Cerca

Ritorno alle origini

La rinascita della Toma del legno: un formaggio unico del Canavese salvato dall’oblio

Riccardo continua a produrre la Toma secondo le tecniche tramandate dalla sua famiglia, utilizzando latte di animali in via d’estinzione

toma del legno

toma del legno

Riccardo Facciolo è un canavesano, analista informatico, ma anche l'ultimo custode della tradizione della Toma del Bohc, un formaggio antico originario dell'alto Canavese. Oggi, Riccardo continua a produrre la Toma secondo le tecniche tramandate dalla sua famiglia, utilizzando latte di animali in via d’estinzione, essenziale per la produzione della Toma del Bohc. Dopo aver perso il lavoro nel 2016, Riccardo ha deciso di riscoprire questa antica tradizione familiare.

"Questo formaggio è scomparso commercialmente nel 1950," racconta Riccardo.

"Non lo si trova più nemmeno nei manuali di casearia."

E la ricetta? Nulla di scritto né conservato in qualche caveau; gli ingredienti e i passaggi mi sono rimasti impressi nella memoria. "Guardavo mia nonna mentre lo faceva. Stavo con lei durante tutte le fasi, a partire dalla mungitura."

E per più di settant’anni, la Toma del Bohc è rimasta solo un ricordo.

La Toma del Bohc ha origini antiche, che affondano le radici nei racconti tramandati dalla famiglia di Riccardo fino al 1700. Dopo aver perso il lavoro come analista nel 2016, Riccardo ha deciso di dedicarsi alla riscoperta della tradizione casearia. "Non partivo da zero," racconta, "avevo le baite e la conoscenza. Con il TFR e la NASpI ho investito nel mio sogno." Ha acquistato una cascina nel Biellese, vicino al lago di Viverone, e ha iniziato con una mucca; oggi ne ha sei e sogna di ampliare la sua attività. La sua giornata inizia alle 6 del mattino: tra mungiture, gestione delle stalle e lavoro da remoto come analista. Viene aiutato da sua moglie, che si occupa della fase di produzione.

Per produrre la Toma del Bohc, Riccardo alleva razze rustiche alpine in via d’estinzione, animali che producono un latte di qualità eccelsa, ma in quantità molto limitata. "Queste razze, un tempo fondamentali per l’alpeggio, rischiano di fare la fine dei mammut," spiega. "Con appena 20 litri di latte al giorno, rispetto agli usuali 50/60 delle mucche usate per l’industria del latte, questi animali offrono un latte ricco di caseina e dotato di un'eccellente flora batterica, oltre che di alte percentuali di grasso."

La Toma de Bohc

Il processo di produzione della Toma del Bohc è rimasto pressoché invariato.

Si parte dal latte, che viene filtrato e scaldato prima di aggiungere il caglio, seguendo una serie di passaggi segreti tramandati oralmente. Ogni grado di maturazione dà vita a un formaggio diverso, e la stagionatura su tavole di abete rosso o larice contribuisce a conferirgli quel caratteristico sapore resinato.

Ma perché si chiama Toma del Bohc?

"Quando tagli una forma stagionata, la crosta si sbriciola lasciando una polverina fine, e anche l’interno si sbriciola, ricordando i trucioli di legno."

Ma la visione di Riccardo va oltre la produzione casearia.

"Una volta consolidata l'azienda agricola, vorrei riportare in vita la borgata sopra Ronco Canavese," afferma, con la speranza che la sua iniziativa possa dare un futuro a questa tradizione.

"Se perdiamo le radici, perdiamo noi stessi," conclude Riccardo.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori