ROMA. Migranti: associazioni, poca trasparenza sui Cas Indagine su Centri accoglienza straordinaria, 'inadeguati'
25 Febbraio 2016 - 17:10
Si sa poco sui Centri di accoglienza straordinaria (Cas) presenti sul territorio nazionale e che ospitano più di 70 mila persone, il 72% dei migranti presenti in Italia. Non esiste un elenco pubblico di queste strutture, della loro ubicazione, di chi le gestisce; non vi è trasparenza sugli affidamenti, sui finanziamenti, sul rispetto degli standard di erogazione dei servizi previsti da convenzioni e capitolati d'appalto. A denunciare la "poca trasparenza" sui Cas è un rapporto della campagna inCAStrati, promossa da Cittadinanzattiva, LasciateCIEntrare e Libera, presentato oggi presso la sede della Fnsi a Roma. Incertezza anche sul numero dei Cas: 3.090 secondo il rapporto delle associazioni, 4.471 secondo Federico Gelli, eletto due giorni fa presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sui Cie. La campagna InCAStrati ha voluto vederci un po' più chiaro e a partire dal mese di giugno 2015 ha rivolto al Ministero dell'Interno e alle Prefetture una serie di istanze di accesso civico, chiedendo la pubblicazione dell'elenco completo dei Cas con la loro ubicazione, degli enti gestori, di informazioni inerenti gare, convenzioni, rendicontazioni, esiti delle attività di monitoraggio sui servizi erogati. Al contempo è stata avviata un'attività di monitoraggio dei centri, attraverso l'osservazione diretta delle strutture (dove possibile) e colloqui con ospiti, volontari e lavoratori. Tra gennaio e dicembre 2015 sono stati visitati 50 Cas dislocati in Campania, Calabria e Sicilia. "Il quadro che ne è emerso è complessivamente scoraggiante" è il commento. Diversi, anzitutto, i casi di strutture improvvisate, come gli hotel, i ristoranti, i vecchi casolari convertiti in centri di accoglienza. Gli staff risultano spesso impreparati a gestire il fenomeno complesso dell'accoglienza: operatori che non conoscono neppure l'inglese, sprovvisti di formazione in materia di protezione internazionale. L'assenza di assistenza adeguata e di percorsi di inclusione, denuncia il rapporto, è fonte di frequenti casi di depressione o di ingresso dei migranti nei circuiti del caporalato, del lavoro nero, dello spaccio e della prostituzione. Diverse le strutture lontanissime dai centri abitati e altrettanto numerosi i Cas situati in zone ad altissima criticità sociale, come in tutta la fascia del casertano che va da Licola a Casal di Principe lungo la Domiziana, dove sono concentrati numeri elevatissimi di migranti: nel solo giuglianese sono presenti oltre 1000 migranti in circa 7 strutture che non svolgono nessun tipo di attività. Ancora, l'assistenza sanitaria dei migranti è sommaria e mancano adeguati servizi di assistenza psicologica. In alcune zone, infine, l'accoglienza risulta essere gestita da soggetti già in passato denunciati. Gli esponenti delle associazioni hanno denunciato stamani anche la situazione generale dell'accoglienza, con i Cie "irriformabili, inutili, lesivi della dignità, luoghi di deprivazione" e quindi da chiudere rapidamente, ma anche i Cara che si stanno lentamente dismettendo ma per tutto il 2015 "sono stati strumento micidiale di malaccoglienza". E per finire la gestione molto approssimativa delle richieste d'asilo, che spesso non vengono registrate lasciando quindi le persone coinvolte in balia dei decreti di respingimento. Per non parlare dei tempi lunghi per la concessione della protezione: un gruppo di richiedenti asilo eritrei, ospitati nel Cara di Castelnuovo di Porto, ha letto una lettera firmata da 181 richiedenti asilo, nella quale si denuncia la situazione di alcuni di loro, nella struttura ormai da più di cinque mesi: "vorremmo sapere che fare - hanno detto - siamo demoralizzati"
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