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Wall Street Journal e Financial Times su accordo Chrysler

Wall Street Journal e Financial Times su accordo Chrysler

Sergio Marchionne

L'accordo che consegna Chrysler integralmente nelle mani di Fiat, con la probabile quotazione a New York entro l'anno, sottolinea "l'emergere di un gruppo che gravita negli Usa" e, come sottolineato dal balzo del 16% ieri in borsa, allontana le ipotesi di aumenti di capitale. Ma solo per il momento. Lo scrive il Financial Times ripercorrendo l'accordo chiuso dall'amministratore delegato Sergio Marchionne in un hotel di Vero Beach, in Florida che "rimuove un grosso ostacolo dalla strada di Fiat-Chrysler". Per il Ft, tuttavia, resta il nodo del debito delle due case automobilistiche messe insieme, in termini netti 14,2 miliardi, quasi quattro volte l'utile operativo atteso per il 2013, cui vanno aggiunti nove miliardi di passività previdenziali di Chrysler. Secondo il Financial Times, la conseguenza è che un aumento di capitale "è stato evitato, per adesso. Ma resta una probabilità di medio termine per Fiat-Chrysler". Fonti bancarie riferiscono al quotidiano inglese che Marchionne starebbe pensando all'emissione di bond convertibili per meno di 1,5 miliardi di euro.  

Il Wall Street Journal: "Marchionne deve trasformare due case automobilistiche deboli in un forte player globale"

L'accordo per l'acquisizione integrale di Chrysler chiuso da Sergio Marchionne è una "vittoria decisiva" per l'amministratore delegato di Fiat nell'evitare una quotazione della casa americana. Ma la vera sfida inizia adesso che Marchionne deve "trasformare due case automobilistiche deboli in un singolo forte player globale". Lo scrive il Wall Street Journal, notando il lavoro significativo in termini di integrazione, presenza su scala globale e investimenti che aspetta il settimo gruppo auto mondiale. "Finora - scrive il Wsj - gli sforzi di vendere il modelli europei di Fiat negli Usa e le berline e Jeep di Chrysler in Europa hanno prodotto risultati deludenti", scrive il giornale. "La Dodge Dart, disegnata da Fiat, è stata un fallimento di vendite, e le Fiat 500 giacciono ammassate nei parcheggi dei rivenditori". In definitiva, secondo il Wsj, Fiat e Chrysler restano "due compagnie regionali relativamente piccole troppo dipendenti da solo tre mercati, Usa, Italia e Brasile".  

Fresco: "Alleanza in Usa era il sogno di Gianni Agnelli"

''Un'alleanza negli Stati Uniti era il sogno di Gianni Agnelli. Mi devo complimentare con Marchionne per l'ottimo accordo che lo ha portato al 100% di Chrysler. Possiamo dire che abbiamo giocato la partita in due tempi. Nel primo tempo ho segnato io, nel secondo ha fatto gol lui''. Lo afferma Paolo Fresco, ex presidente della Fiat, in un'intervista a Repubblica. ''Per Gianni Agnelli, così come per il fondatore della Fiat, suo nonno, l'America è sempre stata un punto di riferimento. L'idea - racconta Fresco - nacque alla fine degli anni Novanta quando ci si rese conto che la Fiat aveva bisogno di un partner per sopravvivere. Quando arrivai alla guida del gruppo mi sono accorto immediatamente che per acquisire una dimensione globale avremmo dovuto trovare un'alleanza''. Prima del matrimonio con Gm ''avevamo valutato l'ipotesi di quello che allora era il gruppo Daimler-Chrysler. Era un gruppo che si integrava bene sul piano della gamma dei prodotti, ma i tedeschi erano stati chiari: avrebbero realizzato l'alleanza se i ruoli strategici fossero finiti in mano ai loro manager'', prosegue Fresco. ''Noi in Italia avremmo mantenuto la produzione, non il management''. Sulla sede di Fiat-Chrysler, ''più di dove sarà il quartier generale conta la sede degli azionisti - dice Fresco - ed Elkann è molto legato all'Italia''.
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