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Lo stiletto di Clio

Tutti i sindaci di Settimo Torinese: da Antonio De Francisco a Elena Piastra

Il prossimo giugno, gli elettori di Settimo andranno alle urne per scegliere il sindaco e rinnovare l’assemblea cittadina.

IN FOTO Via Roma a Settimo Torinese, a sinistra il vecchio municipio

IN FOTO Via Roma a Settimo Torinese, a sinistra il vecchio municipio

«Riprendendo la via…» è il titolo del primo articolo apparso sul bollettino del Comune di Settimo Torinese dopo le consultazioni amministrative del 10 giugno 1951. «Noi – scrissero i neoeletti amministratori – vogliamo il popolo, tutto il popolo, compartecipe della vita del suo municipio» perché il municipio «segue subito all’essere della famiglia e dei singoli». Il Comune, insomma, non inteso come mera articolazione locale del potere politico, ma come istituzione prossima ai cittadini in quanto collettività di uomini e donne che si colloca immediatamente dopo la famiglia. Un concetto discutibile, però tutt’altro che insensato.

Il prossimo giugno, gli elettori di Settimo andranno alle urne per scegliere il sindaco e rinnovare l’assemblea cittadina. Dalla fine della seconda guerra mondiale, si tratterà delle diciassettesime consultazioni amministrative. 

IN FOTO Anni Settanta del XX secolo, le scuole elementari nella piazza della Libertà

Le prime si tennero nel marzo 1946 e furono stravinte dalle sinistre (63 per cento dei consensi), presentatesi unite con una sola lista. Socialisti e comunisti prevalsero anche nel 1951 e nel 1960, mentre le forze centriste – Democrazia cristiana (Dc) e Partito socialdemocratico (Psdi) – si affermarono nel 1956, quando si profilava il boom economico. Otto anni dopo toccò al centrosinistra organico (Dc, Psi e Psdi) assumere la direzione del Comune.

Col 1970 si aprì la lunga fase delle giunte rosse e dei sindaci comunisti: Antonio De Francisco, Tommaso Cravero e Teobaldo Fenoglio. Poi, diciassette anni più tardi, il vento della politica fece il suo giro e riprese a spirare verso il centro.

Nel dicembre 1987 Giovanni Ossola (Psi) fu eletto sindaco da uno schieramento di pentapartito (socialisti, democristiani, socialdemocratici, repubblicani e liberali), determinando sia la fine della collaborazione politica fra Pci e Psi sia il ritorno della Dc tra le forze di maggioranza.

In seguito alle elezioni del 6 e 7 maggio 1990, socialisti, democristiani e socialdemocratici, appoggiati esternamente dall’unico consigliere repubblicano, formarono una giunta ancora guidata da Ossola. Di lì a cinque anni, l’alleanza fu allargata al Partito democratico della sinistra (Pds), l’erede del disciolto Partito comunista. Intanto un raggruppamento di centro (popolari, repubblicani e pattisti di Mariotto Segni) aveva occupato la tradizionale area politica della Dc, travolta dagli scandali di tangentopoli e dal successo di Forza Italia. Le elezioni del 13 giugno 1999 riconfermarono Giovanni Ossola alla guida della città con l’ormai consolidato schieramento a cui aderivano i Ds o Democratici di sinistra (subentrati l’anno prima al Pds), la lista civica Insieme per Settimo, il Partito popolare e i Socialisti democratici (Sdi).

Il 2004 inaugurò il decennio di Aldo Corgiat Loia, ex Pdup (Partito di unità proletaria, una forza politica di estrema sinistra), ex Pci, ex Pds, quindi Ds. Della maggioranza di Corgiat Loia, oltre ai Democratici di sinistra, facevano parte lo Sdi, Insieme per Settimo, la Margherita (la forza di centrosinistra che aveva inglobato i Democratici di Romano Prodi e Arturo Parisi), i popolari e altri soggetti di orientamento riformista. La formula risultò vincente anche nel 2009 (con Corgiat Loia nel Partito democratico, nato dalla fusione dei Ds con la Margherita) e poi nel 2014, quando Fabrizio Puppo (Pd, poi Insieme per Settimo) fu eletto sindaco. Il resto è storia recente. Nel 2019, dopo una lunga e lacerante contesa all’interno della sinistra, si affermò la trentacinquenne Elena Piastra (Pd), già assessore con Corgiat Loia e vicesindaco con Puppo, la quale volle però rimarcare la discontinuità della propria coalizione rispetto a quelle del recente passato.

IN FOTO Il palazzo civico di Settimo negli anni ‘60 dello scorso secolo

Non è esagerato sostenere che gli ultimi settantacinque anni della storia locale si sono riflessi compiutamente nell’assemblea cittadina. Lo sviluppo demografico ed economico dopo la fine del secondo conflitto mondiale, il malessere sociale che seguì alla prorompente fase di crescita, il dibattito sugli strumenti urbanisti e le trasformazioni del territorio, la carenza di strutture pubbliche e le politiche per creare una rete di servizi collettivi, soprattutto in campo scolastico e sociosanitario, la crisi dell’identità settimese e il tentativo di recuperarla sul finire del ventesimo secolo, i gemellaggi con le cittadine di Chaville e Valls, poi accantonati, ma anche i rapporti con alcuni dei comuni di provenienza dei nuovi cittadini veneti e meridionali: sono pochi i temi che non hanno trovato puntuale eco durante le sedute consiliari, in una sorta di perenne tensione fra continuità e cambiamento, eredità del passato e disponibilità alla sperimentazione.

L’assemblea civica non è stata estranea ai grandi eventi della politica italiana e internazionale, dalla guerra fredda alla «distensione», con John Kennedy, Nikita Chrušcëv e Giovanni XXIII; dai centrosinistra organici ai governi di solidarietà democratica e al progetto di «compromesso storico»; dal Sessantotto studentesco e dal Sessantanove operaio alle stragi, cominciando da quella di Milano (piazza Fontana, 1969); dal conflitto in Vietnam al golpe cileno del 1973 e all’invasione sovietica dell’Afghanistan (dicembre 1979); dall’ultima fase del confronto fra Usa e Urss (la stagione dei missili Ss 20, Pershing e Cruise) alla «Perestrojka» di Michail Gorbacëv e alla fine del sistema comunista; dagli scandali di tangentopoli – che non risparmiarono Settimo – alla crisi dei partiti tradizionali e al difficile trapasso verso la seconda Repubblica, sino alle guerre del ventunesimo secolo. Per tacere della pandemia di Covid-19 e del conflitto russo-ucraino tuttora in corso.

Dal dopoguerra al 1995 funzionò abbastanza bene il principio dell’alternanza fra socialcomunisti (1946-1956, 1960-1964 e 1970-1987), centristi (1956-1960) e centrosinistra (1964-1970 e 1987-1995). Poi, con Giovanni Ossola e i suoi successori, la situazione politica si stabilizzò.

Per il futuro, si vedrà.

Com’è noto, gli storici sono molto bravi a prevedere il passato, non l’avvenire. Se è vero che propendono, per vari motivi e interessi, a ricercare i presupposti di una certa situazione politica piuttosto che di un’altra, è innegabile che una sorta di filo conduttore unisce le vicende attuali del consiglio a quelle di ieri. E dovranno tenerne conto anche coloro che sono abituati a riscrivere la storia ogni giorno. Sembra una banalità, eppure è così.

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