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Bonus e voucher: chi è stato il primo?

 Renzi

Matteo Renzi

Credo che sia stato l’odiato Matteo, il rottamatore, ad averlo introdotto per primo, nel 2014. Un buono sconto sulle tasse (detto meglio un credito Irpef) riconosciuto ai lavoratori dipendenti con redditi bassi. Dal 2021, gli 80 euro mensili sono diventati 100. Sempre di Matteo è il bonus per il docente, grazie al quale, dal 2016, gli insegnanti di ruolo hanno un bonus di 500 euro per l’aggiornamento professionale e per l’acquisto di testi e computer, ma anche per l’ingresso a musei, teatri e sale cinematografiche.

Dopo, la cornucopia dello Stato non ha più smesso di erogare contributi per ogni tipo di spesa. Per aiutarmi nell’elenco sono andata sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Ad esempio, il «bonus tivù» (del 2018, confermato anche nel 2022, se si rottama un televisore acquistato prima del 31 dicembre 2018, praticato come sconto dal rivenditore sia per il decoder che per l’apparecchio). È un credito d’imposta per il 50% il «bonus acqua potabile» per l’acquisto e installazione di impianti (filtraggio, mineralizzazione e raffreddamento e aggiunta di anidride carbonica); il massimo detraibile è mille euro per ogni singolo immobile o 5 mila per le imprese. E poi il bonus mobili ed elettrodomestici (50% detrazione Irpef, mille euro rimborsabili se si installano sanitari e rubinetteria risparmiosi d’acqua nei bagni).

Dove sono finiti i bonus scuola, bici, vacanze, eccetera? Questi sono voucher, e sono elargiti dalle Regioni. Ad esempio, la Regione Piemonte per l’anno scolastico 2022/2023 ha erogato oltre 6 milioni di euro per libri di testo, materiale didattico, e trasporti. I voucher vacanze sono dei buoni che permettono di ottenere uno sconto sui pernottamenti e servizi turistici. Istituiti in Piemonte nel 2020 come sostegno al turismo, la Regione, per il 2022, ha stanziato un milione e 200 mila euro che verranno gestiti dai consorzi turistici regionali e dalla Finanziaria della Regione. 

Adesso arriviamo al tanto discusso 110%, il «bonus facciate». Introdotto a maggio del 2020 dal governo Conte II, dopo 24 mesi era già sotto la lente della Corte dei Conti per possibili distorsioni. Dico subito che da Mario Draghi, ex presidente della BCE ed ex governatore della Banca d’Italia, eccetera, mi sarei aspettata la ripulsa della filosofia dei «bonus», il contrario di un assennato sostegno al sistema delle imprese e ai redditi delle famiglie, provvedimenti emergenziali che hanno avuto l’effetto di scatenare l’assalto alle piattaforme nel tentativo di vincere la riffa.

 Il governo Draghi è rimasto in carica da febbraio 2021 a ottobre 2022, e la riffa è continuata producendo, in particolare nell’edilizia, un effetto speculativo (se non di malversazione) e distorsivo del mercato. 

Adesso economisti e opinionisti fanno i conti del latte versato, del debito accumulato in capo ad ognuno di noi, dei relativamente pochi beneficiari (stimati in 51 mila condomini e 215 mila case unifamiliari), del rincaro dei lavori edili che ha danneggiato tutti, di chi «di sussidi non ne ha avuti, nonché delle aree terremotate». Inutile, però, dare addosso soltanto ai Cinquestelle (che sono quel che sono).

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