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Burzi morto suicida, l'ultima mail agli amici: "La mia protesta più forte, abbandono il campo in modo definitivo"

Burzi morto suicida, l'ultima mail agli amici: "La mia protesta più forte, abbandono il campo in modo definitivo"

Angelo Burzi

Angelo Burzi era “certo di essere totalmente innocente”.  Lo scrive ad alcuni amici poco prima di suicidarsi, la Notte di Natale. “La fine della storia” è l’oggetto della mail di cui ANSA ha preso visione, in cui ripercorre la vicenda Rimborsopoli e la condanna in appello per peculato a tre anni.

“Non sono più in grado di tollerare ulteriormente la sofferenza, l’ansia, l’angoscia che in questi anni ho generato oltre che a me stesso anche nelle persone che mi sono più care”, scrive l’ex consigliere e assessore regionale. “Esprimo la mia protesta più forte interrompendo il gioco, abbandonando il campo in modo definitivo”.

“Me ne vado in eccellente forma psichica, abbastanza traballante in quella fisica”, scrive Burzi, che all’inizio della mail parla di un “mal di schiena” e di alcuni esami “tutt’altro che positivi” e di “un prossimo futuro di approfondimenti, di interventi chirurgici e di terapie per nulla gradevoli”. Per il fondatore di Forza Italia in Piemonte, però, “c’è di peggio” e, sottolinea, “la giustizia è un esempio appunto del ‘ peggio’”.

L’ex consigliere e assessore regionale si dice “certo che questo mio gesto estremo sia l’unica strada da me ancora percorribile …la riduzione e la cessazione futura del danno”.

“Desidero infine che il mio abbandono non sia in alcun modo connesso con il Natale, è solo dovuto alla concomitante assenza fisica di mia moglie, il che lo rende oggi praticabile - aggiunge nella mail Burzi, che prima di spararsi alla tempia ha telefonato ai carabinieri perché non voleva che fosse la moglie a trovarlo - Spero però sia di esplicita condanna per coloro che ne sono stati concausa e di memoria per coloro che, leggendo queste poche righe, le potessero condividere”.

“Serve fare un non esaustivo elenco dei personaggi che maggiormente hanno contraddistinto in maniera negativa questo mia vicenda in quasi dieci anni. Dapprima i giudici del primo processo d’appello, i quali, con una sentenza che definire iniqua e politicamente violenta è molto poco, azzerarono la sentenza di primo grado che mi vide assolto per insussistenza del fatto dopo due anni di dibattimento in aula. Poi l’uomo nero, il vero cattivo della storia, il sostituto procuratore che dall’inizio perseguì la sua logica colpevolista, direi politicamente colpevolista”. Lo scrive Angelo Burzi nella mail inviata prima di suicidarsi. 

“Essendo persona preparata e colta non si arrese rispetto alle assoluzioni del primo grado, ma appellandosi a sua volta ottenne la condanna nel successivo appello”, aggiunge Burzi senza mai citare il nome del magistrato.

“Ancor più colpevole a mio avviso - scrive Burzi - perché, conoscendo in dettaglio i fatti che mi riguardano, insistette nelle sue tesi. Infine trionfò pochi giorni fa con l’esito del rinnovato appello determinato dalle decisioni della Cassazione. In questo caso con il contributo significativo del presidente e relatore della Corte, l’ultimo arrivato sulla scena, le cui motivazioni non sono ancora note, bisogna attendere i 90 gg dalla sentenza , ma è evidente che ci ha messo molto del suo, probabilmente aggiungendo le sue valutazioni di ordine etico morale, del tutto soggettive e prive sia di sostanza che di sostenibilità giuridica, alle richieste dell’accusa. Se la procedura glielo avesse consentito, credo le avrebbe ampliate”.

Tra le tante parole negative espresse nei confronti della giustizia, c’è spazio negli ultimi pensieri di Burzi anche per “non dimenticare il ruolo positivo della presidente Silva Bersano di Begey”, presidente della Prima sezione Penale morta lo scorso febbraio, “che svolse eccellentemente il suo non semplice ruolo durante il primo grado del processo, leggendo le carte disponibili, sentendo coloro che avevano titolo, distinguendo le spese per la loro inerenza al mandato dei consiglieri, condannando severamente i colpevoli ed assolvendo gli altri, fra i quali io stesso. Insomma facendo il giudice!”. La lunga mail si conclude con un ‘nota bene’: “chi fosse destinatario di queste parole sappia di essere autorizzato a farne l’uso che crede - scrive Burzi -. Ne posso rispondere solo io, che però non ci sarò più”.

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