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Pont Canavese

La montagna frana sulla strada, ma gli automobilisti spostano le transenne per passare

La via continua ad essere chiusa anche dopo l'incontro in Città Metropolitana

Pont Canavese

Le transenne spostate per fare passare le auto

Come potete dedurre dalla relazione geologica risulta impossibile riaprire la strada”. Sono le parole che accompagnano la pubblicazione, sulla pagina Facebook del Comune di Pont, di un estratto di tale relazione, relativa – facile intuirlo – alla frana di Via Roggie. A scriverle era il 25 gennaio  il sindaco Bruno Riva, che proseguiva: “Le verifiche svolte in questo periodo hanno evidenziato delle criticità aggiuntive che sono state oggetto di approfondimento da parte del professionista incaricato. In particolare è stata verificata la zona a nord della frana ed è stato riscontrato che sono presenti massi di grandi dimensioni la cui stabilità deve essere verificata e muretti a secco la cui posizione ne rende pericolosa la presenza. In sintesi occorre ripulire in modo mirato le zone a rischio e valutare le condizioni di stabilità di alcuni blocchi rocciosi con la progettazione per la messa in sicurezza”.

Il movimento franoso sulla Chiesa

La frana si era staccata dalla parete lo scorso 6 dicembre, colpendo e danneggiando il tetto della chiesetta della Madonna della Neve ed un’auto parcheggiata poco distante, ma i frammenti di roccia (mica tanto piccoli) si erano sparsi nella zona circostante arrivando fino alla Provinciale per Sparone. 

Il geologo Daniele Chiuminatto, subito chiamato sul posto, aveva consegnato otto giorni più tardi una prima relazione, nella quale indicava gli interventi urgenti, effettuati i quali ha potuto studiare meglio la situazione, che non è rosea. Lo studio, pervenuto in Comune il 18 gennaio, è stato esaminato e quindi reso pubblico.

Leggendone l’estratto, risulta evidente anche ai non esperti che riaprire la strada in queste condizioni rappresenterebbe una grave imprudenza. Scrive Riva: “Si tratta di una misura temporanea, che però siamo costretti a mantenere fino a quando non ci saranno le condizioni di percorribilità in totale sicurezza. Entro pochi giorni Vi aggiorneremo sul prosieguo delle attività”.

Qualcosa di nuovo si è in effetti prospettato due giorni più tardi, quando in Regione si è tenuto un incontro tecnico. Vi hanno partecipato il sindaco, l’assessore alla Viabilità Giovanni Costanzo, il geometra Giuseppe Borgese, Chiuminatto ed il consigliere regionale Mauro Fava. Al termine Riva ha dichiarato: “Abbiamo condiviso con i referenti della Regione le modalità operative per le prime attività da eseguirsi in somma urgenza al fine di consentire la riapertura delle strada. La ditta esecutrice è stata individuata e si sta adoperando per approvvigionare il materiale. Verranno comunicate nei prossimi giorni le tempistiche dell’esecuzione del lavori”.

Ecco cosa dice il geologo

Cosa dice la relazione di Chiuminatto sullo stato delle cose? Che “nel settore di versante sovrastante la nicchia di crollo è stata rilevata la presenza di un enorme blocco (di volume stimabile in alcune decine di metri cubi) separato dal versante da un sistema di fessure che lo isolano lateralmente, mentre alla base sono probabilmente presenti dei ponti in roccia che sino al momento attuale ne hanno impedito il collasso”. Malgrado il linguaggio forzatamente tecnico, è facile intuire la sostanza del discorso.

Le transenne spostate per far passare le auto

Prosegue il geologo: “Ad est di tale grande blocco è presente in parete un diedro all’interno del quale è stato osservato un altro blocco roccioso, di dimensione plurimetrica, apparentemente incastrato e già osservato dalla ditta operante in parete durante altri lavori effettuati in passato nel settore di versante posto a monte della falesia di arrampicata”. Infine “Sono stati osservati numerosi muretti a secco e blocchi rocciosi in equilibrio precario o trattenuti dall’apparato radicale di piante ad alto fusto che in presenza di vento, ondeggiando, con il loro apparato radicale cresciuto nelle discontinuità contribuiscono all’apertura delle fessure nell’ammasso roccioso”.

Le soluzioni proposte da Chiuminatto

Quali interventi si rendono possibili  e necessari?  Vista la situazione, per il primo blocco sopra la nicchia di crollo, lo studio geologico ritiene necessario un “solerte intervento di messa in sicurezza ad esempio mediante chiodatura dywidag opportunamente dimensionata”.

Le chiodature DYWIDAG – si legge cercando delucidazioni – “sono dei tiranti passivi di ancoraggio nei terreni e nelle rocce. I tiranti possono essere <attivi> (la sollecitazione viene impressa nel momento in cui  vengono collegati all’opera ancorata) oppure <passivi> (la sollecitazione nasce come reazione ad una deformazione dell’opera ancorata). Nelle chiodature DYWIDAG il terreno è inchiodato in zone stabili poste in sicurezza rispetto alla superficie di scorrimento. I chiodi, che vanno installati a distanze ridotte tra loro, non agiscono singolarmente ma come insieme completo”. 

Sia per il blocco da cui ha avuto origine il distacco sia per quello più ad est, Chiuminatto afferma che sono necessari “ulteriori approfondimenti e verifiche, previa realizzazione di taglio e pulizia dalla vegetazione infestante che rende impossibile la verifica delle condizioni delle discontinuità in roccia”. Per quanto riguarda infine i muretti a secco e i “blocchi rocciosi in precario equilibrio” servirebbero “l’installazione di   di reti aderenti al versante e lo smontaggio dei manufatti in elevazione pericolanti”.

Gli interventi urgenti che ritiene necessari, oltre a quelli effettuati prima di Natale, sono innanzitutto il “decespugliamento e taglio della vegetazione infestante nel settore sovrastante quello nel quale si è già intervenuti, previa costruzione di barriera paramassi atta a proteggere la chiesa durante le fasi di cantiere”. La cappella è proprio lì sotto ed è “ragionevole attendersi che ciottoli e blocchi di dimensione decimetrica, al momento dello schianto della vegetazione in seguito al taglio, possano essere proiettati verso valle”.

A questo punto andrà valutata la stabilità dei due grandi blocchi rocciosi di cui si è detto e che sono troppo grandi per essere “disgaggiati” ovvero rimossi. Li si dovrà mettere in sicurezza “mediante progettazione e realizzazione di interventi verosimilmente di chiodatura dywidag e legatura in funi d’acciaio”.

La strada è chiusa ma c’è chi sposta le transenne

Sui rischi che si corrono sono concordi tecnici ed amministratori ma non tutti i profani, a  quanto si può constatare. In questo periodo di attesa, nel quale non si poteva fare nulla in attesa dello studio geologico, si è consolidata l’abitudine – se n’era già scritto e le foto scattate lunedì 23 gennaio a metà pomeriggio lo confermano - di spostare le transenne e metterle di lato, consentendo di passare da una parte all’altra della Provinciale sia a piedi che in auto. Non è un tratto lungo ed è comprendibile che chi deve percorrere quotidianamente quella strada si secchi di effettuare un tortuoso giro di qualche chilometro tanto più che, non essendo in corso lavori e non essendo certo possibile sorvegliare l’area a vista, il rischio di essere notati non è molto elevato. Il rischio di essere raggiunti da una gragnuola di sassi, quello esiste però. 

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