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Lo stiletto di Clio

Chiodaiolo, mestiere antico nelle Valli di Lanzo

Un tempo, quando i torinesi non avevano ancora scoperto le valli di Lanzo quale meta di soggiorni estivi e di gite domenicali, i borghi di Traves, Mezzenile e Pessinetto erano unicamente conosciuti per la produzione dei chiodi

IN FOTO Pessinetto all’inizio del ventesimo secolo

IN FOTO Pessinetto all’inizio del ventesimo secolo

Oggi sono frequentati da tranquille famigliole di villeggianti. Ma un tempo, quando i torinesi non avevano ancora scoperto le valli di Lanzo quale meta di soggiorni estivi e di gite domenicali, i borghi di Traves, Mezzenile e Pessinetto erano unicamente conosciuti per la produzione dei chiodi. Fucine specializzate e piccole officine consentivano ai valligiani d’integrare i magri guadagni che derivavano dalle tradizionali risorse dell’economia alpina.

Non si conosce una data di nascita per questa attività già collegata allo sfruttamento dei filoni di minerali ferrosi delle tre valli di Lanzo. Dalle miniere si ricavavano anche rame, argento e oro. I più antichi documenti finora noti risalgono al Medioevo: nel novembre 1289 Guglielmo VII, marchese di Monferrato, diede disposizioni per la costruzione di un forno e di alcune fucine nel territorio di Pessinetto, in regione «Cima la Villa», un tempo unita al comune di Mezzenile. La concessione fu rinnovata più volte dai duchi di Savoia.

IN FOTO Chiodi forgiati a mano

IN FOTO Chiodi forgiati a mano

Nei secoli successivi l’attività dei chiodaioli rivestì un’importanza determinante per lo sviluppo dell’economia locale. A tale riguardo abbondano le testimonianze. Durante la prima metà del diciannovesimo secolo, il conte Luigi Francesetti rilevò, nelle sue «Lettres sur les Vallées de Lanzo», che molti abitanti di Mezzenile e dintorni si dedicavano a tempo pieno alla fabbricazione dei chiodi. L’intero nucleo familiare contribuiva a produrre: le donne, ad esempio, trasportavano il carbone di legna per alimentare le fucine, oltre a occuparsi dei lavori domestici e delle attività agricole. Anche i bambini, raggiunta l’età di dieci o dodici anni, erano impiegati nelle officine.

Cinquant’anni dopo il corografo canavesano Antonino Bertolotti osservò: «L’industria speciale dei chiodi e bullette, che si fabbricano a Pessinetto, Mezzenile e Traves, porta alle valli considerevole guadagno». 

Dalle fucine dei tre comuni, intorno alla metà dell’Ottocento, uscivano in media oltre centoventi quintali di chiodi alla settimana, per lo più smerciati a Torino.

Nel 1867 il colonnello Luigi Clavarino riferì che, dopo il trasferimento della capitale a Firenze (1864), le produzioni dei chiodaioli subirono un primo ridimensionamento a causa della grave stasi edilizia nel capoluogo subalpino. L’apertura del Cotonificio Valli di Lanzo, che assorbì molta manodopera locale, diede un’altro duro colpo all’antica attività.

A Mezzenile c’è ancora chi si ricorda dei vecchi chiodaioli che scendevano in pianura ogni sette giorni, con un pesante sacco sulle spalle, a vendere i propri prodotti. Nelle valli si era pure costituita una società operaia di mutuo soccorso che tutelava i diritti di questa particolare categoria di artigiani.

Il sistema per la fabbricazione dei chiodi era alquanto rudimentale. Nell’Ottocento generalmente si utilizzavano lamine metalliche, appositamente forgiate nelle fonderie lungo la Stura di Lanzo partendo da ogni genere di ferraglia. I fogli erano ridotti in chiodi mediante un procedimento termico: il fuoco veniva ravvivato da una corrente d’aria sospinta dall’acqua in caduta. Particolarmente ricercati erano i chiodi per ferrare i cavalli i quali subivano un preventivo processo di levigazione in apposite casse di legno, collegate a una ruota che la forza motrice dei torrentelli di montagna azionava.

Nel corso dell’ultimo conflitto mondiale, agli artigiani delle valli di Lanzo fu ancora affidata la fabbricazione di speciali chiodi per gli scarponi delle truppe alpine, impossibili da produrre su scala industriale. Poi l’attività dei chiodaioli decadde inesorabilmente. 

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