Gli omicidi di donne rappresentano ad oggi un terzo degli omicidi dolosi complessivamente commessi in Italia: numeri "inaccettabilmente alti" per una società come la nostra. Lo denuncia arriva dal comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette secondo il quale, però, "è difficile" credere che la soluzione possa essere un ulteriore inasprimento delle pene. "E' un problema culturale e sociale". Il generale, sentito in audizione al Senato dalla Commissione d'inchiesta sul femminicidio, ha spiegato che nell'ultimo quinquennio c'è stata una "tendenziale stabilità" del fenomeno, con "lievi modifiche in riduzione o in aumento da un anno all'atro. Nel 2013 si sono infatti verificati 479 omicidi dolosi, scesi a 466 nel 2014, a 450 nel 2015 e a 424 nel 2016. Di queste vittime, un terzo erano donne: 172 nel nel 2013 (il 36%), 146 nel 2014 (il 32%), 135 nel 2015 (il 30%) e, di nuovo, 154 nel 2016 (il 32%). Una tendenza confermata anche nei primi sei mesi del 2017, visto che sono già 73 le donne uccise. Numeri, appunto "inaccettabili" ribadisce Del Sette, tenendo ben presente che i femminicidi sono la parte emersa di un fenomeno "sommerso", quello dei maltrattamenti, "che difficilmente viene denunciato". E considerando come sia "evidente" che le forze di polizia "non possono organizzare una vigilanza h24" attorno a ogni abitazione. Quasi la metà degli omicidi avviene in ambito familiare e viene commesso, nel 33% dei casi, con un'arma da taglio. Alla base del gesto c'è molto spesso una relazione finita male, ma una "percentuale significativa - sottolinea Del Sette - rimanda a difficoltà economiche o a problemi sanitari. Difficoltà ritenute insormontabili". A morire sono soprattutto donne con un'età media di 50 anni, soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna e Campania. Se invece si guarda il rapporto tra popolazione femminile residente e numero di omicidi, le regioni con la più alta percentuale sono l'Umbria e la Campania. Numeri importanti, dunque, che non si abbattono però con un ulteriore intervento legislativo. La legge attuale, spiega infatti il comandante generale dei Carabinieri, ha "rafforzato" gli strumenti a disposizione delle forze di polizia, dall'ammonimento del questore fino all'allontanamento d'urgenza dall'abitazione della famiglia. "La norma è adeguata ed è difficile ritenere che con l'inasprimento delle pene si possa ottenere un altro effetto deterrente". Quello che serve è un cambiamento "di natura culturale e sociale" e per farlo "è indispensabile promuovere nella scuola e nella società civile una concezione della donna che ne rispetti dignità e ruolo". Quel che invece si può e si deve fare, è "approfondire ogni possibilità" per potenziare l'intervento dei servizi sociali e assistenziali, in modo da proteggere più possibile le vittime. Anche perché, conclude Del Sette, queste persone "molte volte o non sono in grado di comprendere la propria vulnerabilità o, in caso di problemi economici o sanitari, non vogliono attivare il sistema giudiziario".
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