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Borgofranco
23 Giugno 2024 - 16:11
Distrutte in pochi minuti tuee le colture biologiche dell'Orto di Carmen
Sono bastati dieci minuti per distruggere tutto: zucchine, meloni, angurie, melanzane, peperoni. Tutte quelle primizie che l'Orto di Carmen prepara per i suoi affezionatissimi clienti, sono andate distrutte.
L'azienda agricola che produce frutta e verdura con certificazione biologica è alla conta dei danni.
"Difficile quantificare - spiega Carmen con amarezza -. Non si tratta del costo delle piantine. Quello sarà stato di tremila euro. E' il mancato guadagno da qui ai prossimi mesi che ci sta mettendo in seria difficoltà. A luglio ci troveremo a pagare tasse, bollette, utenze, tutto come se nulla fosse. Ma la verità è che il nostro lavoro è stato distrutto e le istituzioni si girano dall'altra parte. Per questo ci sentiamo abbandonati".
Il devastante evento atmosferico che venerdì ha colpito quest'angolo di Canavese, ha creato danni importanti alle coltivazioni del mai, al grano che da qui a qualche giorno avrebbe dovuto essere trebbiato, agli ortaggi.
"Qui siamo la realtà più grande tra i produttori di frutta e verdura - racconta Blerim -. La grandine ha distrutto in dieci minuti tutto ciò che non era nelle serre. Ma ne sarebbero bastati anche cinque. Quando arriva, furiosa in quel modo, trita tutto. E' devastante. Ci è successo un'altra volta alcuni anni fa, ma non così".
Carmen e Blerim si sono subito rimboccati le maniche: "Fortunatamente abbiamo la produzione delle serre. Ma il danno è stato enorme".
La loro azienda agricola si trova a Borgofranco e si estende su circa cinque ettari: "In via Tostre, lungo la via Francigena, verso Montalto Dora, abbiamo anche il punto vendita diretto dove i nostri clienti possono acquistare in azienda. E poi ci sono i campi che coltiviamo in Regione Ghiare. E' lì che abbiamo avuto il danno. A causa di questa stagione così piovosa eravamo già in ritardo di una ventina di giorni sul raccolto. Ora è tutto da rifare".
L'Oro di Carmen è una delle eccellenze del territorio, nata otto anni e mezzo fa da sogno di due ragazzi arrivati in Canavese quasi per caso.
Carmen ha 37 anni e fino a nove anni fa lavorava in una multinazionale in provincia di Novara. Blerim era stanco delle grandi città:"In Albania, dove sono nato, facevo già questo. Ho studiato agraria. Poi per 27 anni ho vissuto e lavorato in grandi città: Novara, Firenze".
E' stato Blerim a proporre a Carmen di cambiare completamente vita: "Tutto è nato dal progetto di un'associazione di Candia Canavese che intendeva realizzare piccoli orti in un progetto di reinserimento dei detenuti a fine pena - racconta Carmen -. Poi quell'idea è naufragata, non se n'è fatto più nulla, ma io e Blerim a quel punto abbiamo voluto portare avanti il lavoro fatto e abbiamo creato l'Orto di Carmen. Grazie ad una serie di eventi propizi e alla nostra determinazione, ce l'abbiamo fatta".
"La qualità della nostra vita non è neppure paragonabile a quella di prima, certo, facciamo grandi sacrifici, ma è tutto ripagato. Il Canavese, poi, ci ha accolto molto bene. Qui la gente è molta attenta alla qualità dei prodotti da portare in tavola. Ci tengono molto. E anche il rapporto che si è creato con loro va oltre quello che si crea con una normale clientela. Passano in azienda anche solo per salutare, chiedere come stiamo. C'è un bel senso di comunità".
Carmen e Blerim hanno un figlio di nove anni, Aurelio: "Quest'anno mi ha chiesto di non fare il centro estivo - racconta Carmen -. Ha detto che preferiva stare in azienda con noi, per imparare il lavoro. Per noi anche questa è una grandissima soddisfazione".
I prodotti dell'Orto di Carmen vengono venduti allo Zac, si possono trovare il venerdì al mercato di Ivrea, arrivano sulle tavole di mezzo Canavese grazie ai gruppi di acquisto solidali.
"I clienti non ci mancano - sottolinea Blerim -. In questo momento il problema è la produzione. Le piantine distrutte avrebbero continuato a produrre fino ad ottobre, forse anche novembre. Ora è tutto da rifare".
E non ci sarà neppure il paracadute dell'assicurazione: "Abbiamo provato ad informarci, ma non c'è compagnia disposta ad assicurarci - dichiara Blerim -. Ne abbiamo trovato solo una svizzera. Ci ha chiesto 6mila euro l'anno. Una cifra insostenibile per noi. Inoltre avrebbero assicurato solo le strutture, non il campo aperto. Ma per abbattere le strutture dovrebbero cadere mattoni...".
Il cambiamento climatico preoccupa e molto: "E' un fatto. Questi non sono più eventi sporadici. Stanno diventando la normalità. Quello che ci fa perdere ogni speranza è l'indifferenza della polica e la totale assenza di aiuti. Ormai abbiamo perso le speranze. Ci sentiamo abbandonati".
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