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Aiutare la Tunisia per impedire gli sbarchi

Se n'è discusso durante il vertice del governo convocato nel pomeriggio di ieri

Giorgia Meloni

Giorgia Meloni

Aiutare la Tunisia per chiudere quello che è diventato il principale flusso di migranti verso le coste italiane. Se ne è discusso nel pomeriggio al vertice convocato dalla premier Giorgia Meloni a Palazzo Chigi; presenti i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, i ministri di Interno e Difesa, Matteo Piantedosi e Guido Crosetto, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari.

Gli arrivi via mare sono cresciuti di oltre il 300% nei primi 3 mesi del 2023. Con proiezioni che indicano il superamento di quota 400mila alla fine dell'anno. C'è quindi da mettere in campo tutte le iniziative diplomatiche per provare a frenare le partenze. La Tunisia, dunque.

Prioritaria, sottolinea Palazzo Chigi, è l'azione "per aiutare questa nazione amica in un momento di difficoltà". Il Paese è infatti sull'orlo del collasso economico, ospita centinaia di migliaia di immigrati subsahariani e non controlla le sue frontiere. Da tempo il Governo italiano è in pressing per sbloccare la prima tranche di 300 milioni di dollari da parte del Fondo monetario internazionale.

Il ministro dell'interno Matteo Piantedosi

"Pur nella difficoltà del quadro - è la posizione del Governo - sulla Tunisia si registrano progressi sia da parte degli Stati Uniti che dell'Unione Europea, grazie anche all'impegno italiano". In questo senso assume rilievo la visita nei prossimi giorni a Roma del ministro degli Esteri tunisino, Nabil Ammar, per un incontro con il collega Tajani.

Sul fronte interno Piantedosi è alle prese con la tenuta del sistema d'accoglienza. Si punta ad attivare un Centro per i rimpatri in ogni regione. Vanno reperite velocemente nuove strutture per ospitare i migranti senza pesare sui territori interessati. Non saranno quindi aperti centri di grosse dimensioni; la linea è quella a spalmare in piccoli numeri, con la collaborazione degli enti locali, i migranti che arrivano.

L'Anci, però, è sul piede di guerra ed ha chiesto 600 milioni di euro in più per fronteggiare l'emergenza. "Nel primo trimestre dell'anno - ricorda il delegato per l'immigrazione, Matteo Biffoni - abbiamo già fronteggiato l'arrivo di 27mila migranti con la prospettiva di chiudere l'anno ben oltre i 100mila.

Eppure, nonostante i cambi di governo, ciò che abbiamo scritto e chiesto a questo governo e al ministro Piantedosi è molto simile, quasi analogo, alle richieste che facevamo nel 2011 all'allora ministro Alfano. Così il sistema collassa, i posti non si trovano per allocare i migranti, le Prefetture sono in difficoltà, le norme per il riconoscimento giuridico farraginose senza parlare dei 2.500 minori non accompagnati arrivati solo da gennaio".

Sul fronte dei soccorsi in mare e del trasferimento di persone dal sovraffollato hotspot di Lampedusa, Crosetto ha offerto la disponibilità di navi ed aerei militari. Il comandante generale della Guardia costiera, ammiraglio Nicola Carlone, da parte sua, ha sottolineato che le motovedette del Corpo, ormai sono "sempre più impegnate ad operare a distanze elevatissime dall'Italia e questo sta determinando un logorio del nostro strumento aeronavale: servono interventi urgenti per adeguarlo".

L'ammiraglio ha quindi smentito nettamente che ci siano state indicazioni da parte del Governo a privilegiare l'attività di 'law enforcement' (di polizia, cioè) rispetto a quella di ricerca e soccorso. "Il soccorso svolto da un apparato dello Stato come il nostro - ha osservato - è un'attività che richiede disciplina ed organizzazione, non estemporaneità ed improvvisazione. Per questo operiamo su una base giuridica certa e stabile.

C'è la responsabilità penale diretta e personale dei nostri operatori. Non vi sono ordini o suggerimenti che possano farci derogare da questo modello". Intanto, sul tavolo c'è anche il decreto legge Cutro, attualmente all'esame della commissione Affari costituzionali del Senato.

Sono stati presentati 126 emendamenti, 21 da parte della Lega. Oggi era atteso il parere del Governo sui testi, ma è slittato. C'è da trovare un accordo nella maggioranza; capire se si può arrivare a presentare modifiche condivise al testo. Molti degli emendamenti leghisti sono nella direzione di una maggiore stretta; ad esempio, sulla protezione speciale. Ma bisognerà tener conto dei possibili rilievi da parte del Quirinale. C'è tempo fino al 9 maggio per convertire in legge il provvedimento.

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