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Castellamonte
20 Febbraio 2024 - 12:30
Una dimostrazione della lavorazione della Ceramica di Castellamonte
Grande partecipazione di pubblico, la sera di venerdì 16 febbraio, alla presentazione del libro sulla ceramica di Castellamonte: il centro-congressi “Martinetti” era strapieno. Tanti anche i relatori: accanto agli autori del volume SANDRA BARUZZI e MAURIZIO BERDODATTO ed all’editore PEDRINI che lo ha pubblicato, anche artisti ed imprenditori del settore, oltre ovviamente al sindaco ed all’assessore alla Cultura.
«Ceramica di Castellamonte. Eccellenza canavesana trasversale nel tempo» ha richiesto un anno di lavoro ed è suddiviso – ha spiegato SANDRA BARUZZI – “in tre macro-aree: Passato, Modernità, Attualità. La prima l’ha curata Maurizio, la seconda l’abbiamo scritta insieme, della terza mi sono occupata io insieme agli artisti ed agli artigiani castellamontesi: 32 ceramisti ed 11 aziende. Troverete nel libro modi di pensare differenti, anche contrapposti, ed è molto importante perché l’artigiano ha inevitabilmente un punto di vista diverso rispetto all’artista. Questo confronto è stimolante”
BERTODATTO ha sottolineato come per la parte storica si sia basato “tanto su fonti edite che inedite: sull’Archivio Giorda - punto di riferimento fondamentale in città - ma anche su archivi privati, con documenti e fotografie che collezionisti ed artigiani mi hanno messo a disposizione”.
Molto soddisfatto l’editore ENNIO PEDRINI: “Ho creduto fin dall’inizio in quest’iniziativa e l’interesse, i consensi suscitati mi hanno dato ragione. Il libro verrà presto presentato a Cuorgnè, il 9 marzo al Museo Garda di Ivrea, in aprile al Centro Pannunzio di Torino ed in giugno alla Camera dei Deputati, in una delle sale più prestigiose: quella del Cenacolo”.
In un video-messaggio molto interessante il sindaco di Faenza MASSIMO ISOLA, che presiede l’Associazione Italiana Città della Ceramica (A.I.C.C.)., ha sottolineato l’importanza di questo materiale per la sua città (“nel bene e nel male perché durante l’alluvione della scorsa primavera la natura argillosa del terreno ha peggiorato la situazione”) ma in generale nella storia umana.
Il pubblico intervenuto alla presentazione
“La lavorazione della ceramica – ha detto – si sviluppa attraverso una continua tensione fra passato e presente, fra memoria e contemporaneità, in una ricerca costante di nuove forme di espressione. Allo stesso tempo consente di leggere l’evoluzione delle civiltà mediante alcuni stereotipi caratteristici delle varie epoche: stili, forme, colori. Fondamentale è il confronto – continuo e proficuo – tra il <Saper fare> ed il <Saper pensare>, fra l’artista e l’artigiano. Se oggi, con i mercati che riversano prodotti ceramici in serie a basso costo, città come Faenza hanno la possibilità di continuare la propria produzione, è perché non si sono volute fermare al solo <Saper fare>. Più del <come> fabbricare gli oggetti è importante il <cosa>: chi apprezza il nostro prodotto cerca un’idea di mondo, il pensiero che sta dietro il lavoro manuale”.
Ha poi sottolineato il ruolo delle scuole per tramettere un patrimonio di conoscenze che non deve andare perduto e quello dei concorsi per stimolare la creatività e lo scambio a livello internazionale.
L’assessore alla Cultura di Castellamonte CLAUDIO BETHAZ ha ribadito un concetto caro all’amministrazione MAZZA: quello dell’apertura verso l’esterno, del confronto ad ogni livello, locale, nazionale, internazionale, che ha caratterizzato in questi anni le iniziative legate alla Mostra della Ceramica. Quest’anno ci sarà la Cina come ospite d’onore e – ha sottolineato il curatore della mostra GIUSEPPE BERTERO – “quest’Omaggio alla Cina è anche un omaggio a Marco Polo, di cui ricorrono i 700 anni della morte. Non è che ci si debba ispirare per forza al <Milione> ma può essere un suggerimento”.
Fra i relatori anche un artista che non ha bisogno di presentazioni: ANGELO PUSTERLA, noto per le sue inconfondibili sculture in terra rossa, che ha regalato ai presenti qualche interessante nozione sulla differenza fra Terra Rossa e Terra Bianca e sulla maestria dei costruttori ottocenteschi dei <pitociu> i pupazzi collocati sopra i tetti della città. “La terra rossa (o terra grassa) - ha spiegato – è diversa da quella magra, che veniva usata per chiudere i forni, ricoprendone la porta. Dopo la cottura si sfarinava e si riusciva quindi facilmente a rimuoverla”. Rispetto ai <Pitociu> ha spiegato come il loro aspetto sia tutt’altro che casuale: “Hanno una grossa testa, il busto largo e i piedi corti perché una figura di normali proporzioni, collocata sopra un tetto, sarebbe risultata quasi invisibile. Realizzati in questo modo, i Pitociu sono invece perfetti per essere guardati dal basso”.
Il tavolo dei relatori
GIOSE CAMERLO lavora l’argilla da 50 anni. “Ci sono cresciuto in mezzo: nella collina di Castellamonte tutte le cascine erano costruite sull’argilla ed ogni famiglia scavava un po’ di materia prima per arrotondare i guadagni portandola nelle fabbriche che la lavoravano. Purtroppo, all’inizio degli Anni Sessanta – proprio quando terminai la Scuola d’Arte – le fabbriche chiusero. Non sono andato all’Olivetti, come molti altri, ed ho continuato questo mestiere, anche grazie al fatto di poter scavare l’argilla nei miei terreni. Un tempo si fabbricava soprattutto stoviglieria: ho sempre venduto tutto e condotto una vita dignitosa”.
Interessante l’intervento di ROBERTO PERINO de “La Castellamonte”, che ha sottolineato un elemento non sempre adeguatamente valutato rispetto alla produzione delle stufe: quello dell’innovazione tecnologica. “Perché una piccola azienda come la mia (che ha 15-20 dipendenti) rimane in piedi? Per la tradizione? Sì ma non basta: se non avessimo fatto innovazione non riusciremmo più a vendere le nostre stufe perché oggi occorre rispettare parametri anche giusti ma stringenti”.
Ultima testimonianza quella di FRANCESCA FORMIA, diplomata all’Istituto d’Arte e all’Accademia Albertina di Torino, che lavora otto ore al giorno nella fabbricazione delle stufe eppure, tornata a casa, si rilassa mettendo le mani nell’argilla. Si dedica in particolare alle <Marise>, figure femminili allegre e formose che – dice – “rappresentano la leggerezza, non la superficialità”.
Per tutta la serata, mentre si susseguivano gli interventi, in un angolo a lato del tavolo dei relatori, Roberto Bissago, dipendete de ”La Castellamonte”, ha continuato a modellare vasellame, offrendo una prova pratica del lavoro del ceramista.
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