Il gip del tribunale di Aosta Davide Paladino ha archiviato, su richiesta della procura, il fascicolo per omicidio colposo a carico di Nicola Viotti, 42 anni, guida alpina di Alagna Valsesia (Vercelli). Era stato indagato dopo che, il 20 aprile 2016, una valanga aveva travolto e ucciso due scialpinisti piemontesi, suoi amici, sotto la vetta del Rutor, nell'alta Valgrisenche: Franco Giuliano, morto a 67 anni, di Mezzenile (Torino) e Pietro Gilodi (59) di Cellio (Vercelli). Per il pm e per il giudice Viotti, assistito dall'avvocato Federico Parini del foro di Aosta, non aveva assunto alcuna posizione di garanzia nei loro confronti, quindi non c'era un rapporto guida-clienti. Le due vittime erano molto conosciute nell'ambiente montano piemontese: Franco Giuliano gestiva con il figlio il bivacco sopra i Laghi Verdi, nelle Valli di Lanzo; Pietro Gilodi era istruttore Cai di alpinismo ed era stato gestore di diversi rifugi della Valsesia, tra cui il rifugio Gnifetti e la Capanna Margherita. La richiesta di archiviazione era stata avanzata nel dicembre 2016 dal pm, ora sospeso, Pasquale Longarini. Il gruppo di quattro amici era partito alle 8 da Bonne, frazione di Valgrisenche; la slavina si staccò alle 11.30, da una quota di 3.460 metri. Quel giorno il pericolo valanghe era pari a 3-marcato. "Stavamo risalendo con i ramponi l'ultimo tratto verso la vetta dopo aver lasciato gli sci. Io ero il primo, la guida Nicola Viotti era l'ultimo. Procedevamo a 10-15 metri di distanza l'uno dall'altro. Ad un certo punto il pendio sopra e sotto di noi si è staccato. Ho iniziato a girare travolto dalla valanga per circa 100 metri. Poi mi sono fermato e ne sono uscito illeso", aveva raccontato Edoardo Bozio, 34 anni, residente a Coggiola (Biella), scampato alla slavina. "Uscito dalla neve ho subito iniziato le ricerche con l'Arva assieme a Nicola - aveva proseguito Bozio - ma non abbiamo trovato nessun segnale. Abbiamo quindi capito che la valanga aveva trascinato i nostri compagni oltre un salto di roccia. Siamo scesi da un canale di neve e abbiamo visto prima il corpo di Pietro e, circa 50 metri più in basso, quello di Franco. In quel momento è arrivato l'elicottero". In base a quanto ricostruito dall'ufficio neve e valanghe della Regione Valle d'Aosta, la slavina aveva travolto solo tre dei quattro amici: il quarto scialpinista, che aveva avuto dei problemi con le pelli di foca ed era rimasto indietro, si era fermato prima del ripido pendio finale, dove stava sostando anche una coppia di piemontesi. I tre, protetti da alcune rocce, non erano stati travolti dalla valanga. I due morti, invece, erano "stati trascinati per un lungo tratto, finendo anche contro alle barre rocciose fino al pendio sottostante a circa 2.800 metri".
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