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Sanità

Gli italiani vanno all'estero per fare figli

Si impennano i viaggi

Figli

Figli (foto d'archivio)

Dopo lo stop forzato imposto dalla pandemia, le coppie italiane con problemi di fertilità hanno ripreso a viaggiare all'estero con la speranza di realizzare il sogno di diventare genitori. E questa volta i numeri della 'fuga' fuori dai confini nazionali sono addirittura superiori rispetto a quelli registrati nel 2019, in periodo pre-Covid, il 30% in più.

Sono infatti oltre 13mila le coppie che nel 2022 hanno scelto di andare all'estero per accedere ai trattamenti di Procreazione medicalmente assistita (Pma), nonostante in Italia ci siano specialisti e centri di eccellenza. Spagna, Grecia, Repubblica Ceca, Danimarca e Belgio sono le mete più gettonate, specialmente tra le coppie che puntano alla fecondazione eterologa.

A scattare una fotografia, sulla base delle stime che arrivano dagli operatori del settore, sono gli specialisti riuniti a Roma in occasione del sesto Congresso Nazionale Siru, la Società italiana di riproduzione umana.
"Si era strutturata l'abitudine ad andare all'estero specie con la legge 40 che imperava con una serie di divieti - rileva Antonino Guglielmino, Presidente area ginecologica della società scientifica - Molte coppie andavano fuori dall'Italia per effettuare la fecondazione eterologa. Nonostante la Corte Costituzionale, a partire dal 2014 abbia poi ufficialmente allargato l'accesso alla Pma in Italia, autorizzando l'eterologa, non è mai stata fatta una campagna e sono ancora molte le coppie che continuano ad andare fuori dall'Italia. I motivi di questo fenomeno - aggiunge - sono diversi: nel Belpaese la procreazione assistita è, di fatto, indietro; la donazione non è incentivata e la legge 40 del 2004 che la regola prevede ancora molti limiti, nonostante le modifiche negli anni".

Tra questi limiti, uno dei principali da scardinare per l'esperto riguarda la scelta da parte di una coppia di donare ad altri o alla ricerca gli embrioni non utilizzati. In Italia si praticano circa 90mila cicli l'anno di Pma, in linea con gli altri Paesi europei. Inoltre, i centri italiani di procreazione medicalmente assistita sono altamente controllati. La Siru spiega di aver proposto al Ministero della Salute le Linee Guida sulla Pma, riguardanti la prevenzione e l'informazione della coppia e che da tempo gli operatori attendono una risposta. Infine, continua a essere determinante anche il problema della mancata applicazione dei Lea, i Livelli essenziali di assistenza. "Il paradosso è che - conclude Guglielmino- nonostante l'inserimento della Pma nei Lea, il Ministero della Salute non ha ancora pubblicato le tariffe ufficiali per queste prestazioni, una mancanza che crea una situazione di incertezza e difficoltà per le Regioni italiane che non riescono a garantire l'accesso uniforme ai trattamenti. Chiediamo dunque al Governo - conclude - di intervenire e riparare a questa ingiustizia: sono oltre 100mila le coppie italiane in attesa e il tempo non è dalla loro parte".

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