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01 Settembre 2016 - 11:46
Giustizia
Il 35% dei tribunali interessati, e cioè 48 uffici su 136 prescelti, ha fatto pervenire alla Direzione generale della giustizia penale del Ministero della Giustizia, i dati relativi al monitoraggio sulle misure cautelari personali. Il monitoraggio è il primo realizzato sulla base della legge del 2015 che ha riformato il codice di procedura penale limitando la possibilità di utilizzare la custodia cautelare. Le rilevazioni si riferiscono al 2015, sono partite il 19 gennaio 2016 e si basano sui dati pervenuti il 29 febbraio successivo. La maggior parte dei tribunali coinvolti sono uffici medio-piccoli &ndash si spiega nel documento - ad eccezione del tribunale di Napoli.
Dalla relazione sulle misure cautelari predisposto dal Ministero della Giustizia emerge che nel corso del 2015 sono state emesse, dagli Uffici che hanno risposto alla richiesta di monitoraggio, 12.959 misure cautelari personali. La custodia cautelare in carcere è stata disposta in 6.016 casi pari al 46% del totale; seguono gli arresti domiciliari con 3.704 casi (29%); l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria in 1.430 casi, pari all'11%. "Questo dato - si legge nel report - è certamente rilevante, in quanto indica che la misura carceraria è stata utilizzata meno della metà delle volte in cui l'autorità giudiziaria ha emesso un'ordinanza di misura cautelare personale nell'anno 2015".
Il documento analizza poi il numero dei procedimenti, 3.894, in cui nel corso del 2015 sono state applicate misure cautelari: la quasi totalità, 3.743, risultano iscritti nel 2015, mentre 151, meno del 4%, in anni precedenti.
Questo dimostra che al requisito della 'attualità' delle esigenze cautelari "è stato dato adeguato rilievo" da parte dei magistrati.
Più in dettaglio, dei 3.743 procedimenti iscritti lo scorso anno, 42 risultano essersi chiusi con sentenza definitiva di assoluzione, mentre per 156 è intervenuta una sentenza di assoluzione ma non ancora definitiva, perché l'iter processuale è in corso. "Le assoluzioni definitive - si legge nel documento -impattano 14 procedimenti con misura carceraria e 15 con misura detentiva domiciliare. Quelle non definitive, 69 procedimenti con misura carceraria e 52 con domiciliari".
I procedimenti iscritti nel 2015 per i quali è stata emessa una misura cautelare personale e una sentenza di condanna non definitiva, anche con sospensione condizionale della pena, sono stati 2.406 e la custodia cautelare in carcere è stata disposta in 1.006 procedimenti, il 42% del totale, mentre nel 58% dei casi si è scelta una misura alternativa che nel 34% dei casi è stata l'arresto domiciliare. E questo "sembra dimostrare l'impatto delle disposizioni" sull'uso del braccialetto elettronico, si legge nel documento.
"Assoluta modestia del dato di rilevazione costituito solo dal 35% dei tribunali", "natura del tutto casuale della 'selezione' del campione", assenza di "dati omologhi" relativi agli anni precedenti per fare una comparazione statistica. E ancora, sovrapposizione tra dati relativi ai casi singoli di indagati-imputati e quelli relativi ai procedimenti in cui più soggetti possono essere coinvolti e quindi destinatari di provvedimenti cautelari. E' una bocciatura quella pronunciata dai penalisti sulla prima relazione ministeriale presentata al Parlamento sulle misure cautelari personali. L'Unione camere penali, presieduta da Beniamino Migliucci, ha analizzato i dati e predisposto un documento nel quale parla di "occasione mancata" di fare emerge dati ed "abusi" nell'utilizzo della custodia cautelare in carcere. I penalisti ricordano che l'introduzione del monitoraggio era stata "fortemente voluta" dall'ex viceministro alla Giustizia, Enrico Costa, ma benché sia un obbligo di legge, solo il 35% dei tribunali interpellati ha risposto.
"L'abuso della custodia cautelare &ndash sottolinea il segretario dell'Ucpi Francesco Petrelli - rappresenta una violazione dei diritti delle persone, si traduce in una forma di pena anticipata, aumenta il sovraffollamento carcerario ed è un costo per lo Stato per gli esborsi milionari per i risarcimenti per ingiusta detenzione". Una cifra pari a oltre 600 milioni di euro a partire dal 1992, ricorda il documento dei penalisti.
"La quantità di dati, proveniente solo da 48 tribunali, è assolutamente esigua, eppure nel report - prosegue Petrelli - nulla si dice sul perché il 75% dei tribunali non abbia risposto alla richiesta del ministero sottraendosi di fatto a quello che è un obbligo di legge. Né, a parte Napoli, si sa quali siano i tribunali. Difficile dire, quindi, se il campione sia rappresentativo. Ciò nonostante emerge che il numero di assoluzioni cumulato con altre forme di proscioglimento, come il non luogo a procedere o l'esiguità del fatto, è pari a 198.
Posto che questo stesso numero va rapportato solo a una parte minima di uffici giudiziari, in ogni caso ci troviamo di fronte a circa 200 casi in cui è stato applicato il carcere a soggetti poi assolti o prosciolti", casi, quindi, di "potenziali ingiuste detenzioni". Dubbi anche sull'applicazione del braccialetto elettronico, "sul cui numero la relazione tace, mentre da avvocati sappiamo che anche quando il giudice lo dispone, per lo più non viene applicato perché non ci sono i dispositivi".
I penalisti rilevano poi un aspetto che ritengono un "vizio di origine": "Le valutazioni statistiche - è la loro analisi - non prendono in esame il numero delle misure cautelari personali ponendolo in relazione al numero di indagati/imputati, bensì al numero di procedimenti. Il numero dei procedimenti iscritti nel 2015 nei 48 uffici presi in considerazione (3.743) sta così a fronte di un numero assai maggiore di misure cautelari (12.959) adottate in quello stesso anno: non è dato sapere conseguentemente quale è il numero esatto degli imputati e degli indagati in percentuale raggiunti da misure cautelari personali, ma solo il numero dei procedimenti nei quali le suddette misure sono state emesse".
"Il dato relativo all'applicazione della misura custodiale in carcere nel 46% dei casi, avrebbe dovuto far riflettere (sia pure nella sua parzialità e della indistinta riferibilità all'intero territorio nazionale) su come resti altissimo (nonostante il commento favorevole del Ministero), il ricorso alla custodia cautelare in carcere (poco meno della metà del totale delle misure personali adottate), nonostante il Legislatore abbia sempre inteso l'adozione di questo strumento da parte del giudice quale extrema ratio, e dovendosene conseguentemente auspicare un'applicazione 'residuale' e, dunque, davvero marginale in termini statistici".
E' quanto si legge nel documento dell'Unione camere penali che ha analizzato il primo monitoraggio sull'applicazione delle misure cautelari personali.
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