"Un momento di grazia, un'opportunità". Per la prima volta il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei vescovi italiani, tocca un tema chiave del cantiere di riforme aperto da papa Francesco, il 'vescovo di Roma': la revisione dello Statuto della Cei, con un futuro, non si sa quanto prossimo, in cui il presidente dovrebbe essere eletto dai vescovi, e non più nominato dal Pontefice, come invece accade in Italia, unica conferenza episcopale al mondo. Ad Ancona per inaugurare il secondo Convegno ecclesiale regionale delle Marche, Bagnasco non si sottrae alle domande dei giornalisti su un argomento che lo riguarda direttamente (il suo mandato scadrà nel 2017): "Il Santo Padre - afferma - ci ha fatto avviare questo percorso di riflessione sul nostro Statuto, dopo tantissimi anni, e questo è un momento di grazia, di opportunità, perché come Episcopato stiamo ragionando nelle diverse regioni, per adesso, come prima fase, sul nostro Statuto e tutte le sue implicazioni. E' un momento di riflessione di maggiore consapevolezza, di grazia, vedremo il futuro". Altro argomento 'caldo', con coda di polemiche, la scelta di non inserire online il questionario ai fedeli in vista del Sinodo sulla famiglia. "Dipende dalle indicazioni del Segretariato generale per il Sinodo, quindi non dalle Conferenze episcopali", risponde il cardinale sul punto: "il questionario, secondo le indicazioni della Segreteria del Sinodo, è in mano ai vescovi e ai parroci, ai sacerdoti che devono farne come è stato indicato oggetto di riflessione il più possibile capillare. I tempi sono strettissimi: agli inizi di gennaio bisogna avere i risultati e fare una sintesi da poter mandare alla Segreteria del Sinodo entro la fine di gennaio". Ma nella sua visita marchigiana, dove è stato arcivescovo (a Pesaro) per "quasi sei anni", dal 1998 al 2003, Bagnasco si sofferma soprattutto su cosa la Chiesa nelle sue varie articolazioni sta facendo per contrastare la crisi economica, che, sottolinea, è "soprattutto crisi politica, culturale, spirituale e dunque etica". Sullo sciopero dei trasporti che paralizza Genova, la città di cui oggi è presule, Bagnasco esprime "grande preoccupazione". Serve "una fattiva riflessione da parte dei responsabili, sia locali che nazionali, perché il lavoro di tantissime famiglie non vada in fumo, perché sappiamo che senza lavoro non c'è dignità". Ovunque "la Chiesa, le associazioni, i gruppi, hanno triplicato in questi anni" i loro interventi, e la "porta delle parrocchie è aperta a tutti". Ma è il Paese nel suo complesso, la società tutta intera, che devono recuperare orientamento e speranze. "L'uomo moderno è stordito da mille voci - osserva Bagnasco, citando a più riprese papa Bergoglio - che gli gridano che ciò che conta è il successo e il denaro, il piacere e il potere; che non esiste bene e male perché ognuno è legge a se stesso e che la società è dei forti e dei furbi". Un'Italia "sommersa e silenziosa", che vive "il senso della famiglia, l'attaccamento al lavoro, il gusto dei rapporti solidali, e che mantiene il senso del bene e della giustizia" esiste. Non è però "un patrimonio per sempre", bisogna "difenderlo e radicarlo".
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