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Pont Canavese

Ex Sandretto abbandonata da anni: c'è un progetto per riqualificarla. Ecco come

Ad occuparsi del futuro dell’area industriale era stato nel 2021 l’allora consigliere Andrea Perino

Ex Sandretto abbandonata da anni: c'è un progetto per riqualificarla. Ecco come

Diga, diga e ancora diga… L’idea di un grande invaso sul Soana, continuamente riproposta e rilanciata, sembra essere diventata nell’Alto Canavese una sorta di mantra da ripetere ad ogni piè sospinto; una prospettiva salvifica, capace da sola di  invertire il corso della storia nella valle e nei territori adiacenti e di dar vita ad un’Età dell’Oro. A un secolo di distanza si ripropone cioè in maniera acritica il modello novecentesco delle “grandi opere” che stravolgono l’assetto di un territorio con conseguenze a volte difficilmente prevedibili, altre invece prevedibilissime.

C’è però chi pensa meno in grande ma con maggior concretezza e con maggior rispetto per i delicati equilibri ambientali. 

Qualcuno si ricorda ad esempio che Pont, oltre a mille altri problemi, ha anche quello di un’enorme area industriale abbandonata da anni e che dovrebbe essere bonificata?

L'ex Sandretto di Pont Canavese

E’ l’area della ex- Sandretto, azienda produttrice di macchinari per la lavorazione della plastica, che venne chiusa nell’estate 2016 dopo anni ed anni di crisi e dopo una serie di perniciosi passaggi proprietari. Oggi se ne sta lì, abbandonata a sé stessa, con le coperture in eternit dello stabilimento, il suolo inquinato, i grandi spazi vuoti. 

Ad occuparsi del futuro dell’area era stato nel 2021, pochi mesi dopo la sua elezione, il consigliere pontese di maggioranza Andrea Perino, fautore di un progetto che puntava alla bonifica ed al riutilizzo. Il progetto era stato candidato al PNRR  ma, al di fuori dell’amministrazione pontese, non se n’era saputo nulla. E’ stato lo stesso  Perino a comunicarlo agli organi di stampa e poi a rispondere alle nostre domande.

Andrea Perino ex consigliere comunale di maggioranza a Pont Canavese

A quando risale il progetto per l’area della Sandretto?

Alla primavera 2021. Lo avevamo candidato per il PNRR alla prima chiamata da parte del Dipartimento per le Politiche Europee del Comitato Interministeriale per gli Affari Europei il 16 aprile di quell’anno. 

L’idea era stata tua?

Sì. Il Responsabile Amministrativo dell’Unione Montana Valli Orco e Soana Marco Balagna mi aveva aiutato per la parte burocratica, assai complicata. In seguito avevamo  partecipato ad un concorso indetto dall’ANCI: Il “Premio Piemonte Innovazione e Sviluppo Next Generation 2022”.  In palio c’era un premio di 10.000 euro: pochi ma meglio di niente. Sarebbero potuti servire per finanziare lo Studio Preliminare. Quest’anno mi è stato chiesto se volessi ripresentarlo ma non potevo più farlo perché nel frattempo mi ero dimesso da consigliere (insieme a vari altri colleghi), il consiglio era stato sciolto ed il Comune commissariato.

Perché non se n’era parlato?

Perché non mi piace fare annunci che poi rimangono fine a sé stessi. Avevo preferito aspettare l’eventuale finanziamento. 

E perché lo fai ora?

Mi spiace che il progetto finisca nel dimenticatoio senza che se ne sia saputo nulla: conoscendone l’esistenza, magari qualcuno della futura amministrazione potrebbe decidere di riprenderlo in mano. Volevo però evitare di farlo nel periodo elettorale.

Intendi ricandidarti?

No, non ho intenzione di farlo. E’ stata un’esperienza deludente e preferisco dedicarmi ad altro. Quello che m’interessa è informare i cittadini che ci sono anche altri progetti per il PNRR oltre a quello della diga, molto meno invasivi, con un’attuazione più rapida e meno costosa. Solo che non sono sponsorizzati dalla politica come lo è quello.

L'area dell'ex Sandretto

La diga non ti convince?

Voglio sottolineare due aspetti. Sappiamo che si tratta di terreni fragili, soggetti ad erosione: come minimo si sarebbe dovuti partire da uno studio geologico, che non è stato fatto. Inoltre mi faccio una domanda: l’allora AEM ha costruito dighe ovunque in Valle Orco. Se il torrente Soana fosse stato adatto allo sfruttamento idroelettrico perché mai non avrebbe dovuto realizzare un invaso anche in quest’altra valle? Non credo sia un caso, non si sarebbe lasciata sfuggire una possibilità del genere. Il fatto è che questa diga è diventata come il Ponte di Messina: una bandiera da sventolare in ogni occasione.

Gli edifici da abbattere e l'area del Soana

Il progetto per il recupero della ex Sandretto

Il progetto per il “Recupero zona industriale Ex Sandretto” si basa su tre punti:  la RIQUALIFICAZIONE di un’area industriale abbandonata; il POTENZIAMENTO delle FONTI RINNOVABILI attraverso l’installazione di una centrale solare fotovoltaica; la GESTIONE dei RIFIUTI con la creazione di un Centro di riciclaggio, ricerca e sviluppo della relativa filiera. Possibili anche l’abbattimento degli edifici adiacenti (vetusti senza essere particolarmente vecchi) e la messa in sicurezza dell’alveo del Soana realizzandovi un attracco per le canoe, attività diffusa in questo torrente.

L'assemblea dei lavoratori davanti ai cancelli della Sandretto, qualche anno fa

Come si spiega negli Obiettivi del Progetto “ in passato lo stabilimento ha rappresentato un punto di riferimento per Pont e per le Valli Orco e Soana ma non ci sono prospettive in merito ad un suo futuro utilizzo. Presenta coperture in Eternit su tutto il fabbricato, che verrebbero rimosse e smaltite sostituendole con pannelli fotovoltaici e creando una centrale per la produzione di energia rinnovabile. Essendo esposto a sud sarebbe ideale per questo tipo di utilizzo”.

 Anche solo realizzando la prima parte del progetto si otterrebbe un risultato importante. Poi viene il resto ovvero lo sfruttamento della struttura sottostante e degli edifici adiacenti per creare un centro innovativo di ricerca per il riciclaggio dei rifiuti (“quelli non problematici” – ci tiene a precisare Perino) coprendone la raccolta  e lo smaltimento per i comuni delle valli Orco e Soana. Si creerebbero così nuovi posti di lavoro in un’area duramente colpita dall’ultima crisi economica: “lo smantellamento delle coperture, il rifacimento delle strutture, l’abbattimento degli edifici non utilizzati, il rifacimento dell’alveo del fiume adiacente e l’installazione dei pannelli fotovoltaici porterebbero introiti alle aziende locali mentre l’energia prodotta dai pannelli porterebbe un ritorno dell’investimento”.

Ex lavoratori dell'azienda

I costi sono stati calcolati in 10 milioni di euro per la bonifica e l’installazione della centrale fotovoltaica (che richiederebbero 3 anni per i lavori) ed in altri 10 milioni per la gestione dei rifiuti (due anni).

Nel progetto presentato all’ANCI si puntava l’accento sulla creazione di una Comunità Energetica ovvero di  “un’associazione tra cittadini, attività commerciali, pubbliche amministrazioni locali o piccole e medie imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di uno o più impianti condivisi per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. In questo modo, le strutture pubbliche presenti in paese (comune, scuole, ecc.) sfrutterebbero una fonte di energia rinnovabile in linea con le politiche dell’Unione  Europea”. 

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