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Settimo Torinese

Cuore spezzato e sfida impossibile: la crociata di Giulio per la madre malata

Quando arrivo e la vedo piango. Quando vado via piango.

Elisa Brunello

Elisa Brunello

All’appello lanciato da Giulio Castello, 60 anni, e da questo giornale, per trovare una sistemazione idonea alla madre che versava e versa in pessime condizioni di salute, gli assistenti sociali di Unione Net avevano prontamente reagito. 

Succedeva a fine luglio. Bravi? Bene? Ottimo? Applausi a scena aperta? Non tanto…. Dov’è infatti stata ricoverata Elisa Brunetto, 88 anni? 

Niente meno che a Tonengo d’Asti. E per chi non lo sapesse Tonengo d’Asti dista da Settimo Torinese la bellezza di 41,57 km. In macchina la si raggiunge, traffico permettendo, in 40 minuti. A piedi, calcolando una decina di km all’ora, ce ne vogliono non meno di 4 per andare e 4 per tornare. 

E diciamo “a piedi” non foss’altro che Giulio una macchina non ce l’ha. Ci ha provato ad andare a trovare la madre e lo ha già fatto più e più volte. Ha raggiunto Torino e da lì ha preso un autobus. Di corse ce ne sono poche e nei festivi neanche mezza.

Insomma, delle due l’una. O uno se ne fa una ragione o si ricomincia a combattere. La domanda nasce spontanea...

Possibile che con tutte le RSA che ci sono, negli uffici di Unione Net abbiano pensato proprio solo a quella di Tonengo d’Asti?

E si ritorna a parlare degli ultimi trattati come “ultimi” da chi avrebbe il potere di alleggerire un po’ una vita fatta di disagi.

“Non voglio scocciare troppo - ci racconta - Sono andato a trovare mia mamma già quattro volte. Il pullman si prende a Porta Palazzo alle 16,40. E’ una vitaccia. Me l’hanno messa troppo distante. Per me è sofferenza. Quando arrivo e la vedo piango. Quando vado via piango. Non vedo le cose che vanno come dovrebbero andare.  Io penso solo che è una donnina d’oro. Non ha fatto male a nessuno. La vedo troppo sola. Vorrei che la avvicinassero e io vado a trovarla tutti i giorni. Mia madre da sola non è capace a bere un bicchiere d’acqua….”

E poi ancora con un groppo in gola, perchè non c'è limite al bene che un figlio può provare per la propria madre. 

“Ci sono cose in cui Dio ci mette a dura prova. Ma questa io non la auguro a nessuno. Non la auguro a nessun figlio. Non la auguro nemmeno al peggiore nemico. Sono impotente e non so come agire. Ci deve essere un sistema per avvicinarla. O divento matto o me la riporto a casa. Mia mamma e mia mamma non è proprietà degli assistenti sociali. Gli assistenti sociali conoscono le mie condizioni. Sanno che non ho un lavoro e non ho una macchina. Gli assistenti ce l’hanno una madre? Lo sanno che male mi stanno facendo? Perchè questa cattiveria? Sono solo e abbandonato. Sia chiaro. Io mia madre non la abbandono. Non si abbandona un cane, figuriamoci una persona. A ferragosto non c’era neanche un pullman. Io non vado al mare e mi sarebbe bastato passare il pomeriggio con lei. Vivo con il terrore di ricevere una telefonata. Prima o poi arriverà. Mi diranno che è morta. Se capita proprio nel giorno io cui non sono riuscito a raggiungerla non me ne farei una ragione….”.

Fino a poche settimane fa Giulio e la mamma vivevano al civico 10 di via Einaudi. Ed è da lì che chiedevano, inascoltati “aiuto”.

Elisa Brunello aveva bisogno di cure continue, di qualcuno che le stesse a fianco 24 ore su 24, di essere pulita e lavata. In poche parole aveva bisogno di essere ricoverata in una Rsa per anziani non autosufficienti, ma all’orizzonte non c’era nulla, salvo le carte da compilare, tante carte e burocrazia.

C’era una OSS. Passava due volte alla settimana per rimettere la donna agli onori del mondo. Prima si presentava due volte alla settimana, poi ha cominciato a venire un’ora tutti i giorni tranne nel fine settimana. Era davvero troppo poco. 

“Tutti mi dicono che sono bravo a fare quello faccio ma non ne ho le forze - ci aveva raccontato con il cuore in mano e una voglia matta di spaccare il tavolo - Mia mamma sta morendo. Soffre di demenza senile. Non sta in piedi… Per tirarla su dal letto ci vogliono due persone. Da solo è impossibile. Mi hanno detto che ci sono dei tempi tecnici per il ricovero e io aspetto…Mi dicono di stare più tempo che posso con mia mamma. Mi dicono che non mi devo allontanare, ma io devo anche lavorare per vivere. Ho una sorella che se ne frega, che non vedo da 5 anni. Qualcuno l’ha interpellata? Credo di no! Il responsabile delle Oss dice che devo fare assistenza anche io. Non ho problemi a farlo. E’ mia mamma! Ci mancherebbe. Ma ci sono cose che io non sono in grado di fare. Non sono capace di mettergli il pannolone, di medicarla. Mi dicono anche che devo però fare attenzione a quando la tocco perchè poi le responsabilità ricadono su di me. Insomma sono disperato… Se andavo a combattere in trincea in Ucraina facevo meno fatica. Tutti  quelli con cui ho parlato di questa cosa mi han detto che  è una situazione vergognosa ma questa è l’Italia. Io non voglio spaventare nessuno ma sono arrivato la limite del livello di sopportazione….” .

L’assistenza alla donna è partita 23 anni fa ma la malattia è precipitata dalla morte del papà per setticemia (correva il marzo del 2018). Elisa ha una pensione di circa 900 euro, soldi che finiscono tutti nelle mani di un tutore con cui Giulio in 5 anni è riuscito a parlare una sola volta e non si ricorda neanche come si chiama.

“Tutto fa tranne la tutela - stigmatizzava Giulio - aggiungendo un calvario dietro l’altro - L’altro giorno era in programma un passaggio della Oss alle 11,30. Mi assento un attimo. Mi chiamano intorno alle 11 dicendomi che la Oss era già passata. Mi arrabbio al telefono. La Oss ritorna ma anziché un’ora gliene volevano far fare solo mezza. Lei mi dice anche che in mezz’ora non sa se sarebbe riuscita a farle la medicazione. Poi ha fatto tutto quello che doveva fare ma non sta qui il punto. Su di lei non posso dire nulla. Io me la prendo con i responsabili. Lo sanno che mia madre è sulla sedia a rotelle e non può alzarsi per aprire la porta. Lo sanno e, infatti, mi han sempre chiamato per avvisarmi del loro arrivo. Questa volta non lo avevano fatto… Perchè? Non è così che funziona…!” .

Acqua passata. Ma oggi è anche peggio…  

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