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29 Dicembre 2023 - 00:08
L'ex senatore Pd Stefano Esposito in una foto d'archivio
Quelle intercettazioni non s'avevano da fare.
La scure della Corte Costituzionale si abbatte su uno dei maxi-processi avviati dalla procura di Torino e spazza via dal fascicolo, con un colpo netto, tutte le conversazioni di Stefano Esposito, all'epoca dei fatti senatore del Pd.
Una massa imponente di telefonate e di messaggi whatsapp, considerati molto importanti per sostenere le accuse, ma che furono 'catturati' dal 2015 al 2018 senza chiedere l'autorizzazione alla Camera di appartenenza dell'esponente politico.
L'effetto pratico è che Esposito viene estromesso dal lungo elenco degli imputati: la Corte, infatti, ha annullato - limitatamente alla sua posizione - sia la richiesta che il decreto di rinvio a giudizio, firmato nel 2022.
Stefano Esposito ai tempi in cui era senatore: nella foto è ospite a Porta a Porta
"Magra soddisfazione", commenta su X l'ex senatore sottolineando che, con l'intreccio di intercettazioni e di accuse, nel corso degli anni "mi hanno distrutto la vita violando leggi, Costituzione e tutto il possibile".
Mi hanno distrutto la vita violando leggi, Costituzione e tutto il possibile.
Per Enrico Borghi (Italia Viva) "forse sarebbe il caso di agire per evitare che questi abusi si ripetano perché un parlamentare ha gli strumenti per difendersi, un comune cittadino no".
Il processo, che nel frattempo si è diviso fra Torino e Roma per ragioni di competenza territoriale, è chiamato 'Bigliettopoli' e vede tra le figure principali quella di Giulio Muttoni, ex patron di Set Up Live, società promotrice di concerti di richiamo planetario, per una presunta rete di scambi di favori. Poi ci sono anche i comportamenti disinvolti di numerosi appartenenti alle forze dell'ordine.
La procura contesta una miriade di episodi, a seconda dei casi rubricati come turbativa d'asta, corruzione, di traffico di influenze, rivelazione di segreti d'ufficio. Fra gli interlocutori di Muttoni c'era Esposito (i due sono amici di vecchia data).
Le captazioni in cui compaiono insieme sono circa 446.
Di queste, 113 sono state considerate "rilevanti" per la costruzione dei capi d'accusa.
La procura di Torino non ha mai chiesto l'autorizzazione perché le riteneva "casuali" e "indirette" (non era il telefono di Esposito a essere sotto controllo).
Per la Corte Costituzionale Esposito era diventato uno dei bersagli dell'indagine
La Corte Costituzionale, intervenendo su un conflitto di attribuzione sollevato dal Senato, ha stabilito invece che fin dal 2015 Esposito era diventato uno dei "bersagli" dell'indagine: il via libera del Parlamento, dunque, era necessario.
Ne consegue che anche il gip e il gup hanno sbagliato a inserire le conversazioni nel fascicolo. Per questa vicenda il pubblico ministero che coordinò le indagini, Gianfranco Colace, è atteso da un procedimento disciplinare.
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