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17 Agosto 2023 - 19:13
incendio
Chi ha tenuto il conto dei giorni dice che ne sono passati 5.726. Ma adesso anche il condannato numero uno per la tragedia della Thyssenkrupp ha varcato la soglia di un carcere.
Harald Espenhahn, tedesco, era l'amministratore delegato della multinazionale dell'acciaio quando, nel dicembre del 2007, un incendio nello stabilimento di Torino uccise sette giovani operai. La Corte costituzionale della Repubblica federale di Germania, a Karlsruhe, ha respinto il suo ultimo ricorso e il 10 agosto è cominciata l'esecuzione della pena. Espenhahn resta comunque semilibero: in cella ci resterà solo di notte.
A tenere il conto dei giorni, snocciolandone l'elenco come se fossero i grani di un rosario, è stato l'unico operaio sopravvissuto al rogo, Antonio Boccuzzi, poi parlamentare del Pd e oggi, nella sua nuova vita, commerciante a Torino.
"Per me - scrive su Facebook - non è un risarcimento né una vendetta. E' l'unico epilogo. Un epilogo che si sarebbe già dovuto compiere da tempo".
ANTONIO BOCCUZZI, UNICO OPERAIO SOPRAVVISSUTO, DIVENUTO POI PARLAMENTARE PD
"Si è finalmente concluso - è il commento del ministro della giustizia Carlo Nordio - l'iter di riconoscimento da parte della Germania, come richiesto dal Ministero della Giustizia italiano, della sentenza di condanna. In questi anni il Ministero ha seguito da vicino il procedimento".
Il Guardasigilli manifesta anche "vicinanza e solidarietà" a Boccuzzi e ai familiari delle sette vittime.
"Non siamo contenti perché in confronto a ciò che gli imputati meritavano non è nulla" dichiara Rosina Platì, mamma di uno degli operai deceduti.
Alla Corte europea di Strasburgo è ancora pendente contro Italia e Germania presentato dalle famiglie per i ritardi nel procedimento di esecuzione. Nel maggio del 2016 la Cassazione italiana inflisse a Espenhahn 9 anni e 8 mesi riconoscendolo colpevole di omissioni in materia di sicurezza. La pubblica accusa avrebbe voluto la condanna per omicidio volontario, gli 'Ermellini' dissero che era un omicidio in forma colposa.
A processo erano finiti in sei. I dirigenti italiani condannati andarono in carcere. Espenhahn, essendo cittadino tedesco, aveva diritto a scontare la pena nel suo Paese. Ma gli anni di reclusione furono ridotti a cinque, il massimo previsto dalla legislazione germanica per questo reato.
Fra un rinvio e l'altro nel 2020 un tribunale locale ratificò la sentenza italiana.
Lo scorso maggio la Corte di Karlsruhe ha scritto la parola fine respingendo un reclamo in cui gli avvocati dell'ex ad sollevavano una serie di questioni legate allo svolgimento del processo italiano. Nel caso fu coinvolto un altro tedesco, il manager Gerald Priegnitz, condannato a 6 anni e 3 mesi. Anche per lui scattò la riduzione a 5 anni e il periodo di semilibertà (lavoro di giorno e prigione di notte).
Nel novembre del 2022, dopo qualche sconto, è tornato libero. Per il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, "certamente l'incarcerazione non potrà mai restituire all'affetto dei propri cari le vite spezzate quella tragica notte, ma lo scontare la pena detentiva è sicuramente un atto dovuto alle famiglie e alla giustizia italiana e tedesca".
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