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Mara Macario Ban: "Tre anni sulle tracce delle Masche..."

Tre anni intervistando tutti gli anziani di quell’angolo di Vali di Lanzo tra Corio e Levone

Mara Macario Ban: "Tre anni sulle tracce delle Masche..."

Tre anni sulle tracce delle “Masche”.

Tre anni intervistando tutti gli anziani di quell’angolo di Vali di Lanzo tra Corio e Levone dove la tradizione e la magia si sono fuse per decenni.

Tra anni di lavoro, un periodo di tempo da cui è nata un’originalissima tesi di laurea in architettura dal titolo “Oltre la superficie”. Un lavoro di oltre 400 pagine che racconta le origini più intime, nascoste, di queste terre.

“Tutto è nato da un errore - ci racconta sorridendo Mara Macario Ban - avevo detto ad un’amica che avrei voluto fare una tesi occupandomi di sociologia, ma lei ha confuso la sociologia con l’antropologia. E quando mi sono ritrovata a p arlare con il docente che mi avrebbe fatto da relatore mi chiesi da dove provenissi. Quando gli dissi che le mie origini erano a Corio, nelle Valli di Lanzo, mi propose subito questo originalissimo argomento. Follia per follia, decisi di accettare. Sono iniziati così quei tre anni di ricerca meravigliosi”.

MARA MACARIO BAN

Era il 2009 quando tutto ha avuto inizio e ho discusso la tesi nel luglio del 2012. Ne è venuta fuori una tesi di 440 pagine divisa per aree geografiche e con un sotto indice per argomenti. Una tesi di non facile lettura perché non è un romanzo, ma un lavoro da cui attingere per raccontare storie, narrare fatti, luoghi e personaggi”.

Un’importante raccolta di testimonianze confluita nella Biblioteca di Piazza al Serchio, 2 129 abitanti della provincia di Lucca dove si trova il Centro di Documentazione della Tradizione Orale.

Si tratta di un enorme incubatore in cui vengono raccolte tutte le testimonianze orali. Non solo tesi ma lavori di ogni genere” spiega Mara Macario Ban.

E di testimonianze lei ne ha raccolte davvero tante.

L’indicazione era quella di intervistare persone molto anziane, il cui massimo grado di istruzione fosse non più della terza elementare, in modo da non avere l’inquinamento scolastico nella loro memoria, che doveva essere pura. Ovviamente con tutti i problemi legati alla naturale diffidenza e riservatezza e alle difficoltà di comunicazione”.

La maggior parte delle persone intervistate erano del 1920/1925 e nei loro racconti hanno parlato dei loro nonni.

Storie dell’Ottocento, storie legate ad una realtà lontana.

“Erano tempi di ristrettezza economica e di difficoltà di spostamento legati alla mancanza o allo stato delle strade, che portavano a vivere sempre nella stessa borgata, nella stessa piccola comunità, povera ma spesso autosufficiente”.

La più anziana delle persone intervistate è stata Vittoria, 102 anni, di Piano Audi, una frazione a 3,23 chilometri dal Comune di Corio.

Vittoria era triste, arrabbiata - racconta Mara -. continuava a chiedermi perché volessi sapere queste cose facendomi capire che non erano state un periodo bello della sua vita. Vittorio non mi ha raccontato nulla. Però la sua testimonianza è stata importante perché mi ha aperto la visione di come siano state generazioni cresciute fin da bambini nel costante senso di paura”.

Una società che non riconosceva un ruolo alle donne, soprattutto se dimostravano di sapere più degli uomini.

Proprio la loro grande conoscenza della natura, delle proprietà delle piante, delle energie, rendevano le masche così pericolose agli occhi degli uomini. Queste donne avevano doti che erano le basi di quella che si sarebbe poi sviluppata come medicina fitoterapica. Ecco perché erano viste così di cattivo occhio. Se erano brutte, poi, venivano relegate ai margini della società. Isolate, lasciate morire di fame. Se, invece, avevano la fortuna di essere aggraziate, si sposavano e avevano figli”.

“Le nostre Masche sono donne, sono madri di famiglia, donne che pregavano, ma la Chiesa ha pesantemente influito sulla cultura pagana della gente povera e analfabeta mistificandola con il condizionamento della sapienza, fino ad annullarla” racconta Mara Macario Ban.

Erano anni in cui alle donne era vietata ogni cosa: cantare, fischiare, essere felici. Da parte loro c’era una gran voglia di rompere questa chiusura mentale. Non era ammesso che una donna potesse essere felice. E così aspettavano che gli uomini andassero al mercato, stavano via tre giorni per farlo, e loro si trovavano per far festa. Per ridere, cantare, fischiare, essere felici per l’appunto. Andavano  al Pian d’le Masche e ballavano. Questa è una cosa pacifica. L’unica che si sa con certezza. Erano donne ridanciane in un’epoca in cui se eri troppo felice dimostravi di essere una poco di buono”.

Poi aggiunge: “Quando una masca moriva, moriva tra atroci sofferenze a causa di quel sapere che usciva dal loro corpo dilaniandole. A meno che qualcuno non accettasse di prendere il loro sapere. Ma prendersi questa dote era una croce. Venivi segnato. Eppure ci sono stati figli che per lenire le sofferenze delle lori madri, lo hanno fatto. Figlie, diventate masche e figli, masconi. Di mascone ce n’era uno famoso al Monte Soglio”.

UNA MASCA come viene vista dall'immaginario collettivo

Si può ritenere che l’emancipazione femminile sia partita da qui?

“In un certo modo, sì. Loro hanno creato un movimento di scontento. E queste donne hanno avuto figli che hanno visto come le loro madri sapessero far fiorire ogni cosa e di come siano state messe sul rogo. Erano delle curatrici. Non hanno mai ammazzato nessuno. Spesso bastava dire di no alle attenzioni di un uomo per essere additata come una strega. e possiamo dire che ha mietuto più vittime l’ignoranza che l’inquisizione. Le generazioni che sono seguite hanno avuto proprio da tutto questo l’input alla crescita culturale, scientifica, lo sprono a studiare”.

Sente in qualche modo di aver preso il testimone di queste donne?

“Di sicuro ho avuto la possibilità di ripulire il loro ricordo dalla superstizione, dagli effetti della cultura ecclesiastica. E poi dal mio lavoro è nato quello che è diventato un appuntamento fisso per il territorio: “La notte delle Masche”.


La Notte delle Masche

Ogni anno, il 31 ottobre, si tiene questa speciale serata con “La Burera” di Corio.

Un appuntamento che prende spunto proprio da “Oltre la Superficie” la tesi di laurea di Mara Macario Ban.

“Ogni anno si sceglie una località differente tra quelle contenute nell’indice della mia tesi e si racconta un personaggio, una storia. E’ imprescindibile una camminata di circa 20 minuti per raggiungere il luogo e poi  c’è la parte narrativa, anche questa della durata di una ventina di minuti”.

Lo scorso anno, il 31 ottobre 2022 l’appuntamento è stato al Colle del Bandito.

All’edizione 2023, invece, si sta ancora lavorando.

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