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Il caso

"Giù le mani dalle croci sulle nostre montagne"

Il CAI di Ivrea dice la sua sulla polemica delle croci in vetta scoppiata dopo un editoriale dello "Scarpone"

"Giù le mani dalle croci sulle nostre montagne"

In Italia le croci in vetta sono 372

Dovete passare sul mio corpo per togliere anche solo un crocifisso da una vetta alpina”. L’ha detto Matteo Salvini ieri, a Chivasso, al congresso regionale della Lega piemontese, commentando l’equivoco che il CAI volesse smantellare anche le croci secolari e quindi vincolate sulle cime sopra i 2000 metri.

Non c’è niente da fare, quando si parla del simbolo cristiano della croce, le polemiche sono dietro l’angolo. 

A scatenarle la "bomba" scoppiata sabato secondo cui il CAI - Club Alpino Italiano - vorrebbe eliminare dalle cime delle montagne le croci in quanto “anacronistiche”.

Lo sostiene Marco Albino Ferrari, da otto mesi direttore editoriale dello Scarpone, l’organo ufficiale del Club.

Nell’articolo uscito il 24 giugno, Ferrari sostiene la “necessità di lasciare integre le croci esistenti, perché testimonianze significative di uno spaccato culturale, e allo stesso tempo di evitare l’istallazione di nuovi simboli sulle cime”.

Croce in vetta nella foto della sottosezione CAI di Sparone

Nonostante l’appello a non cadere nelle polemiche, è stata una cascata.

"Ci mancava il Cai... Io credo - ha aggiunto Salvini - che il glorioso Cub Alpino italiano faccia un lavoro enorme nella valorizzazione dei percorsi e dei rifugi di montagna, ma leggere che il crocifisso è divisivo e anacronistico, mi fa dire che qualcuno ha un grosso problema”.

E sul punto è un coro di no, a partire da Zangrillo e Santanché, oltre che ovviamente Salvini.

Tanto che il Club Alpino Italiano, con una nota del suo presidente generale Antonio Montani, ha dovuto fare marcia indietro.

Non abbiamo mai trattato l'argomento delle croci di vetta in alcuna sede, tantomeno prendendone una posizione ufficiale. Quanto pubblicato - sostiene in una nota - è frutto di dichiarazioni personali espresse dal direttore editoriale Marco Albino Ferrari durante la presentazione di un libro. Personalmente, come credo tutti quelli che hanno salito il Cervino, non riesco ad immaginare la cima di questa nostra montagna senza la sua famosa croce. Voglio scusarmi personalmente con il Ministro per l'equivoco generato dagli articoli apparsi sulla stampa e voglio rassicurare che per ogni argomento di tale portata il nostro Ministero vigilante sarà sempre interpellato e coinvolto”.

L’eco della polemica è arrivato anche in Canavese.

Ieri sera, con un post su Facebook, il reggente del CAI sezione di Ivrea e sottosezione di Sparone, Christian Rumello, ha detto la sua: “In questi giorni sono stato contattato da alcuni nostri soci per alcuni chiarimenti in merito a titoli ed articoli di giornale che riportano che il CAI centrale vorrebbe far rimuovere le croci dalle vette. Ed in effetti questa settimana si sono dette molte parole, generate fazioni contrapposte, si sono verificati scontri sui social, si sono scomodati politici, ma soprattutto si sono creati molti equivoci. In realtà sono state espresse tante opinioni personali, ma il CAI centrale non ha una posizione ufficiale sulle croci. Altrettanto personalmente ritengo però che le croci in vetta siano parte della nostra storia e cultura e sicuramente non vadano rimosse, ma preservate. Per questo non aggiungo altre parole, ma lascio parlare i fatti e le attività svolte in questi anni dalla nostra Sottosezione”.


Le “croci in vetta” sono 372 sulle Alpi. Molte sono lì da secoli, più di settanta sugli Appennini. Da decenni sono al centro delle denunce degli ambientalisti: “Insidiano l’integrità naturale dei crinali”.

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