Il Piemonte è da domenica zona gialla. La conferma è arrivata questa sera dal presidente Alberto Cirio. "Ho appena ricevuto la telefonata del ministro della Salute Speranza e, come avevo anticipato, confermo che da domenica 13 dicembre il Piemonte sarà in zona gialla - annuncia il governatore Alberto Cirio. "Si tratta di un risultato importante perché tante attività potranno ripartire - aggiunge -, ma dobbiamo continuare a tenere alta l'attenzione in tutti i nostri comportamenti. Non possiamo vanificare i tanti sacrifici fatti finora". L'annuncio della nuova colorazione, nel giorno in cui il numero totale dei positivi in Piemonte è sceso sotto quota 60 mila, come indicato dall'Unità di Crisi regionale, che registra anche un ulteriore calo dei ricoverati: -10 rispetto a ieri in terapia intensiva con un totale di 300, - 64 negli altri reparti, con un numero complessivo di 4.005. Le vittime sono 96, di cui 8 oggi. "L'Rt - osserva Cirio - è ora 0,68: continuiamo a registrare un rallentamento nel contagio. E' un passaggio importante ma non va confuso con una sorta di liberi tutti. Vediamo con favore che si ritorni a una pseudonormalità, richiamiamo però al rispetto delle norme restrittive che abbiamo adottato, come quelle sui centri commerciali che intendo rinnovare". Con l'ingresso in zona gialla, sarà di nuovo possibile spostarsi dal Comune di residenza, la grande distribuzione dovrà invece aspettare, continuando a mantenere le serrande abbassate nei fine settimana. Riaprono, fino alle 18, bar e ristoranti. Intanto la Regione lima il piano per le vaccinazioni contro il Covid-19, "sfida epocale - ha detto Cirio - che partirà il 21 gennaio dal personale sanitario e dalle Rsa". Il piano per la vaccinazione contro il Covid, che sarà approvato dalla Giunta regionale del Piemonte entro l'anno, è stato illustrato oggi in videoconferenza dal responsabile per l'area amministrativa e giudiziaria dell'Unità di Crisi, Antonio Rinaudo. Sul territorio regionale sono stati individuati 28 punti di stoccaggio delle dosi, che saranno attrezzati con frigoriferi in grado di raggiungere i -80 gradi richiesti dalla conservazione del vaccino Pfizer. La vaccinazione avverrà in due fasi: la prima riguarderà tutto il personale degli ospedali, più il personale e gli ospiti delle Rsa. Complessivamente sono 195 mila persone, anche se il dato viene continuamente aggiornato, per esempio con la recente aggiunta dei volontari. In questa fase serviranno 143 medici, 160 infermieri, 150 Oss, e 145 unità di personale amministrativo. Il vaccino non sarà obbligatorio, ma la Regione ha già coinvolto i sindacati per sensibilizzarli "allo scopo di evitare - ha sottolineato Rinaudo - di vanificare uno sforzo tanto imponente". Tra la prima e seconda somministrazione devono passare dai 19 ai 23 giorni, per cui per completare la vaccinazione sarà necessario un periodo non superiore ai sessanta giorni. Sulle fasi successive, che coinvolgeranno prima scuole, forze dell'ordine, soggetti fragili e over 60, poi il resto della popolazione, i tempi dipenderanno dalla disponibilità del vaccino, e la somministrazione non avverrà più negli ospedali ma in spazi esterni. A Torino si partirà con il Covid Hospital del Valentino, che sarà sanificato e riconvertito: lavorerà sette giorni su sette per 14 ore al giorno, vaccinando circa diecimila persone ogni 24 ore. "Ci saranno - ha spiegato il commissario dell'Unità di Crisi, Vincenzo Coccolo - una area di accettazione con 20 desk, una area di attesa con circa 80 posti a sedere, e cinque aree di somministrazione del vaccino in grado di accogliere fino a 60 postazioni. Ci saranno poi degli spazi appositamente attrezzati per gestire le reazioni avverse che si dovessero presentare". Il modello sarà poi replicato, anche su scala diversa, negli altri centri che saranno individuati in tutto il Piemonte.
In tutta Italia l'Rt scende a 0.82. In calo le terapie intensive. Ieri 761 decessi
Continua a scendere il valore dell'indice di trasmissibilità Rt, che ha toccato lo 0,82 a livello nazionale, così come si conferma il trend di diminuzione della pressione sulle terapie intensive ed i reparti ospedalieri. Tutti segnali che confermano l'efficacia delle misure di restrizione adottate finora per frenare l'epidemia da Covid-19, ma che ancora non consentono di aprire all'ottimismo: l'incidenza dei nuovi casi, sia pure anch'essa in calo, resta infatti ancora molto elevata e la curva relativa ai decessi evidenzia una discesa particolarmente lenta, con ancora 761 morti registrati nelle ultime 24 ore. La fotografia dell'epidemia in Italia che emerge dall'ultimo monitoraggio settimanale del ministero della Salute-Istituto superiore di sanità evidenzia come l'allerta nel Paese resti alta, invitando a non allentare le misure ed i comportamenti prematuramente. Infatti, sebbene si osservi una diminuzione significativa dell'incidenza dei casi a livello nazionale negli ultimi 14 giorni (454,70 per 100.000 abitanti nel periodo 30/11/2020-06/12/2020 contro 590.65 per 100,000 abitanti nel periodo 23/11/2020-29/11/202), il valore è ancora molto elevato. L'incidenza rimane cioè ancora "troppo elevata per permettere una gestione sostenibile", si afferma nel monitoraggio. Secondo le valutazioni della cabina di regia, dunque, attualmente 5 Regioni sono classificate ancora a rischio Alto (Puglia, Sardegna, Veneto, ER, Pa Trento), 14 Moderato e 2 Basso. Inoltre, in 16 Regioni risulta ancora alto l'impatto sui servizi sanitari per sovraccarico delle terapie intensive, dell'area medica e per numero di focolai. Un quadro che trova riscontro anche nei dati giornalieri, che registrano 18.727 positivi ai test per il coronavirus nelle ultime 24 ore (contro i 16.999, di ieri ma con un numero inferiore di tamponi) e 761 vittime (ieri sono state 887). In totale in casi in Italia sono arrivati a quota 1.805.873, le vittime sono 63.387. I tamponi effettuati per il coronavirus nelle ultime 24 ore sono 190.416, quasi 20 mila in più in rispetto a ieri, ed il tasso di positività è del 9,8% (stabile rispetto a ieri, quando era stato del 9,9%). Su fronte dell'occupazione dei posti letto ospedalieri, sono 3.265 i pazienti in terapia intensiva per il Covid-19 con un saldo negativo tra ingressi e uscite di 26 unità nelle ultime 24 ore. Gli ingressi giornalieri in rianimazione sono stati 208. Nei reparti ordinari ci sono invece ricoverate 28.562 persone, in calo di 526 unità rispetto a ieri. Complessivamente, gli attualmente positivi sono 690.323 (-6.204), i guariti e i dimessi 1.052.163 (+24.169), in isolamento domiciliare si trovano ora 658.496 persone (-5.652). La notizia positiva, sottolinea Giuseppe Arbia, professore di Statistica economica all'Università Cattolica Sacro Cuore di Roma, "è che si conferma il trend in calo per numero di contagi, tasso di positività e occupazione delle terapie intensive. Quella negativa, invece, è che la curva dei decessi sta calando molto lentamente". Questo perchè, spiega, "dopo la fase di aumento ed il raggiungimento del picco, c'è una fase di stallo o plateau in cui i valori permangono alti per un certo periodo. Dobbiamo quindi attenderci qualche altro giorno con un numero variabile ma sempre alto di decessi prima di iniziare a registrare una diminuzione marcata". A fronte di questo quadro, ha commento l'esperto, "non credo sia dunque opportuno parlare di un allentamento delle misure, non mi sembra una buona strategia; inoltre, una volta prese delle misure queste vanno mantenute altrimenti non è un bel segnale". Invita all'estrema cautela anche Stefano Vella, direttore Salute globale all'Università Cattolica: "Contagi e morti, al momento - ha affermato a Rainews 24 - fanno registrare in realtà valori più o meno stabili", senza un calo marcato. Ma questo, conclude, "non è un segnale incoraggiante, bensì molto preoccupante".
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