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28 Agosto 2024 - 11:52
È ormai alle porte la data di lunedì 2 settembre, cerchiata in rosso da tempo, e c'è "grande preoccupazione" tra gli industriali del Nord-ovest.
Alle 17 inizieranno i lavori del primo cantiere-test di risanamento della volta lunga 11,6 chilometri. Interventi su due tratti di 300 metri ciascuno che potrebbero dare il via a una serie di stop analoghi per i prossimi 18 anni.
Solo le opere al via e quelle previste nel 2025 costeranno 50 milioni di euro. Un progetto slittato dall'anno scorso, quando una frana in Maurienne (Francia) aveva provocato la chiusura del traforo stradale del Fréjus.
Riapertura entro il 16 dicembre, in tempo per le festività natalizie, con l'impegno del gestore, il Geie-Tmb, a fare "tutto quanto è nelle sue possibilità" per terminare in anticipo.
Il periodo - sottolinea - è stato individuato come il "meno impattante sul turismo".
Durante le 15 settimane di chiusura totale del Bianco, si stima che nove camion su dieci saranno dirottati al traforo stradale del Fréjus: dopo i danni della grande frana di un anno fa, su quello ferroviario pesa ancora l'incognita della data di riapertura, rinviata nelle scorse settimane almeno al primo trimestre 2025.
Il traffico leggero sarà ripartito tra la galleria che collega Bardonecchia e Modane, il traforo del Gran San Bernardoe il colle del Piccolo del San Bernardo, che però chiuderà in caso di neve.
"La questione è che non abbiamo un piano B. Se per esempio il traforo stradale del Fréjus dovesse avere un problema, rimarremmo bloccati", dice Andrea Amalberto, presidente di Confindustria Piemonte.
"C'è una preoccupazione enorme da parte nostra. I costi aumenteranno, come le difficoltà nei trasporti. La Francia è uno dei maggiori partner dell'Italia per lo scambio di merci, parliamo di 45 milioni di tonnellate annue, senza contare quelle che transitano per altre destinazioni".
La Società italiana per azioni per il Traforo del Monte Bianco nel proprio ultimo bilancio prevede quest'anno "un calo dei flussi veicolari pari a circa il -16,5% rispetto al 2023".
"Confindustria continuerà a spingere per la seconda canna, per noi è questa l'unica alternativa", dichiara Francesco Turcato, presidente degli industriali valdostani. Una proposta sulla quale la Francia, sino a oggi, si è mostrata fredda.
"Al termine dei lavori sulla volta, tra 20 anni, avremo - sottolinea Turcato - un traforo con 80 anni di vita alle spalle".
Al Monte Bianco passa il 4,4% di tutto il traffico di mezzi pesanti che attraversa le Alpi e il 3,3% di quello leggero.
L'anno scorso - nonostante nove settimane di chiusura totale per lavori - sono transitati 1 milione 677 mila veicoli, una media di 4.595 al giorno.
STORIA DI UN TRAFORO
Nel luglio di quest'anno, il traforo del Monte Bianco ha celebrato cinquantanove anni dalla sua inaugurazione, avvenuta il 16 luglio 1965, quando Giuseppe Saragat e Charles De Gaulle, presidenti di Italia e Francia, lo inaugurarono ufficialmente. Questo tunnel autostradale, lungo 11,6 chilometri, ha rappresentato un'importante via di comunicazione tra Courmayeur, in Valle d’Aosta, e Chamonix, in Francia, e rimane uno dei principali collegamenti tra i due Paesi.
Al momento della sua apertura, era il tunnel stradale più lungo d’Europa. La sua costruzione ha richiesto 1.500 tonnellate di esplosivo, 200.000 metri cubi di cemento e 235.000 bulloni. Da allora, più di 60 milioni di veicoli hanno attraversato questo traforo, rendendo molto più agevoli e veloci i collegamenti tra Italia e Francia. Il 16 luglio 1965, Valéry Giscard d’Estaing, all'epoca ministro delle Finanze francese, dichiarò: "Il Monte Bianco, che una volta ci divideva, da oggi ci unisce grazie a questo tunnel".
Oggi, il traforo del Monte Bianco consente di percorrere il tragitto tra Francia e Italia in poco più di 10 minuti, passando sotto la montagna più alta d’Europa.
I lavori per la costruzione del tunnel iniziarono nel 1959, sei anni dopo la firma della convenzione tra i governi italiano e francese. Tuttavia, le operazioni furono ritardate a causa delle polemiche in Francia, dove si temeva che il traforo potesse favorire l’Italia a discapito dell’economia del sud-est francese. I lavori iniziarono sul lato italiano l’8 gennaio 1959 e sul lato francese il 30 maggio dello stesso anno.
Ogni impresa coinvolta nel progetto, la Società Condotte d’Acqua per l’Italia e André Borie per la Francia, doveva scavare 5800 metri di galleria. I francesi incontrarono rocce di migliore qualità e procedettero con meno ostacoli. Invece, gli italiani dovettero affrontare gravi problemi: dopo aver perforato i primi 368 metri, forti getti d’acqua obbligarono a sospendere i lavori dal 20 febbraio al 21 marzo.
Nonostante queste difficoltà, grazie all'anticipo con cui iniziarono i lavori, gli italiani completarono per primi la loro metà del tunnel il 3 agosto 1962, seguiti dai francesi undici giorni dopo. Giulio Cesare Meschini, che oggi ha 88 anni e che all'epoca era direttore dei lavori per l’Italia, ha ricordato in un’intervista come gli operai italiani superarono i francesi lavorando in turni continui, con incentivi speciali per ogni metro in più scavato.
Saragat e De Gaulle, il 16 luglio 1965 (Wikimedia)
L’incontro tra i minatori italiani e francesi fu un evento celebrato con quattro bottiglie di champagne offerte dai francesi agli italiani. Dopo l’unione dei due tratti di galleria, furono necessari tre anni per completare le opere interne, la carreggiata e gli impianti tecnologici, oltre ai piazzali d’ingresso al tunnel.
Il giornale francese Le Figaro, in occasione del cinquantenario dell’inaugurazione, ha ripubblicato l'articolo scritto all'epoca. Quel giorno, un cartello riportava i nomi dei due presidenti, Saragat e De Gaulle, insieme a quelli dei ciclisti Poulidor e Gimondi, che si erano appena contesi il Tour de France.
L’articolo cita anche Horace-Bénédict de Saussure, un naturalista francese considerato il fondatore dell’alpinismo, il quale, nel 1787, aveva profetizzato che un giorno una strada carrozzabile sarebbe stata scavata sotto il Monte Bianco, unendo le valli di Chamonix e Aosta.
Il presidente Sergio Mattarella ha definito il traforo del Monte Bianco come una "grande opera ingegneristica", mentre Riccardo Sessa, presidente di STIMB, l'ha paragonata alla corsa allo spazio degli anni '60, sottolineando come questo progetto sia un esempio della capacità umana di superare ogni ostacolo.
Durante i lavori per la costruzione del traforo, 17 operai persero la vita, tre dei quali uccisi da una valanga il 5 marzo 1962. Tuttavia, la tragedia più grande avvenne il 24 marzo 1999, quando un TIR belga con un incendio al motore causò un rogo che portò alla morte di 39 persone.
Il traforo riaprì solo nel 2002, dopo lavori di messa in sicurezza che costarono 380 milioni di euro e che inclusero l’installazione di radar, telecamere, rifugi termici e sensori per garantire la sicurezza dei veicoli in transito.
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