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Giro d'Italia

200 biciclette d'epoca nella sua collezione: l'amore per il ciclismo di Paolo Ghiggio

Le storie attorno al Giro d'Italia

200 biciclette d'epoca nella sua collezione: l'amore per il ciclismo di Paolo Ghiggio

È stato ortopedico per ben 43 anni, primario in tre ospedali diversi, e ha sempre coltivato a livello amatoriale la passione per il ciclismo fino al momento in cui è andato in pensione: da qui, ha deciso di immergersi nel mondo delle biciclette a 360°.

Stiamo parlando di Paolo Ghiggio, originario di Ivrea, scrittore di libri sul ciclismo e collezionista di bici d’epoca. 

“Ho sposato il ciclismo da un po’ di anni, adesso colleziono e restauro biciclette d’epoca. A casa ne ho circa 200, tutte antecedenti al 1987, che è l’anno di demarcazione tra le biciclette d’epoca e quelle moderne. Abito in un palazzo storico di Ivrea: questi edifici ai piani bassi hanno moltissimo spazio e quindi sono riuscito a sistemarle lì. In casa ne avrò una ventina, con grande gioia di mia moglie” ironizza Ghiggio, mentre ci racconta la sua storia tra i bellissimi affreschi di Palazzo Marini, luogo dove ha allestito una mostra di biciclette d’epoca.

Paolo Ghiggio

Tra i modelli esposti, campeggiano uno storico velocipede dell’800 di produzione anglosassone, mezzo su cui i primi ciclisti compirono la storica edizione della Milano - Torino nel 1876; una bici con la serigrafia originale  di Guido Tessiore (fondatore dell’omonimo negozio a Borgofranco) e anche uno dei primi modelli utilizzati per il ciclismo su strada.

“Sì, sono tutti pezzi appartenenti alla mia collezione - spiega - il modello a cui sono più affezionato? Beh, è la Girardengo Modello 7: è la bici che apparteneva a Riccardo Filippi, con cui questo campione canavesano ha vinto la maglia iridata fra i dilettanti nei campionati mondiali su strada di Lugano nel 1953; il giorno successivo Coppi conquistò lo stesso titolo tra i professionisti, e quello fu l’inizio del connubio fra questi due grandi del ciclismo. La bici mi è stata concessa dalla famiglia Filippi, e la porterò qui a Palazzo Marini per l’esposizione nei prossimi giorni”.

Il velocipede dell'Ottocento, dalla collezione di Ghiggio

Per Ghiggio, poi, la passione per il ciclismo si unisce a quella della scrittura. Sono già 5 i libri pubblicati (anch’essi esposti a Palazzo Marini), tra cui spicca “Fausto Coppi. Storia ortopedica di uno scheletro fragile”, un’indagine umana e medica delle tante fratture del campione italiano, date probabilmente da un malassorbimento intestinale che causava al corridore una carenza di calcio, con conseguente fragilità delle ossa. 

“Adesso ho terminato l’ultima mia pubblicazione: “Olivetti, una storia su due ruote” - dice - è uno scritto che analizza l’unione tra la fabbrica Olivetti di Ivrea, che aveva iniziato la sua attività con l’importazione di biciclette dagli USA, e il ciclismo. C’è un fil rouge che unisce questi due attori, conclusosi poi con la morte di Coppi e Olivetti, tutti e due mancati nel 1960. Il ricavato delle vendite dei libri, oltretutto, viene dato in beneficenza al Piccolo Carro di Chiaverano, un’associazione che si occupa di bambini in difficoltà e con disabilità” .

I modelli esposti a Palazzo Marini; a sinistra quello con la serigrafia originale di Tessiore e a destra uno dei primi modelli per il ciclismo su strada

Una figura eclettica, quella di Ghiggio, le cui conoscenze spaziano dalla medicina, al ciclismo, alla storia e anche qualche piccola curiosità, come il fatto che le prime biciclette venissero definite “bones - shaker” (dall’inglese “scuoti - ossa”), per via della loro difficoltà nell’essere portate, il nomignolo poi (sempre all’inizio dell’era del ciclismo) era stato cambiato in “crea - vedove”, senza tralasciare la citazione dello scrittore Mark Twain relativa alle due ruote: “compra una bicicletta: te ne innamorerai, se sopravvivi”.

Palazzo Marini in Rosa

E quindi, una figura di questo calibro come sta vivendo i giorni pre partenza? “Sicuramente la tappa sarà spettacolare: è una delle più lunghe ed è la prima alpina, con un percorso molto difficile che creerà tanta selezione tra i corridori. Cosa lascerà Il Giro una volta che sarà passato? Eventi del genere risvegliano la passione per il ciclismo, che è il futuro della mobilità soprattuto nella grandi città. La Borgofranco - Crans Montana sarà anche un volano per il turismo, a maggior ragione in un territorio come il Canavese, che ha già ospitato più volte il Giro d’Italia. Che altro dire? Speriamo che questa “euforia” rimanga, anche perché andare in bicicletta da soli è, da sempre, il miglior modo per pensare e rilassarsi. Me lo ricordo da quando lavoravo: se c’era una giornata stressante, dopo un po’ di tempo a pedalare, mi sentivo già meglio”.

Foto a cura di Brunella Severino

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