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Lo Stiletto di Clio

Al voto, al voto ma solo il 10% dei candidati "vincerà" un seggio!

C'è stat un tempo in cui era il Prefetto a garantire la piena aderenza tra la politica amministrativa e quella del governo.

Nel 1865, a Volpiano, gli elettori erano un decimo della popolazione

Nel 1865, a Volpiano, gli elettori erano un decimo della popolazione

Non c’è che dire: 225 candidati ripartiti in undici liste, tutti in lizza per conquistare uno dei ventiquattro seggi consiliari a Settimo Torinese, non sono affatto pochi. Meno di uno su dieci ce la farà, «ma quanto è dura la salita», direbbe l’immarcescibile Gianni Morandi: più che la vita, in gioco c’è un’appetibile indennità di funzione.

Non si sbaglia prevedendo che uno stuolo di amici, clienti, ganzi, drudi e consanguinei di vario grado correrà alle urne l’8 e il 9 giugno.

E se qualcuno sarà votato esclusivamente dai propri cari, non importa: potrà sempre sperare in un incarico politico di seconda nomina.

Dall’unità d’Italia a oggi, le leggi elettorali amministrative sono mutate infinite volte.

La prima risale al 1865 ed è conosciuta quale Legge Lanza dal nome del ministro, originario di Casale Monferrato, che ne fu il promotore. Sostituì la legge del 1859 che il Parlamento del Regno di Sardegna approvò dopo il passaggio di Lombardia, Toscana, Romagna, Parma e Modena sotto l’autorità di Vittorio Emanuele II.

Rispetto all’ordinamento sardo, i tratti distintivi dei comuni rimasero immutati: modestissima base elettorale, limitate competenze e forte vigilanza da parte degli organi di nomina governativa che facevano capo al sindaco, ufficiale di governo, e al prefetto, rappresentante del potere esecutivo nella Provincia.

Prevalse allora la preoccupazione che gli enti locali, qualora investiti di poteri autonomi, avrebbero indebolito la struttura unitaria faticosamente raggiunta.

L’abitato di Settimo Torinese fotografato dalla strada di San Mauro

L’abitato di Settimo Torinese fotografato dalla strada di San Mauro

Le donne stanno a casa

A eleggere i consiglieri comunali erano i cittadini che rispondevano a precisi criteri di censo. La facoltà di voto era altresì riconosciuta a poche altre categorie di persone: i professori e i maestri autorizzati a insegnare nelle scuole pubbliche, i notai, i ragionieri, i geometri, i «decorati per atti di coraggio o di umanità», i farmacisti, i veterinari, gli agenti di cambio e così via. Esclusi dall’elettorato sia attivo sia passivo erano gli interdetti, coloro che si trovavano in stato di fallimento finché non avessero rifuso i creditori, le persone con condanne per «furto, frode o attentato ai costumi», gli analfabeti e, «ça va sans dire», le donne.

In buona sostanza, nel 1865, i cittadini che godevano del diritto di voto amministrativo erano pochissimi: 94 a Borgaro, 114 a Brandizzo, 383 a Caselle, 233 a Castiglione, 466 a Chivasso, 388 a Ciriè, 393 a Gassino, 391 a Volpiano, 576 a Ivrea, 313 a Lanzo, 307 a Leinì e Settimo, 394 a Rivarolo, 243 a San Benigno, 191 a San Mauro, ecc.

Al proprio interno, a maggioranza assoluta dei voti, i consigli eleggevano i membri delle giunte che dovevano rinnovarsi ogni anno per metà. La nomina del primo cittadino, scelto fra i consiglieri e in carica per un triennio, ma con possibilità di riconferma, era di competenza regia: in pratica, la scelta spettava al ministro dell’Interno, su suggerimento del prefetto. 

A limitare l’autonomia dei comuni concorrevano il prefetto – a cui erano riconosciute amplissime ed eterogenee prerogative, con poteri in tutti i settori della vita civile – e la Deputazione provinciale che il prefetto stesso convocava e presiedeva.

Era il prefetto a garantire la piena aderenza tra la politica amministrativa e quella del governo.

In altri termini, il sistema limitava la sfera d’azione degli enti territoriali, senza mortificarne del tutto l’autonomia, però sottoponeva a severo controllo l’operato dei loro organi deliberanti ed esecutivi.

Nel 1865 gli elettori amministrativi di Gassino erani 393 su 2.846 abitanti

Nel 1865 gli elettori amministrativi di Gassino erani 393 su 2.846 abitanti

Si vota in luglio

Le elezioni avevano quasi sempre luogo in luglio, sovente dopo la metà del mese, quando erano terminate la mietitura e la trebbiatura del grano, in modo che i contadini potessero recarsi a votare senza troppi disagi («nella seconda quindicina di luglio – dichiarerà Giovanni Antoniotti, il sindaco di Settimo Torinese, nel 1890 – hanno per solito una certa sosta i lavori di campagna e si può, in quel torno, ottenere un maggior concorso alle urne»).

Pochissimi elettori esercitavano effettivamente il diritto di voto.

A Settimo Torinese, nel ventennio dopo l’unificazione d’Italia, la soglia del cinquanta per cento fu superata solo sei volte, negli anni 1862 (50,2 per cento), 1863 (56,8), 1867 (51,1), 1868 (54,1), 1875 (59,1) e 1879 (56,4). Le più basse affluenze ai seggi si registrarono nel 1866, l’anno della terza guerra d’indipendenza, e nel 1870 (rispettivamente 22,8 e 29,4 per cento); la maggiore si ebbe nel 1882 (62,3 per cento), forse per una sorta di effetto positivo derivante dall’estensione del suffragio politico che il governo di Agostino Depretis aveva deciso quell’anno.

A Cavagnolo, nel 1865, votarono in quaranta, a Front in ventisette, a Lombardore in ventidue, a Masino in dieci, a Pessinetto in nove, a Busano e Alpette in sedici, a San Francesco al Campo in tredici, a Cafasse in quattordici, a Lauriano in quindici, a Mathi e Rivarossa in diciassette, a Viù in dodici, a Strambinello in ventuno, a Balme, Quagliuzzo, Grosso, Traves, Carema e Cintano in undici.

Due sessioni ordinarie di consiglio avevano luogo ogni anno: la prima in marzo, aprile o maggio, la seconda in ottobre o novembre.

Le sedute straordinarie, richieste dalle giunte o da un terzo dei consiglieri, dovevano essere autorizzate dal governatore della Provincia. Indispensabile per deliberare era la presenza di almeno la metà dei componenti, però in seconda convocazione si prescindeva dal numero degli intervenuti. I consiglieri votavano «ad alta voce, per appello nominale, per alzata e seduta»; a suffragio segreto si assumevano i provvedimenti riguardanti specifiche persone.

Il governatore della Provincia e l’intendente del circondario potevano partecipare alle sedute, «anche per mezzo di […] ufficiali pubblici», ma non avevano voce deliberativa. All’albo pretorio, il primo giorno di mercato o di festa, si affiggeva copia dei verbali

I problemi politici dibattuti a livello nazionale e internazionale apparivano lontani e trovavano eco solo fra le persone più istruite. Non così le questioni di natura fiscale, come l’odiatissima tassa sul macinato – decisa nel 1868 dal governo di Luigi Menabrea per risanare il bilancio dello Stato – che colpiva soprattutto i ceti meno abbienti.

Nel marzo 1879, allo scopo di favorire l’informazione, la giunta municipale di Settimo decise che una copia dei periodici «Gazzetta Piemontese» (che diverrà «La Stampa» nel 1895) e «Gazzetta delle Campagne» fosse regolarmente affissa all’albo pretorio. Pur con tirature inferiori a quelle dei grandi quotidiani milanesi, il primo dei due giornali «aveva saputo creare attorno a sé una rete di sodalizi operai e di circoli politici d’ispirazione liberale, delle cui vicende e iniziative rendeva conto periodicamente sulle sue colonne». Nel marzo 1879 la giunta di Settimo deliberò pure l’installazione di due sedili in pietra, ai lati dell’albo pretorio, per maggiore comodità dei lettori.

I bilanci devono pareggiare

Una politica di rigore in campo economico caratterizzava le amministrazioni comunali ottocentesche. L’obiettivo prioritario era di quadrare i bilanci, gravando il meno possibile sui contribuenti.

La legge del 1865 enumerava minuziosamente gli oneri obbligatori dei comuni (per «l’istruzione elementare dei due sessi», il cimitero, il «servizio sanitario di medici, chirurghi e levatrici pei poveri», la guardia nazionale, le elezioni, l’abbonamento alla raccolta ufficiale degli atti governativi, ecc.); tutti quelli non elencati si ritenevano facoltativi. Affatto bandite erano le spese non strettamente necessarie.

Oggi, invece…

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Commenti all'articolo

  • arnaldo.cir

    17 Maggio 2024 - 08:05

    ... "in gioco c’è un’appetibile indennità di funzione" Che film è?

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