"Che gli studenti scendano in piazza non mi meraviglia. Mi dispiace però che accanto a loro non protestino anche i genitori: dovrebbero farlo soprattutto quelli che non hanno i soldi per fare studiare i figli". A dirlo all'ANSA è Domenico De Masi, sociologo, professore emerito di Sociologia del Lavoro all'Università la Sapienza di Roma dove è stato preside della facoltà di Scienze della Comunicazione. "Ci sarebbe da meravigliarsi - osserva - se i giovani non manifestassero. La situazione della scuola e dell'università è quasi ridicola: il nostro Paese ha solo il 23 per cento dei laureati, una percentuale da terzo mondo rispetto ai numeri europei o alla California che, per fare un esempio, ha tre volte i nostri laureati. Inoltre solo il 40% degli studenti che hanno conseguito il diploma delle scuole superiori passa all'università e questo anche perchè numero delle borse di studio è ridicolo". Di coloro che iniziano il percorso universitario, solo il 22% conseguiranno la laurea triennale e 18% la quinquennale. "Nonostante abbiamo un numero di studenti universitari ridotto - prosegue il docente - abbiamo in molte facoltà il numero chiuso, laddove al contrario bisognava introdurre incentivi: ogni anno le disponibilità di posti sono troppo poche. L'anno scorso alla Federico II di Napoli è stato inaugurato un corso in lingua inglese di Medicina, si sono presentati 6 mila candidati ma i posti disponibili erano solo 500; dunque le aspettative di 5500 giovani sono rimaste frustrate". E De Masi sforna altre cifre ancora: negli ultimi 7 anni il numero dei professori negli atenei è stato ridotto del 20% "e abbiamo una scuola ritenuta l'ultima ruota del carro. L'istruzione è sottostimata a tutti i livelli; si moltiplicano ministri e sottosegretari senza laurea. La situazione è tale che ci sarebbe da rivoltarsi". "Tutto il paese ha deciso di essere ignorante. Il Governo Gentiloni è stato quello col più basso numero di laureati in tutta la storia d'Italia e questo è quello che viene subito dopo in questa speciale classifica". Per De Masi servirebbe una consapevolezza diversa dell'importanza dell'istruzione in Italia.
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