilmente soggiornare per parecchio tempo, per lei si aperse un periodo di grande incertezza: poiché era uscita da Parella, a chi doveva obbedire? Nel gennaio 1914 madre Luisa Margherita, che la Santa Sede aveva definitivamente sottratto all’autorità della superiora di Parella destinandola unicamente alle dipendenze del vescovo di Ivrea e della superiora di Roma, ricevette indicazioni a preparare la domanda e la documentazione necessaria per l’apertura della nuoca Casa.

Il 10 gennaio 1914 madre Luisa Margherita consegnava alla Cancelleria Vaticana la richiesta ufficiale per l’apertura, nella diocesi di Ivrea, di una seconda Casa della Visitazione assieme alle sorelle Margherita Agnese Simiene e Margherita Reynaud. Il 5 febbraio suor Luisa Margherita e la signorina Reynaud vennero ricevute dal Santo Padre, il quale assicurò la sua benedizione per la nuova fondazione, e finalmente il giorno 17 le due religiose, dopo più di tre mesi di permanenza, lasciavano Roma per tornare in Canavese con in tasca l’autorizzazione alla fondazione di una nuova Comunità.

La Villa di Vische.

Nel frattempo monsignor Filipello continuava le ricerche per trovare una sede alla nuova Visitazione: tentò inutilmente a San Giusto, Bollengo, Maglione e nuovamente a Caluso; anche Candia e il castello di Vische non diedero risultati soddisfacenti. Il 9 marzo, mentre madre Luisa Margherita si trovava a colloquio col vescovo, giunse Emilia Balocco, moglie del medico condotto di Vische, la quale propose la vendita alla nuova comunità di una villa sita in quel paese denominata «Villa dell’Albereto o Villa Cler».

La visita alla villa venne organizzata per il giorno 11, i cui aspetti meravigliosi vengono descritti da Margherita Reynaud nel suo Memoriale: «Arrivate presso la porta i proprietari erano già entrati, sentii madre Luisa Margherita dire a mezza voce: “Oh! Ma è la petite maison!”». Dopo le dovute opere di adattamento, nel giorno dell’Annunciazione il maestro elementare don Luigi Trovero alle 8.00 del mattino celebrò, alla presenza di una ventina di persone, la prima Santa Messa, utilizzando come altare un comò. A fine marzo giunse da Parella suor Agnese Simien e tutte e tre iniziarono ad abitare stabilmente l’Albereto. Fu il primo piccolo nucleo di un grande sogno che stava iniziando ad avverarsi.

L’inverno del 1914 fu particolarmente rigido, la neve abbondante; le suore erano costrette a patire il freddo economizzando sul riscaldamento, ma il Natale fu passato in armonia e letizia, con le piccole soddisfazioni che esse accoglievano con gioia e serenità: la preparazione del presepio, il pranzo con gallina lessa, patate al burro, dolce di crema al caramello e panettone, le visite dei parrocchiani, il magnifico spettacolo delle montagne e dei campi coperti di neve ma risplendenti al sole. L’atmosfera nella comunità era piena di serenità e fiducia. All’inizio del 1915 il gruppo era già salito a cinque ed altre chiedevano di entrare, ma la salute di madre Luisa Margherita continuava a peggiorare, e dal 2 febbraio fu obbligata a restare sempre seduta, mentre aumentavano le sofferenze per l’enfiagione delle gambe. Dal 6 maggio le cose precipitarono e le crisi di albumina si ripeterono con frequenza allarmante, alternate a quelle di uricemia, tanto che il giorno 12 le venne somministrata l’estrema unzione.

Sino all’ultimo però nessun lamento uscì dalle sue labbra; anzi, essa stessa continuò a confortare le sorelle che le chiedevano informazioni sulla salute. Spirò serenamente il 14 maggio 1915 alle ore 15.20.

I funerali furono celebrati il giorno dopo, presieduti dal pievano di Vische e con la partecipazione dell’intera popolazione. Fu tumulata nel cimitero comunale sotto una semplice croce di legno, con una lapide di marmo riportante l’iscrizione:

V.J.

Soeur Louise Marguerite de la Touche

Supérieure de la Visitation S.te Marie

Vische

14 Mai 1915

Dieu soit béni

Con l’improvvisa morte della madre fondatrice a soli 47 anni, tutto il suo lavoro per la creazione dell’Opera dell’Amore Infinito e della nuova Casa della Visitazione pareva crollare. A Roma, intanto, la Congregazione dei Religiosi, esaminate le carte portate dalla Reynaud e dalla F. Paolina non volle esprimersi sulla soppressione del nuovo convento, ma indicò come arbitro il vescovo diocesano. Consultato da monsignor Filipello, il cardinal Cagliero chiese lumi a Papa Benedetto XV, il quale consigliò di proseguire l’opera, ma cambiando nome al monastero per evitare difficoltà presenti e future con la Visitazione. Il Papa stesso suggerì il nome: Visitazione del Sacro Cuore. Così monsignor Filipello, nella festività del Sacro Cuore (30 giugno 1916), emetteva il decreto di approvazione e di continuazione del monastero di Vische sotto il suddetto titolo. Si realizzava in tal modo il desiderio di madre Luisa Margherita.

Il seme gettato piano piano attecchiva, man mano che le conversioni aumentavano il luogo si arricchiva di nuove costruzioni, sia per l’accoglienza dei sempre più numerosi visitatori che per le attività giornaliere e spirituali. L’ultima costruzione in ordine di tempo è la Chiesa-Santuario, inaugurata il 14 marzo 1998 e dedicata al Sacro Cuore di Gesù. L’opera, progettata dal padre francescano Costantino Ruggeri e dall’architetto Luigi Leoni, capace di 250 posti, è caratterizzata dalle splendide vetrate policrome che lasciano piovere sui fedeli un arcobaleno di luce.

Il 25 marzo 1931 le spoglie terrene di madre Luisa Margherita vennero esumate dal cimitero di Vische e, trovate incorrotte, traslate nel sepolcro preparato nel giardino del convento, dando subito inizio a un assiduo pellegrinaggio. Il 31 marzo 1933 monsignor Filipello dava inizio alle pratiche di beatificazione della fondatrice, poi dichiarata «Venerabile» il 26 giugno 2006.

Le spoglie di madre Luisa Margherita hanno trovato definitivo riposo in un’urna di marmo posta all’interno della nuova chiesa durante una solenne cerimonia il 14 maggio 2007, officiata alla presenza di tutta la popolazione (e non solo) dal vescovo di Ivrea. Da Vische, le suore di Betania si sono sparse in tutta Italia, fondando nuove comunità a Cremona, Roma e Traversella, e pure in Francia, Argentina e Colombia.

Bibliografia.

AA.VV., Immagini per ricordare - (Vische nelle fotografie di Pino Baro), 2003.

Actis Michele, sac, Vische, sua storia civile e religiosa, 1963.

Borghetti Roberto e Amici di Betania del Sacro Cuore, Luisa Margherita Claret de la Touche (L’Abisso dell’Amore Infinito), 2009.

Debernardi Pier Giorgio, Ho incontrato l’amore (vita-carisma-missione di Madre Luisa Margherita Claret de la Touche), 1999.

Reviglio Rodolfo, don, Una vita al servizio dell’Amore, in Opera dell’Amore Infinito, I quaderni dell’Opera, n.12, 1990.

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