François ha due anni. I suoi genitori naturali sono morti in uno dei tanti conflitti che insanguinano l'Africa. Si chiamerà Minocchi, se la pratica di adozione internazionale andrà in porto, ma per il momento il suo futuro è un punto interrogativo. E' bloccato a Kinshasa insieme alla famiglia che vorrebbe prendersi cura di lui, Michela Gentili e Andrea Minocchi, una coppia di Macerata che insieme ad altre 23 famiglie italiane si trova da due mesi nella capitale della Repubblica Democratica del Congo, nelle ultime ore teatro anche di un mezzo colpo di Stato. "Oggi - ha fatto in tempo a dire Michela alla madre prima che il suo telefonino risultasse irraggiungibile - ci hanno comunicato che le adozioni sono chiuse almeno fino a settembre-ottobre 2014. Fate qualcosa, aiutateci a tornare con i bambini...". E' la sorella della donna, Francesca, a descrivere all'ANSA l'angoscia di questa famiglia, 'intrappolata' in una vicenda burocratico-diplomatica più grande di quanto potesse immaginare quando è volata a prendere il bambino. "Mia sorella e il marito - racconta Francesca - sono bloccati in una struttura religiosa, le altre 23 coppie in attesa di adozione ciascuna in un posto diverso fra alberghi e residence, tutti o quasi con i visti oramai scaduti. Ieri notte e stamani hanno sentito gli spari del conflitto fra ribelli e forze governative, l'Unità di crisi della Farnesina ha consigliato di non uscire di casa, ma noi siamo molto, molto preoccupati. Sono ore che provo a mettermi in contatto con Michela via cellulare, ma non ci riesco". In serata arrivano le rassicurazioni della presidenza del Consiglio: il primo ministro congolese ha confermato l'impegno a velocizzare il riesame delle adozioni internazionali (alcune delle quali presentavano irregolarità) a partire proprio dai casi italiani, ma Francesca non vuole farsi illusioni. "Mio cognato e mia sorella erano fra le dieci coppie con tutti i documenti in regola e, in teoria, François sarebbe già un figlio adottivo. Invece dovrà tornare in qualche orfanotrofio e aspettare ancora chissà quanto, se Michela e Andrea decideranno di tornare in Italia". Una scelta probabilmente obbligata, anche per motivi economici: "Mia sorella non lavora, e Andrea è commesso in una rivendita di ricambi per auto. E' stato molto fortunato, il suo principale lo ha aiutato in tutti i modi, c'é stata anche una raccolta di fondi fra colleghi e clienti del negozio, ma prima o poi dovrà riprendere il suo posto". Ed è un bene che François sia ancora abbastanza piccolo da non essere del tutto consapevole di quanto gli accade attorno: "In attesa ci sono bambini di sei, sette anni. Non vedevano l'ora di partire, come fanno i genitori a spiegargli che devono restare a Kinshasa?". In ansia per la sorte dei figli e di quel nipote che doveva arrivare da tanto lontano anche i 'nonni' di François, di 82 e 70 anni, troppo anziani per sentirsi sufficientemente rassicurati da una voce al telefono o da una foto postata su Facebook.
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