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Quando si sparava alle nuvole per evitare la grandine...

Un tempo i contadini si difendevano con rimedi oggi abbandonati, ma le assicurazioni non coprono tutti i danni

campi granturco

Quando avviene una grossa grandinata come quella avvenuta a Caluso qualche giorno fa, passato il momento dell’emozione, quando torna il sole si tende a dimenticare quanti danni a lungo termine la grandine porta con se nei vigneti.

Caluso è terra magnifica per i vigneti, quelli classici di erbaluce ed anche altri nuovi di uve rosse, ben curati messi su da giovani viticoltori.

Un vecchio detto contadino diceva “La tempesta quel che non porta via appesta”.  Ed è vero, i tralci oltre a non fruttificare più per questo anno, vegeteranno con difficoltà il prossimo anno e il numero delle loro gemme sarà basso, quindi meno gemme, meno grappoli, meno vino.

In più la potatura e la legatura che si farà il prossimo inverno sarà lunga e difficile perché i tralci rimasti, ammaccati, tenderanno a rompersi anziché curvarsi quando verranno legati ai fili di ferro delle topie. A Caluso la grandine ha colpito forte e la zona in cui più ha martellato è quella della  stazione e delle colline sotto cui passa la galleria del treno per Candia, poi andando verso  Mazzè l’intensità è scemata sino a scomparire proprio quando finiscono i vigneti ed iniziano i prati ed i campi. Tutti sono molto preoccupati, il presidente della Cooperativa Erbaluce, Bartolomeo Merlo dice: “E’ vero che i nostri soci sono diffusi in tutti i paesi del calusiese, ma comunque essendocene molti che conducono una piccola vigna per tradizione e passione, il rischio è che di fronte ad un danno del genere decidano di abbandonare il vigneto, questo sarebbe un danno sia per l’economia che per l’ambiente”.

BARTOLOMEO MERLO, PRESIDENTE DELLA COOP. ERBALUCE

Forte sconcerto, ma comunque grande voglia di continuare con maggior impegno di prima anche da parte di giovani viticoltori come Roberto Crosio che ha avuto un vigneto modello di nebbiolo, proprio sulle colline che portano a Candia completamente distrutto o di Bruno Giacometto il cui bel vigneto di erbaluce dai filari perfettamente allineati è li a far mostra lungo la statale per Mazzè di cosa può fare la grandine.

VITI DISTRUTTE DALLA GRANDINE

In tanti, non addetti ai lavori si chiedono: ma non si può far nulla per mitigare i danni?

In realtà nel vigneto no, perché a differenza della maggior parte delle coltivazioni non è possibile coprirli con le reti antigrandine. Questo perché la rete impedisce il ricircolo dell’aria e favorisce in modo abnorme l’attacco dei funghi, in primis la peronospera. Le assicurazioni certamente possono aiutare ma il vignaiolo vorrebbe poter avere la sua uva e soprattutto sa che avrà problemi anche il prossimo anno.

Tempo fa però, quando in campagna si era pratici e le scie chimiche vere o presunte erano ancora da venire, qualcosa si faceva e spesso con ottimi risultati.

Primo si sparava con i cannoni, ovvero un cubo di cemento riempito di polvere da sparo che spediva un razzo direttamente nell’occhio delle nubi, quelle più grigie e scure sciogliendo il ghiaccio e provocando pioggia immediata anziché grandine.

UN VECCHIO CANNONE SPARARAZZI ABBANDONATO

Chi non si ricorda le salve di artiglieria che partivano dall’enorme frutteto di Campagnette (Casale di Mazzè)? Altro metodo con una cerca efficacia che sfruttava l’onda d’urto sonora, era quello di far suonare a martello le campane di ogni campanile ogni volta che le nubi si avvicinavano minacciose.

Oggi sparare razzi con tutti gli aerei che volano probabilmente è un problema, ma far suonare le campane si potrebbe. Perché non provarci?

Giuseppe Mila

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