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Sanità
05 Gennaio 2023 - 00:08
Il direttore dell'Asl To 4 Stefano Scarpetta
Una premessa: il conto consuntivo del 2022 ancora non c’è. Quel che però c’è, appiccicato all’albo pretorio dell’Asl To4 oramai da più di un anno, è il bilancio di previsione 2022. Chiudeva con una perdita di 72 milioni e 820 mila euro, più qualche spicciolo.
Per la cronaca la perdita di bilancio sul consuntivo è iniziata a consolidarsi tra il 2017 e il 2018 passando da 3.229.876 euro a 18.895.742 ed è poi è diventata di 24 milioni nel 2019 e di altrettanti nel 2020.
Ce n’era abbastanza per convocare subito una conferenza dei sindaci, ma come si sa, il presidente è il primo cittadino di Ivrea Stefano Sertoli “cuor di leone” a cui non è passato mai per l’anticamera del cervello di organizzarla, non prima d’aver chiesto prima il permesso al governatore Alberto Cirio, all’assessore regionale Luigi Genesio Icardi, al consigliere regionale Andrea Cane, al direttore generale Stefano Scarpetta e fors’anche al deputato Giglio Vigna.
Nella relazione si diceva (udite udite) che tutte le colpe (s’intende della perdita) erano da imputare alla Regione Piemonte che in alcuni decreti aveva fissato (dal 2018 al 2020) una quota di rimborso per persona inferiore a quella “media” regionale. Per dirla in numeri, nel 2020, si faceva riferimento a 1.671,75 contro 1.630,10 erogati.
“Il maggior finanziamento che ne sarebbe conseguito - si leggeva e ancora si legge - sarebbe stato ragionevolmente compreso tra i 20 ed i 30 milioni di euro annui ed avrebbe consentito all’ASL TO4, non solo di presentare i rispettivi Bilanci Consuntivi con risultati ampiamente positivi, ma anche di poter programmare maggiori servizi sanitari per la propria popolazione, con sicura riduzione della mobilità passiva...”.
Altro appunto sull’emergenza Covid: “In sede di predisposizione del Conto Economico Previsionale 2022 si è partiti da una considerazione diversa rispetto a quella formulata per impostare il conto economico previsionale 2021. Allora era ancora viva la speranza, anzi la convinzione, negli operatori sanitari e presso la comunità scientifica, che, dopo alcuni mesi di emergenza, si sarebbe potuto ritornare ad una condizione sanitaria ed economica di “normalità”, non appena completata la somministrazione della prima dose del vaccino anti Covid. Ed erano stati previsti per l’anno 2021, cinque mesi di emergenza Covid e sette mesi di normalità. Ora, a fronte della così detta “quarta ondata”, con un velocissimo aumento dei contagi in atto proprio in questi giorni, malgrado le percentuali di popolazione vaccinata siano ormai molto elevate e si sia arrivati alla somministrazione della terza dose, si propende per il ritenere ormai il virus Covid e le conseguenze che ne derivano come un elemento strutturale e poco modificabile del nostro attuale e prossimo venturo periodo temporale...”.
Infine sui costi e sulle ormai croniche difficoltà di reperimento di alcune categorie di medici specialisti (in particolar modo per le specialità di medicina di urgenza/emergenza e pediatria su tutte, ove mancano le figure mediche)...
“Tali da determinare – per assicurare i livelli minimi di servizio richiesti - il ricorso all’acquisto di prestazioni erogate da cooperative/società di servizi, con costi certamente maggiori rispetto al personale dipendente e che vedono comunque incrementi rispetto a precedenti gare dell’ordine del 30%, dovuti sia ad incremento di tariffe che di fabbisogno...”.
Insomma: diminuisce il personale, mancano medici, Oss e infermieri eppure i costi continuano a rimanere alti.
Sarà perchè non si è fatto nulla, ma proprio nulla, per abbassare qualche spesa?
Partiamo dai canoni di locazione. Qualcuno riesce a spiegarci il senso di continuare a mantenere in vita la sede negli ex Artigianelli di via Aldisio, di proprietà dell’Istituto Canonico Cuniberti, vale a dire del Vescovo della Diocesi di Ivrea, che ci costa la bellezza di 140 mila euro all’anno?
Il contratto scaduto il 31 dicembre del 2017 è stato rinnovato al ribasso (prima il canone era di 252 mila euro…) fino al 2023. In via Aldisio trovano ancora spazio il Sert (servizio per le tossicodipendenze), un pezzo di “igiene degli alimenti” (ma non tutta), un ambulatorio per le vaccinazioni, un pezzo di veterinaria (ma non tutta), un pezzo di ufficio tecnico (ma non tutto), un po’ di informatici (ma non tutti), un po’ di ingegneria clinica (ma non tutto) e il centralino. Stando agli accordi a suo tempo sottoscritti con la Regione, quel che c’è qui lo si sarebbe dovuto trasferire nel nuovo poliambulatorio di via Gingzburg. Non solo non lo si è fatto ma a quanto pare non lo si farà almeno fino al 2029 dato che gli affitti prevedono sempre un rinnovo di sei più sei. Nel frattempo (altro che manutenzioni periodiche e costanti) si è però riusciti a mandare a “ramengo” l’ex Poliambulatorio di corso Costantino Nigra (che invece, toh guarda, è di proprietà dell’Asl To4) dove un tempo operava proprio il Sert spostato in via Aldisio e il centro di riabilitazione visiva. Quel che fa ridere è che l’immobile di via Costantino Nigra tutto sommato non necessiterebbe di particolari adeguamenti ma quello di via Aldisio sì. Manca infatti un accesso per i disabili, manca un ascensore e delle certificazioni antincendio e sulla sicurezza non se mai vista traccia.
E la chiudiamo qui, con la consapevolezza che solo i sindaci, se lo volessero, ma a quanto pare non lo vogliono, potrebbero obbligare un direttore generale ad un cambio di passo vero.
Come? Spulciando una delibera dietro l’altra, chiedendo lumi e pezze giustificative.
Facendo insomma quel che compete loro e che è scritto nero su bianco nel cosiddetto “Atto Unico” aziendale.
La cancelleria
Detto questo se c’è una cosa in cui alla Direzione generale di via Po a Chivasso fanno un’attenzione maniacale è l’acquisto del materiale di cancelleria.
La determina (LINK) per gli acquisti del prossimo biennio è stata firmata dal dirigente il 29 dicembre scorso e prevede per il 2023 una spesa di 52 mila e 320 euro e per il 2024 altri 50 mila 160 euro.
Qualcosa in più rispetto a quanto non si sia speso nel 2022 (49.102), nel 2021 (36.542) e nel 2020 (36.736).
Morale?
Nel 2023, si spenderanno 16 mila euro in più rispetto al 2020 e anche questo non si capisce, come possa essere considerando che parliamo di penne, di matite, di gomme di temperini, di carta, soprattutto quest’ultima che con la dematerializzazione sarebbe dovuto sparire da tutti i radar.
Il Policninico
Esiste nell’Asl To4 un rapporto che definire “morboso” è dire poco. E’ quello che lega la sezione “trasparenza” dell’Albo Pretorio alla Clinica Eporediese di proprietà del Policlinico di Monza. Di tanto in tanto c’è qualche delibera per assegnarle un po’ di quattrini. Una delle ultime faceva riferimento alla campagna vaccinale anti-Covid. Si leggeva che, a fronte di una “disponibilità manifestata con nota del 07.01.2022”, si era rinnovato il contratto scaduto il 31/12/2021, per 300 vaccinazione a settimana per tutto il 2022 “considerato il particolare periodo di recrudescenza della pandemia e delle indicazioni a vaccinare con la dose Booster da parte degli organi Regionali competenti”.
Il totale faceva 6,16 euro a vaccino che moltiplicato per il 300 di cui sopra e per il numero di settimane si avvicinava a 100 mila euro anno. E pazienza se la “recrudescenza era belle che finta ...”.
Tant’è! Prendere o lasciare.
Faceva sorridere che capitasse tutto questo proprio mentre si stavano praticamente smantellando i centri vaccinali organizzati sul territorio insieme alle Amministrazioni comunali.
Chiusi gli Hub di Alice Superiore, Caluso e Borgofranco, nel distretto di Ivrea erano rimasti aperti per qualche settimana in più solo quello di piazza Boves a Ivrea e di Bollengo.
La domanda è sempre la stessa, quale sanità pubblica vogliamo? E parlando della Clinica Eporediese, forse non tutti sanno (noi lo abbiamo già scritto altre volte) che l’Asl To4 le ha assegnato un budget di quasi 17,5 milioni di euro all’anno, a cui si aggiungono (giustificati dal Covid e dalla impellente necessità di far fronte alle liste di attesa e al personale che non c’è ) di tanto in tanto altri soldi per esami, diagnostici e visite, soprattutto oculistiche e tanti interventi di cataratta.
La verità è che la Clinica Eporediese, presso gli uffici della direzione dell’As to4 è sempre stata portata in spalle come la Madonna.
Un esempio?
L’annuncio in pompa magna e in piena pandemia (stava ancora governando il commissario Luigi Vercellino) degli 80 posti letto messi a disposizione dalla Clinica Eporediese per allettare i malati Covid di media intensità, con tanto di “baciamano” a giornali unificati al dottor Clemente Ponzetti, nel suo doppio ruolo di dipendente del Policlinico di Monza (direttore sanitario) e consulente dell’Asl To4, chiamato a coordinare gli Hot Spot e riorganizzare il SISP, nonchè a gestire l’attività di vaccinazione anti-Covid.
Nominare come consulente un dipendente del concorrente privato non è un pochetto strano?
Non è strano che l’ex direttore Lorenzo Ardissone, chiuso il rapporto con l’Asl To4 sia finito a lavorare anche lui per il Policlinico di Monza?
Di fronte a fatti come questi come si fa non pensare male?
Insomma, hanno un bel da dire - coloro che lo dicono - a sostenere che la sanità in Piemonte è pubblica. Al massimo è ibrida. E’ un puzzle. Oppure, ancora peggio, è letteralmente impazzita.... Come solo può esserlo un’organizzazione che, per un’operazione di cataratta obbliga i cittadini a pagare almeno una visita.
Il lavaggio del cervello è stato tale e tanto che peraltro a quei soldi nessuno ci fa più caso e tutti li considerano ben spesi. Primi loro, cioè i cittadini, a non rivolgersi al servizio pubblico, pensando sia meglio scegliere il medico da cui farsi curare.
Largo ai privati e ai medici che lavorano fuori dall’orario di lavoro per raddoppiare i propri guadagni.
E allora ben ci sta la risonanza magnetica all’ospedale di Ivrea con 1.600 prestazioni diagnostiche all’anno erogate con supporto di personale esterno.
Un benvenuto anche alla MLC Medical Line Consulting, che per la modifica cifra di 265.044 euro, consentirà di garantire un’attività ortopedica presso i Presidi Ospedalieri di Ivrea e di Cuorgnè “in quanto permane la difficoltà nel reperimento di personale medico strutturato per garantire il servizio di assistenza medica nell’ambito della attività in sala gessi...”.
Il tutto in perfetta sintonia con l’affidamento risalente al novembre dello scorso anno in “ragione di una comprovata necessità contingibile ed urgente” e “al fine di non interrompere l’erogazione di prestazioni sanitarie” alla CMP Global Medical Division, del servizio di assistenza medica al Pronto soccorso di Ciriè, dal 1° novembre al 28 febbraio del 2022, con possibilità di ulteriore proroga.
La sanità italiana era tra le migliori ma adesso è in crisi per colpa della politica che ha inserito il profitto. Gli ospedali sono diventate delle aziende.
Un problema, manco a dirlo, uguale e identico a quello capitato “fra capo e collo” nell’estate del 2021, quando si decise di “andare in soccorso di questo pronto soccorso” chiudendo quello di Cuorgnè e alcuni reparti all’ospedale di Chivasso. La spesa complessiva faceva gelare i polsi ed era pari a 360 mila euro con un costo orario dei medici pari a 125 euro all’ora.
Insomma non se ne esce, considerando che alla Medical line consulting nel febbraio 2022 era stato assegnato un appalto per la fornitura di medici in vari reparti dell’ospedale di Ivrea, compreso il Pronto soccorso, per 709mila euro.
Ancora soldi che si aggiungono a quelli messi a disposizione, in base agli accordi sottoscritto dalla Direzione Regionale della Sanità con le Associazioni rappresentative degli “Erogatori Sanitari Privati” per il recupero delle liste di attesa e delle prestazioni non erogate nei diversi periodi di lockdown: per l’ASL TO4 la bellezza di 831.875,00.
C’è chi dice che tutti questi milioni di euro per un bilancio dell’Asl To4 che si avvicina e supera i 950 milioni di euro (quasi un miliardo, sigh...) siano ben poca cosa... Può essere.! Epperò è bene anche aggiungere che esiste in Italia una evidente differenza tra le regole di funzionamento degli ospedali pubblici e quelle del “profitto” che regolano il “privato”
Lo aveva capito bene Gino Strada.
“La sanità italiana - disse - era tra le migliori ma adesso è in crisi per colpa della politica che ha inserito il profitto. Gli ospedali sono diventate delle aziende. Oggi il medico viene rimborsato a prestazione, che è una follia razionale, scientifica ed etica. Si mette il medico in condizioni di dover fare o di ambire a fare più prestazioni perché così guadagna e quindi si inventano nuovemalattie e cure, oppure si fanno interventi chirurgici inutili. L’obiettivo non è più la salute, ma il fatturato. Il profitto va abolito dalla sanità, perché abolendolo e rendendo una sanità gratuita a tutti coloro che sono sul territorio italiano, si avrebbero 30 miliardi di euro da investire ogni anno.”.
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