Una vicenda che ha diviso l'opinione pubblica e messo alla prova la giurisprudenza italiana giunge a una svolta significativa con la condanna di Franco Iachi Bonvin, il tabaccaio di Pavone Canavese che, nella notte del 7 giugno 2019, sparò e uccise Ion Stavila, un cittadino moldavo sorpreso a rubare insieme ai suoi complici. La sentenza emessa dalla giudice di Ivrea, Valeria Rey, ha condannato Iachi Bonvin a cinque anni di reclusione con l'accusa di omicidio volontario, ribaltando le ipotesi iniziali di legittima difesa e omicidio colposo per eccesso di legittima difesa.
La notte del 7 giugno 2019: la ricostruzione dei fatti
La notte in questione, Ion Stavila, insieme ad altri complici, stava caricando su un furgone una macchinetta cambiamonete appena rubata nel bar situato sotto l’abitazione di Iachi Bonvin, di proprietà del tabaccaio ma gestito da un'altra persona. Franco Iachi Bonvin, svegliato dall'allarme antifurto scattato, ha deciso di intervenire direttamente, impugnando una pistola Taurus calibro 357, legalmente detenuta, e sparando più colpi dal balcone del suo soggiorno verso i ladri che si trovavano nel cortile sottostante.

Le motivazioni della sentenza, contenute in cinquanta pagine, descrivono uno scenario complesso e ricco di sfumature. La giudice Rey, basandosi sulla ricostruzione dei fatti sostenuta dalla procura di Ivrea, ha stabilito che la reazione di Iachi Bonvin non può essere considerata legittima difesa. Lo sparo, avvenuto dall’alto e al buio, è stato ritenuto un atto non necessario e non giustificato dalla situazione contingente. Secondo la giudice, infatti, nessuno dei malviventi aveva minacciato l’incolumità del tabaccaio o della sua famiglia. La decisione di sparare, dunque, sarebbe stata dettata più dall’ira e dalla frustrazione accumulata per i ripetuti atti di effrazione subiti dallo stabile che da un reale pericolo imminente.
Una sentenza controversa: omicidio volontario e non legittima difesa
La sentenza di condanna a cinque anni di reclusione è stata pronunciata al termine di un processo svolto con rito abbreviato, che ha portato a una riduzione di un terzo della pena. La giudice Rey ha sottolineato che Iachi Bonvin, pur essendo gravemente turbato dalla situazione, ha scelto consapevolmente di farsi giustizia da solo, un comportamento che la legge non può tollerare. "Se l'imputato si fosse limitato a non fare nulla," scrive la giudice, "nessuno avrebbe recato nocumento a lui, alla sua famiglia e alle sue proprietà. Sarebbe stato commesso un furto in un immobile gestito da terzi, fatto che merita la massima disapprovazione, ma in relazione alla quale la condotta dell'imputato non era adeguata".

Franco Iachi Bonvin con l'avvocata Sara Rore Lazzaro
Questa ricostruzione si basa sulle perizie medico-legali e balistiche fornite dai consulenti della pubblica accusa, Roberto Testi e Stefano Conti, che hanno evidenziato come Iachi Bonvin abbia accettato il rischio di uccidere sparando verso il basso, in direzione dei ladri, pur in assenza di illuminazione e senza una visione chiara dei bersagli.
Il contesto legale e politico: la riforma Salvini e le sue implicazioni
Il caso di Franco Iachi Bonvin è stato il primo a essere trattato dopo l'entrata in vigore della riforma voluta dall'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini, che aveva inasprito le norme sulla legittima difesa, cercando di ampliare le tutele per chi reagisce a un'aggressione in casa propria. La vicenda ha subito attirato l'attenzione mediatica, con Salvini stesso che aveva lanciato l’hashtag “#Iostocoltabaccaio”, esprimendo il proprio sostegno a Iachi Bonvin.
Tuttavia, nonostante l'appoggio popolare e politico, la giustizia ha seguito il suo corso, portando a una rilettura dei fatti che ha escluso la legittima difesa come giustificazione per l’omicidio. L'evoluzione del processo ha visto, infatti, la trasformazione dell'accusa iniziale di omicidio colposo per eccesso di legittima difesa in omicidio volontario, aggravando significativamente la posizione dell'imputato.
I complici e la riforma Cartabia: un procedimento complicato
Parallelamente al processo contro Franco Iachi Bonvin, la procura di Ivrea, guidata dall’allora procuratore capo Giuseppe Ferrando, aveva avviato indagini anche contro i complici di Ion Stavila. Uno di essi venne rintracciato grazie a un mandato di cattura internazionale, ma con l'introduzione della riforma Cartabia, la sua posizione fu successivamente stralciata, poiché i titolari della tabaccheria non avevano presentato querela. L'altro complice, invece, non fu mai identificato, lasciando parzialmente irrisolta la vicenda penale legata al furto.

Le reazioni e il futuro del processo: il ricorso in Appello
La condanna di Franco Iachi Bonvin ha suscitato reazioni contrastanti. Da una parte, c’è chi sostiene che la sentenza sia stata troppo severa, in quanto punisce un cittadino che ha cercato di difendere la propria proprietà. Dall’altra, c’è chi ritiene giusto che la legge non legittimi l’uso indiscriminato delle armi in situazioni che non rappresentano un reale pericolo per la vita.
I legali del tabaccaio, gli avvocati Mauro Ronco e Sara Rore Lazzaro, non hanno rilasciato commenti ufficiali alla lettura delle motivazioni della sentenza, ma hanno già annunciato l'intenzione di presentare ricorso in Appello. Il processo, quindi, è destinato a proseguire, con la possibilità che la Corte d’Appello riveda la condanna o confermi la sentenza di primo grado.
Questo caso, destinato a diventare un punto di riferimento nella giurisprudenza italiana, solleva questioni profonde sul confine tra legittima difesa e giustizia privata, in un contesto in cui le paure e le frustrazioni dei cittadini possono talvolta prendere il sopravvento sul rispetto della legge.