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18 Ottobre 2016 - 14:37
Tredici furti in farmacie ospedaliere, più altri sette in strutture diverse nel corso del 2014, per un danno di oltre 2 milioni. Li contestano i carabinieri di Ferrara ai componenti della banda sgominata con 18 misure cautelari: per 16 persone è stato disposto il carcere, per una i domiciliari e per un'altra l'obbligo di firma. Due sono ancora ricercati. A molti indagati è contestata l'associazione a delinquere con l'aggravante di aver agito per agevolare un'associazione di tipo camorristico. Nell'indagine coordinata dalla Dda si ipotizzano infatti legami di natura economica con clan del napoletano.
Il Procuratore di Bologna Giuseppe Amato ha sottolineato l'importanza di un'operazione che ha contrastato "un fenomeno odioso", da un lato perché i farmaci in questione sono costosi e "ogni singolo furto ha provocato un danno alle casse pubbliche di centinaia di migliaia di euro". Dall'altro perché sottrarli "faceva sì che malati di tumore non potessero essere sottoposti alle cure".
Il valore commerciale dei farmaci e dei beni recuperati è prossimo, per difetto, ai 2,7 milioni.
E' contestato anche il commercio di medicinali guasti, perché ad esempio gli antitumorali necessitavano di particolare attenzioni nella conservazione.
L'indagine dei militari, coordinata dal Pm Enrico Cieri, è partita da due 'colpi' denunciati a marzo 2014 nella farmacia ospedaliera di Cento e a Lagosanto, nel Ferrarese, e ha permesso prima di identificarne gli autori e poi di scoprire un'organizzazione strutturata e ramificata, con un vertice in Campania, che operava in modo oliato.
C'era una 'batteria' (composta dalla persone finite agli arresti, per lo più campane) che si occupava dei furti dei farmaci, guidata Vincenzo e Pasquale Alfano, e composta da Ciro Chiavarone, Mario Omaggio, Franco Naddeo, Marco Reina, Salvatore Prospero oltre che da altri indagati, non colpiti dall'ordinanza, che partecipavano saltuariamente alle azioni.
Accusato di dare supporto logistico al gruppo nel Nord Italia, Giacomo La Vela: trovava e sceglieva gli obiettivi con sopralluoghi e ricognizioni funzionali. Salvatore De Simone, invece, sarebbe stato il corriere dei medicinali sull'asse Napoli-Genova, oltre che il fornitore delle strutture per lo stoccaggio.
Il 'manager' della struttura, trait d'union tra ladri specializzati e professionisti del settore farmaceutico, è stato identificato dagli investigatori in Eduardo Lambiase. Dopo aver scelto la tipologia di farmaci da rubare e dopo aver creato società all'estero, curava i rapporti con Settimio e Antonio Caprini, padre e figlio, titolari di licenza di esportazione e che acquistavano 'sulla carta' dalle società di Lambiase, in particolare dell'Europa dell'Est, i medicinali, per poi materialmente inviarli ancora all'estero, in particolare nell'Europa del Nord. I farmaci rubati in Italia erano così 'ripuliti' e avevano una nuova legittimazione per essere messi sul mercato.
Questa tecnica era messa in atto per i medicinali di tipo H, come gli antitumorali, dispensabili in Italia solo negli ospedali. C'era poi un versante del gruppo che gestiva le medicine di categoria A (farmaci essenziali e per le malattie croniche il cui costo è a carico dello Stato) e C (a totale carico del cittadino): secondo l'accusa se ne occupava Ernesto Pensilino, una sorta di 'broker', a sua volta in contatto con i ladri e con un informatore farmaceutico in pensione di Genova, Lucio Giorgio Grasselli. Questi acquistava dagli Alfano la merce per poi ricettarla ad altri informatori, Salvatore Tubito, ai domiciliari a Torino, e a un altro indagato colpito da obbligo di firma.
Grasselli, Franceschetti e Tubito rifornivano, sempre per l'accusa, farmacie compiacenti nelle province di Genova, Torino, Cuneo e Brescia, dove sono state fatte perquisizioni. Un altro indagato, ancora ricercato e pluripregiudicato, avrebbe fatto da tramite tea il gruppo degli Alfano ed il clan 'Licciardi' di Secondigliano di Napoli, a cui sarebbero state pagate delle somme di denaro per operare.
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