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12 Dicembre 2016 - 18:23
E' stata una "colpa imponente" quella commessa dall'ex ad della Thyssen Harald Espenhahn che insieme ad altri cinque manager del gruppo siderurgico ha provocato, per la totale e consapevole mancanza di adeguate misure di sicurezza, il rogo dello stabilimento di Torino nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007 in seguito al quale morirono sette operai. Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni depositate oggi del verdetto emesso lo scorso 13 maggio di conferma delle pene lievemente ridotte nell'appello bis.
Ad avviso della Suprema Corte, quella dell'ex ad e degli altri dirigenti, è una "colpa imponente" tanto "per la consapevolezza che gli imputati avevano maturato del tragico evento prima che poi ebbe a realizzarsi, sia per la pluralità e per la reiterazione delle condotte antidoverose riferite a ciascuno di essi che, sinergicamente, avevano confluito nel determinare all'interno" dello stabilimento di Torino "una situazione di attuale e latente pericolo per la vita e per la integrità fisica dei lavoratori".
I supremi giudici affermano inoltre che quella commessa è stata una "colpa imponente" anche per "la imponente serie di inosservanze a specifiche disposizioni infortunistiche di carattere primario e secondario, non ultima la disposizione del piano di sicurezza che impegnava gli stessi lavoratori in prima battuta a fronteggiare gli inneschi di incendio, dotati di mezzi di spegnimento a breve gittata, ritenuti inadeguati e a evitare di rivolgersi a presidi esterni di pubblico intervento".
Con argomenti di "assoluta condivisione", i giudici dell'appello bis muovendosi nel solco delle indicazioni della Cassazione, hanno individuato nell'ex ad di Thyssen, Harald Espenhahn, "il massimo autore delle violazioni antinfortunistiche che hanno causato gli eventi di incendio e morte" mettendo inoltre in evidenza il fatto che "intorno a lui si muovono gli altri imputati che all'interno della complessa organizzazione aziendale si cooperano, interagiscono con la figura di vertice, aderiscono alle scelte strategiche, le supportano con le loro competenze tecniche e nell'esercizio dei poteri gestionali". Lo scrive la Cassazione nel secondo e definitivo verdetto sul rogo della Thyssen.
Se l'ex Ad è "il massimo responsabile delle scelte strategiche" sulla gestione dello stabilimento di Torino che nel 2007 era in via di dismissione e non venne fatto alcun investimento in sicurezza nonostante i numerosi motivi di allarme, gli altri manager sono anche loro colpevoli di omicidio colposo plurimo quali "informati e adesivi di tali scelte".
"La colpa in capo al direttore dello stabilimento di Torino, Raffaele Salerno, e al responsabile della prevenzione e della protezione del lavoro, Cosimo Cafueri, si era manifestata ai massimo livelli ipotizzabili, avendo gli stessi avuto diretta percezione e consapevolezza sul campo, a fronte delle plurime segnalazioni ricevute dalle squadre antincendio, dalle problematiche connesse alle garanzie assicurative, alla mobilità dei lavoratori, alla condizione di degrado dello stabilimento, dal progressivo peggioramento delle condizioni di sicurezza". Lo sottolinea la Cassazione nel verdetto sul rogo Thyssen rilevando che nonostante ciò erano stati approvati "documenti per la valutazione del rischio dal contenuto ampiamente riduttivo se non dissimulatorio".
Con una "prospettiva autarchica e autogestionale del rischio di incendio, mobilitando le squadre di emergenza soltanto in seconda battuta, investendo di responsabilità i capiturno addetti alla produzione e praticamente limitando a ipotesi eccezionali l'intervento dei Vigili del Fuoco".
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