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Il discorso
05 Ottobre 2023 - 21:44
Quale futuro per l'Ipca?
In una commissione piena di interruzioni e gente che si parla sopra come quella di lunedì scorso (il tema era caldo: il futuro dell'ex Ipca di Ciriè) quando la consigliera alla cultura Domenica Calza ha preso la parola tutti sono ammutoliti. Il centro del dibattito era semplice: cosa fare di quello che rimane della cosiddetta "fabbrica della morte"? Demolire quasi tutto o tenere in piedi gli edifici in modo che facciano da monito per le generazioni future?
Lo ricordiamo: fra quelle mura sono morti 168 operai di tumore alla vescica, tumore causato dall'anilina emanata dalla lavorazione dei colori. Ecco, ora l'obiettivo del sindaco Loredana Devietti è di rimettere mano a quegli edifici (grazie ai soldi del Pnrr) per farne qualcos'altro.
"Oggi la nostra amministrazione, grazie ai soldi che abbiamo a disposizione, metterà in sicurezza quell'area - ha detto Calza in commissione -. Si tratta di un'area che bisogna conoscere: ogni volta in cui sono stata lì dentro le cose sono sempre peggiorate. Si tratta di un sito che ha provocato danni e morti, e che ha segnato profondamente la città di Ciriè".
Benito Franza e Albino Stella, i due operai che iniziarono la battaglia contro l'azienda in seguito alle numerose morti di cancro
Non solo a livello locale: "In qualunque luogo io vada e dico che vengo da Ciriè mi dicono: 'Ah, la città della fabbrica della morte...'. Non è che faccia piacere". Le strutture sono molto ammalorate e il portato emotivo che grava su di loro è forte: "I cittadini delle Borche mi dicevano sempre: proponiamo che radano al suolo tutto, non ne vogliamo più sapere!
Idea con cui Calza è fondamentalmente d'accordo: "Credo che dentro si possa recuperare poco o niente, ben venga qualunque intervento che metta in sicurezza quel luogo. Quando noi abbiamo appreso che erano arrivati questi soldi abbiamo fatto salti di gioia, perché ci si deve rendere conto che cos'è l'ex Ipca. E' un sito orfano con i muri intrisi di anilina".
Oggi l'Ipca è abbandonata
E la consigliere l'ha ripetuto due volte, alzando lievemente il tono di voce: "Di anilina! Perché se voi andate lì si sente ancora oggi". Quella e altre sostanze causarono una catastrofe umana, ecologica e sociale che ha segnato tutto il territorio.
"E allora - ha concluso Calza - non possiamo pensare di recuperare un luogo del genere. Concordo con voi che la memoria va preservata, ma non è tenendo in piedi un sito ammalorato che noi facciamo memoria di tanti morti che ci sono stati. La memoria è cultura, e quindi la si persegue attraverso la cultura".
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