"Tu che gli urli 'dovete morire' vedi, ogni volta che si allaccia gli anfibi e si chiude il cinturone, ho davvero paura che qualcuno lo faccia morire. Forse tu non sai cosa vuol dire". Inizia così la lettera aperta che la figlia di un carabiniere ha scritto a Lavinia Flavia Cassaro, la maestra che a Torino ha insultato pesantemente le forze dell'ordine che fronteggiavano il corteo degli antagonisti intenzionato a bloccare un'iniziativa di Casapound. A diffondere la lettera è stato il Cocer, l'organismo di rappresentanza sindacale dei Carabinieri, che ha deciso di rendere pubblico lo scritto definendolo una "grande lezione di educazione civica". Le parole della maestra, sottolineano ancora i rappresentanti sindacali dell'Arma, sono "ingiustificabili sproloqui" e, soprattutto, rappresentano una "voce isolata che non va a scalfire il grande lavoro ed il prestigio delle istituzioni scolastiche". "Tu non sai cosa vuol dire vivere di turni, vivere di imprevisti, di compleanni in cui nelle foto ci sono tutti tranne lui - scrive ancora la figlia del militare - Dal pranzo di Natale che diventa freddo a forza di aspettarlo. Del cuscino vuoto accanto a mia madre. Del freddo, del sonno, del sangue sulla strada, degli insulti della gente che come te ogni giorno rivolge a chi indossa una divisa". Nella lettera la donna chiama Cassaro "cara professoressa" e le chiede se ha mai pensato che, mentre augurava la morte a quegli uomini che erano in piazza, a casa c'erano mogli e figli che aspettavano di veder tornare i loro mariti e i loro padri. E chiede se ha mai "accarezzato" una divisa: "sai che non è cotone morbido, non è il lusso che tutti credono che lo Stato regali a quegli uomini e a quelle donne". Poliziotti, carabinieri, finanzieri che "non sono dei mostri come li dipingete, ma persone. - si legge ancora nella lettera - Le stesse persone che chiamate a tutte le ore se avete bisogno d'aiuto e loro, anche se voi gli augurate la morte, vengono ad aiutarvi: perché hanno giurato di esserci". "C'è chi della divisa fa un abuso, come ovunque c'è la mela marcia e sono concorde nel punirla adeguatamente secondo le leggi. Ma non per questo bisogna augurare del male a tutti coloro che indossano una divisa. Perché io - conclude la donna - nonostante tutto non auguro del male a nessuno e mai lo farò, perché mi hanno insegnato il rispetto della vita. Così cara prof, ora vai e guarda negli occhi tuo padre o tuo marito/compagno/fidanzato che sia, guardali negli occhi e cerca solo di immaginare cosa si possa provare: a sapere che tanta gente come te augura la morte a quegli uomini che per noi sono la vita"
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