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01 Marzo 2016 - 18:23
Corte dei conti
Dal 2011 al 2015 l'autosufficienza finanziaria degli Enti Locali è andata via via deteriorandosi, mettendo a rischio la sopravvivenza di tanti Comuni e Province: parola della Corte dei Conti, che attraverso la sua Sezione Autonomie ha scandagliato in lungo e in largo i numeri dei nostri enti territoriali, Regioni comprese. Uno screening impietoso quello dei magistrati contabili, che tuttavia va letto alla luce dei cambiamenti imposti dalla legge Delrio (la 56, dell'aprile 2014) che ha rivoluzionato il sistema degli enti locali. Non va meglio per le Regioni, che starebbero uscendo, ma ancora troppo lentamente, da un lungo momento di crisi.
Purtroppo, come spesso accade nel nostro Paese, con l'eccezione del Mezzogiorno, ancora in fase di stallo.
Al netto della riforma costituzionale che rivoluziona l'operatività degli enti locali, che ha introdotto le Città Metropolitane e le Province di secondo livello, tra il 2011 e il 2014 si è vissuto un momento di difficoltà. Non a caso gli equilibri di bilancio dei Comuni hanno mostrato "un progressivo deterioramento" e una contrazione degli investimenti, che nel 2014 hanno mostrato un -33% di pagamenti e un -24% di impegni.
Freno tirato anche per le Province, soprattutto nel quadriennio 2011-2014, nonostante un'autosufficienza finanziaria che, rispetto alle spese finali, si era mantenuta a livelli costanti fino al 2013, con percentuali intorno al 58%. Da qui la presa di posizione della Corte dei Conti, convinta del fatto che "la protratta ed estesa situazione di 'sofferenza' finanziaria ha alimentato una diffusa istanza di flessibilizzazione dei bilanci da parte degli Enti Locali". La relazione - che ha preso in esame 5.825 Comuni, 76 Province e 164 Unioni partecipate da 722 Comuni - si spinge a dire che le difficoltà delle Province pongono seri dubbi "sulla sostenibilità dei tagli". Detto questo rimangono alcuni punti che segnano una sorta di riscossa della Delrio rispetto alle tante critiche mosse. Come ad esempio le gestioni associate, che al contrario "se proseguite e ulteriormente incentivate costituiscono uno strumento essenziale al fine del conseguimento di più elevati standard di efficienza". Non a caso tra il 2013 e il 2014 le Unioni dei Comuni hanno aumentato del 9% la spesa corrente, anche se naturalmente a scapito dei Comuni partecipanti (-3% rispetto al 2013). In ogni caso la carenza di risorse e i tagli operati fino al 2014, osserva la Corte dei Conti, "hanno indotto gli Enti locali ad azionare la leva fiscale", e infatti le entrate tributarie hanno mostrato un progresso del 18%, che in valore assoluto significa circa 4,2 miliardi.
Fosco il quadro delle Regioni, zavorrato da un deficit di 25 miliardi nel periodo 2011-2014, "scaturiti dalla somma algebrica del saldo negativo della gestione in conto capitale e di quello positivo (+535 milioni) della spesa corrente". In ogni caso la situazione al 2014 metterebbe in luce un'economia "che sta uscendo lentamente dalla crisi", con le Regioni del Sud che "ancora non vedono significativi segnali di ripresa". Nel periodo esaminato tuttavia le Regioni a statuto ordinario "hanno assicurato un maggior recupero nella capacità di riscossione dei residui attivi rispetto alle Regioni ad autonomia speciale, che hanno mostrato un sensibile calo delle risorse tributarie". Criticità forti risultano anche per le entrate in conto capitale nelle Regioni del Sud. Colpa anche, si sottolinea, di un indebitamento complessivo che nel 2014 ha toccato i 67 miliardi, in aumento di circa 5,7 miliardi rispetto a un anno prima, su cui ha pesato il debito sanitario, lievitato da 23,8 a 30,7 miliardi.
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