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16 Aprile 2016 - 16:54
Digitalizzazione (foto archivio)
"Fu il culmine di un lavoro durato cinque anni, c'era emozione ma anche ansia. Funzionerà? Eravamo col fiato sospeso. Poi ebbi risposta dal router americano. Tutto era andato ok": così l'informatico Antonio Blasco Bonito ricorda all'ANSA quel fatidico 30 aprile 1986, giorno in cui l'Italia si collegò a Internet. Lui aveva 35 anni, lavorava al Centro nazionale universitario di calcolo elettronico di Pisa e, insieme a Marco Sommani, fu il cuore tecnico di quell'avventura, il team che dette il click decisivo alla connessione.
"Tutti mi chiedono cosa provai quel giorno, sicuramente emozione ma non fu un momento romantico. Il messaggio che inviammo era un pacchetto di dati ed io ero l'unico elemento umano, davanti a me solo un computer che rispondeva", aggiunge Bonito che a Pisa era arrivato nel 1979-80. "Mi occupavo di comunicazioni - racconta - ed entrai nel gruppo capitanato da Luciano Lenzini. Lavoravano al progetto Stella, cioè le interconnessioni dei pc tramite satellitare. Lenzini ebbe la possibilità di agganciarsi al progetto di interconnessione tra Europa e Usa. A me l'idea piacque - dice Blasco Bonito - sono stato qualche volta negli Stati Uniti per incontri e riunioni tecniche. La tecnologia americana era più sviluppata ed era aperta, flessibile ed estendibile a piccoli e grandi computer - spiega l'informatico -. Noi addetti ai lavori percepimmo la possibilità di entrare in un mondo di relazioni ma è stata dura far capire che era quello il canale da sviluppare. Tanti erano convinti del contrario, che fosse un giochino per accademici e militari americani".
L'Italia fu pioniera di Internet in Europa, entrò nel progetto insieme a Gran Bretagna, Norvegia e Germania. "Dal punto di vista dell'infrastruttura delle reti è stato un momento irripetibile, poi si sono seccate le sorgenti del 'know-how'.
Ora siamo fanalino di coda, fa parte del declino generale dell'industria tecnologica italiana", aggiunge Blasco Bonito che è in pensione da quattro anni, vive a Carrara e "di tecnologia si occupa parzialmente". Ai tempi dell'avventura di Pisa si era relazionato con l'informatico statunitense Jon Postel, "una persona molto particolare, informale, barba e sandali". Ora anche lui tiene un po' fede alla filosofia 'alternativa', comune ai pionieri di Internet. "Mi occupo di gruppi d'acquisto solidali - dice - sono impegnato nel sociale per la mia città e aiuto mia moglie nel suo impegno di biodanza".
"Quello che mi colpisce ora è la pervasività di Internet, il fatto che qualunque piccolo dispositivo anche indossabile sia connesso, una cosa che onestamente nessuno immaginava allora tanto che la materia era oggetto di scherzo. C'era qualcuno che tornando dai viaggi in Usa diceva che si poteva collegare alla rete il tostapane, ora invece accade davvero. Ed è un fatto positivo - conclude Antonio Blasco Bonito -. Dipende dall'uso che se ne fa, ma l'avanzamento della tecnologia è una cosa da perseguire sempre".
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