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17 Luglio 2023 - 22:07
Bettazzi alpino
Dall'Appennino bolognese alle montagne del Gran Paradiso, da vescovo ausiliare del cardinale Giacomo Lercaro a vescovo di prima nomina in una diocesi quasi interamente alpina.
Il curriculum alpinistico di monsignor Bettazzi è di tutto rispetto anche se a lui ci scherzava sopra:"Sono un buon camminatore e ho trovato sempre bravi e pazienti accompagnatori".
Bettazzi in vetta alla Quinzeina
A Bettazzi piaceva andare a scoprire e fotografare le tante cappelle di montagna negli angoli più sperduti della sua diocesi.
Nei 33 anni da vescovo di Ivrea le ha raggiunte praticamente tutte "facendo spesso arrabbiare i miei parroci di montagna che di tante cappelle non conoscevano neppure l'esistenza".
La visita pastorale alle parrocchie delle Valli Orco e Soana divenne anche la visita a tutte le chiese e cappelle della montagna, oltre un centinaio solo in quelle valli, raccogliendo un archivio fotografico che la diocesi non aveva mai avuto prima.
Il fotografo? Ovviamente il Vescovo, appassionato ed esperto.
E che la montagna fosse per lui un richiamo straordinario lo si capisce quando, nel 1973, per festeggiare i suoi 50 anni decise di regalarsi l'ascensione al Cervino, in compagnia della guida Massimo Bich.
«Forse la scalata del Cervino fu un eccesso di ambizione, considerato il mio scarso allenamento. - ricordava Bettazzi - Ne chiesi perdono a Dio e alla montagna».
Nel febbraio del 2017, a Ceresole Reale, gli era stata consegnata la tessera dell'Associazione Amici del Gran Paradiso per il suo impegno nella frequentazione e promozione delle montagne del Gran Paradiso.
Ricorda la guida alpina emerita di Ceresole Franco Rolando: "Aveva una determinazione davvero particolare nell'andare in montagna: lo accompagnai parecchie volte al rifugio Leonesi, un autentico nido d'aquila posto sotto la Levannetta. Non gli importava il tempo impiegato, per lui l'importante era arrivare".
Sotto il colle della Galisia, nell'estate del '94, celebrò la messa in ricordo dei soldati inglesi e dei partigiani italiani, morti nel novembre '44 nel tenativo di raggiungere la Francia già liberata dalle forze alleate.
Guido Novaria
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