“Mio nonno intuì il futuro dell’auto”. John Elkann, designato dall’Avvocato alla guida dell’impero di famiglia quando aveva solo 21 anni, ricorda la lungimiranza di Gianni Agnelli che venerdì 12 marzo avrebbe compiuto cento anni. “L’ultimo signore d’Italia” per il magazine Stern. Re d’Italia senza corona nell’immaginario collettivo. Icona di stile ed eleganza, tifoso appassionato della Juventus e della Ferrari, mecenate delle arti, senatore a vita. Laureato in legge non ha mai praticato l’attività forense, ma è stato l’Avvocato più famoso d’Italia. “Hanno fatto un’inchiesta: novantanove cittadini su cento sanno chi è il Papa, tutti conoscono Gianni”, racconta Enzo Biagi nel libro Il signor Fiat. Agnelli è l’uomo che piace alle donne e incanta i potenti, il simbolo di un’elite con la erre moscia e l’orologio sul polsino. Ricercato da cronisti e commentatori per le sue battute fulminanti e ironiche. Un profilo cosmopolita per le sue relazioni internazionali, ma anche profondamente italiano. Alla morte, il 24 gennaio 2003, lo salutano, commosse, migliaia di persone. Non ci saranno eventi per celebrare i cento anni dalla nascita perché il Covid non lo consente, ma la sua figura sarà ricordata su quotidiani, tv e social media. Il ministero dello Sviluppo Economico emetterà un francobollo commemorativo. Elkann ha scelto La Stampa per evocare la figura del nonno. “Intuì e disse prima degli altri che nel mondo dell’auto sarebbero rimasti sei o sette grandi player globali. Oggi, con Stellantis, siamo uno di questi player. È un traguardo importante, ma è un punto di partenza, non di arrivo”, spiega in un’intervista firmata da Massimo Giannini. Il calcio è stato per il nonno un grande amore: presidente della società bianconera dal 1947 al 1954, ha mantenuto la carica di presidente onorario ed è stato sempre vicino alla squadra. “Sarebbe stato fiero e felice – osserva Elkann – di vivere l’ultimo decennio: 9 scudetti consecutivi, quasi il doppio dei 5 che lui visse da bambino negli Anni ’30. Avrebbe sposato la scelta coraggiosa di mio cugino Andrea: dopo un decennio così ricco di grandi successi, puntare su un allenatore e una squadra giovane per costruire il futuro”. La biografia dell’Avvocato è una cosa sola con la storia d’Italia. L’Avvocato si chiama come il nonno Giovanni, senatore e fondatore della Fiat. Suo padre Edoardo, unico erede maschio, scompare nel 1935 per un incidente aereo quando Gianni è ancora un adolescente. Alla stanza dei bottoni arriva nel 1966 dopo gli anni della ‘dolce vita’, nel mondo del jet set internazionale, tra Costa Azzurra, Saint Moritz e New York. Il miracolo economico è finito, è un momento difficile contrassegnato dalle tensioni sociali, l’autunno caldo. Agnelli si contraddistingue per la sua capacità di mediare tra le parti sociali e, proprio il suo equilibrio, lo porta dal 1974 al 1976 alla presidenza della Confindustria. Poi la crisi e lo scontro sindacale della fine degli anni ’70, l’accordo con la Libia di Gheddafi, il terrorismo. Negli anni 80 il rilancio dell’azienda affiancato da Cesare Romiti a cui lascerà la presidenza. Ai successi di imprenditore si affiancano le tragedie private, il suicidio del figlio Edoardo e la morte prematura del nipote Giovannino. Nella sua biografia c’è una costante: la volontà di salvaguardare la principale attività industriale della Fiat, l’automobile, ereditata dal nonno. Lo dimostrano due progetti che non andranno in porto: l’accordo con la Ford nel 1985 e l’alleanza con General Motors nel marzo 2000. Quando Agnelli muore la crisi infuria e molti s’interrogano su quale sia il suo destino. Tanti scommettono sull’uscita del gruppo dall’auto. Oggi la nascita di Stellantis sembra allontanare tutti i dubbi.
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