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Scarmagno

Rogo alla Darkem, sconto di pena ai titolari, i fratelli D'Arco

Le fiamme e l'esplosione del capannone il 30 maggio del 2016 avevano provocato il ferimento di nove vigili del fuoco, tre poliziotti e due carabinieri

L'incendio alla Darkem

L'incendio alla Darkem

Prima le fiamme, poi l'esplosione in quella notte d'inferno del 30 maggio del 2016 in cui rimasero feriti nove vigili del fuoco, tre poliziotti e due carabinieri.

Una scena apocalittica rimasta negli occhi di quanti quella sera erano nei pressi della Darkem, l'ex Interchimica, situata nel comprensorio ex Olivetti a Scarmagno dove erano stoccate sostanze chimiche in via Masero 31 a Scarmagno.

A distanza di otto anni la Corte d'Appello di Torino ha posto fine alla vicenda giudiziaria che vedeva imputati per l'incendio di quella notte i due fratelli Davide e Giuseppe D'arco, 37 e 49 anni, di Romano Canavese. Inizialmente era imputato anche il padre Domenico D’Arco, deceduto nel 2020 per cause naturali.

Oggi i giudici della Corte d'Appello di Torino hanno stabilito uno sconto di pena di due mesi per i fratelli D'Arco che hanno visto scendere la loro pena da 3 anni di reclusione a 2 anni e 10 mesi.

Le accuse nei loro confronti sono di incendio colposo, danneggiamento e lesioni colpose.

Per il resto sono state confermate tutte le statuizione civili a risarcimento dei danni nei confronti dei vari danneggiati tra i quali anche il Comune di Scarmagno, costituitosi parte civile con l’Avvocato andrea Castelnuovo che per la sentenza emessa esprime soddisfazione.

Il giudice del Tribunale di Ivrea Antonella Pelliccia, in primo grado, aveva liquidato provvisionali per oltre 270 mila euro alle parti civili (16 in tutto). Oltre ai vigili, ai carabinieri e ai poliziotti si erano costituiti parti civili nel processo anche il Comune di Scarmagno e due proprietari di immobili rimasti danneggiati dalla esplosione. Al Comune di Scarmagno era stata riconosciuta una provvisionale di 12mila euro.

Sentito in aula durante il processo di primo grado, l'attuale sindaco Adriano Grassino aveva sottolineato di avere avuto un ruolo marginale nella vicenda essendo in carica dal 2018, ovvero due anni dopo quel disastro.

“In tutti questi anni ho firmato varie ordinanze per la messa in sicurezza del capannone e dell’area circonstante - aveva spiegato Grassino -. L’ultima impegnava la ditta Beta srl, proprietaria del capannone affittato alla Darkem, di pulire l’area.La ditta ha anche rifatto la recinzione perché non diventasse una discarica peggiore. A tutt’oggi però i detriti sono ancora lì. Rimuoverli costa centinaia di migliaia di euro, una spesa che il Comune non può e non deve accollarsi” aveva spiegato alla giudice Pelliccia il primo cittadino Grassino aggiungendo che la nuova recinzione è sempre stata realizzata a spese della Beta. 

Il sindaco di Scarmagno Adriano Grassin

Il giudice Antonella Pelliccia con la sua sentenza aveva liquidato provvisionali per oltre 270 mila euro alle parti civili (16 in tutto). Oltre ai vigili, ai carabinieri e ai poliziotti si erano costituiti parti civili nel processo anche il Comune di Scarmagno e due proprietari di immobili rimasti danneggiati dalla esplosione.

Durante il processo di primo grado, tante storie, molte delle quali cariche di emozione, erano state ripercorse, in tribunale a Ivrea. Raccontate dai testimoni, pompieri, carabinieri, poliziotti e residenti che la sera del 30 maggio 2016 sono rimasti feriti durante l’incendio.

Tra le testimonianze, quella di Mauro Chiolino Rava, vigile del fuoco ex capo squadra della “86” di Ivrea. “Ricordo solo quando siamo arrivati - ha raccontato - ma dalla seconda esplosione in poi non ricordo più nulla. Ero svenuto. Mi sono risvegliato a bordo dell’elisoccorso. Purtroppo porto ancora i segni. A causa delle ustioni ho subìto un trapianto di pelle sul fianco sinistro. Dopo due anni sono rientrato in servizio, ma con mansioni logistiche”.  

Il primo ad arrivare sull’incendio era stato Claudio Defilippi, autista della medesima squadra 86. “La prima esplosione mi aveva sbalzato fuori dall’autobotte - ha ricordato - Ora sono rientrato in servizio, ma ho necessità di continue visite dal fisioterapista”.  

Il pompiere Antonio Sanna ha confessato durante l'udienza d’aver creduto di morire. E poi c’è il racconto del brigadiere Michelangelo Pira, all’epoca in servizio alla stazione dei carabinieri di Borgomasino, con il collega Calogero Feruggia intervenuto davanti al capannone su segnalazione del 112.  “Tre anni fa - ha detto - sono stato riformato a causa di quell’evento. Ma nel ricordarlo ho ancora i brividi. E dopo quelle esplosioni pensavo fossero tutti morti i vigili del fuoco”. 

Nell'esplosione rimasero feriti 9 vigili del fuoco, poliziotti, carabinieri

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