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08 Giugno 2016 - 15:40
immigrati
Senza gli immigrati l'Italia "sarebbe un Paese con 2,6 milioni di giovani under 34 in meno e sull'orlo del crac demografico": lo evidenzia il Censis nel corso di uno degli incontri della serie 'Un mese di sociale', dedicato quest'anno al tema 'Ritrovare la via dello sviluppo secondo il modello italiano'. "Gli immigrati sono mediamente più giovani degli italiani e mostrano una maggiore propensione a fare figli", sottolinea, segnalando che "le nascite da almeno un genitore straniero in Italia fanno registrare un costante aumento: +4% dal 2008 al 2015, a fronte di una riduzione del 15,4% delle nascite da entrambi i genitori italiani".
Dei 488.000 bambini nati in Italia nel 2015, anno in cui si è avuto il minor numero di nati dall'Unità d'Italia, "solo 387.000 - evidenzia ancora il Censis - sono nati da entrambi i genitori italiani, mentre 73.000 (il 15%) hanno entrambi i genitori stranieri e 28.000 (quasi il 6%) hanno un genitore straniero".
Gli alunni stranieri nella scuola (pubblica e privata) nel 2015, viene ricordato, erano 805.800, il 9,1% del totale.
Ebbene, si osserva, "senza gli stranieri a scuola (la maggioranza dei quali nati in Italia) si avrebbero 35.000 classi in meno negli istituti pubblici e saremmo costretti a rinunciare a 68.000 insegnanti, vale a dire il 9,5% del totale".
Anche sul mercato del lavoro la perdita dei migranti significherebbe dover rinunciare a 693.000 lavoratori domestici (il 77% del totale), "che integrano con servizi a basso costo e di buona qualità quanto il sistema di welfare pubblico non è più in grado di garantire".
Dei 146 comuni italiani che hanno più di 50.000 abitanti, solo 74, rileva la società di ricerca, presentano una incidenza di stranieri sulla popolazione che supera la media nazionale.
"Tra questi, due si trovano al Sud: Olbia in Sardegna, con il 9,7% di residenti stranieri, e Vittoria in Sicilia, con il 9,1%.
Brescia e Milano sono i due comuni italiani con più di 50.000 residenti che presentano la maggiore concentrazione di stranieri, che però in entrambi i casi è pari solo al 18,6% della popolazione. Seguono Piacenza, in cui gli stranieri rappresentano il 18,2% dei residenti, e Prato con il 17,9%".
Nel 2016 sono state presentate 40.512 richieste di asilo in Italia (35mila da parte di uomini), il 58% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Le commissioni d'asilo hanno esaminato quest'anno 40.699 domande di protezione: lo status di rifugiato è stato concesso al 4%, la protezione sussidiaria al 13%, quella umanitaria al 18%, il 5% è risultato irreperibile ed i non riconoscimenti sono stati il 60%, un dato in crescita. Questi i numeri illustrati dal prefetto Angelo Trovato, presidente della Commissione nazionale per il diritto di asilo, in audizione alla Commissione d'inchiesta sul sistema di accoglienza dei migranti.
L'aumento dei mancati riconoscimenti dell'asilo, secondo il prefetto, è da imputare al cambiamento della composizione dei flussi migratori. "In Germania - ha spiegato - l'80% dei richiedenti è siriano ed è indubbio che a loro spetta la protezione, da noi la situazione è diversa, c'è una prevalenza di arrivi dall'Africa subsahariana. Il primo Paesi dei richiedenti asilo comunque - ha sottolineato - è il Pakistan, seguito da Nigeria, Gambia, Senegal e Costa d'Avorio. Ma nessun pakistano è sbarcato quest'anno, quindi ci sono diversi canali d'ingresso".
Trovato ha poi informato che rispetto allo scorso anno è aumentata del 102% la capacità di esame delle Commissioni d'asilo ed è stato eliminato l'arretrato storico. Delle domande presentate quest'anno, ha rilevato, "ne sono già state esaminate 6.800. I tempi medi di esame sono 245 giorni".
Il contenzioso, legato ai ricorsi di chi si vede respingere la domanda, ha proseguito il prefetto, "è drammatico: sono stati presentati 34mila ricorsi di cui solo 5mila sono stati chiusi (3.600 con l'accoglimento)".
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