Dopo auspici, richieste, raccomandazioni e rassicurazioni sono due grandi città a mettere nero su bianco i 'patti' con le rispettive comunità islamiche per favorire apertura, integrazione e sicurezza. Lo faranno, nel giro di poche ore, Firenze e Torino con due distinte cerimonie di firma dei documenti. Il sindaco di Firenze Dario Nardella firmerà lunedì con l'imam Izzedin Elzir un documento che prevede tra l'altro i sermoni anche in italiano e 'sportelli' informativi nelle moschee, mentre il primo cittadino di Torino e presidente dell'Anci Piero Fassino siglerà martedì con i rappresentanti dei centri culturali islamici del capoluogo piemontese un documento che prevede tra l'altro una giornata di 'moschee aperte' in cui i fedeli musulmani possano "raccontarsi al territorio e fare entrare la città dentro i propri luoghi di preghiera". Il documento di Firenze prevede, tra i punti, che il sermone del venerdì e lettura del Corano siano anche in italiano, l'adesione ai valori della Costituzione l'apertura di sportelli nelle moschee per far conoscere le iniziative della comunità musulmana. Alla cerimonia della firma del 'patto' in Palazzo Vecchio è prevista anche la presenza di altri esponenti delle comunità musulmane della Toscana. Quello dell'uso della lingua italiana, oltre all'arabo, per i sermoni del venerdì è un tema discusso da anni. Lo stesso Izzedin, che è presidente dell'Ucoii, l'Unione delle comunità islamiche in Italia, cinque anni fa definì la questione come "la scoperta dell'acqua calda" riferendosi all'auspicio formulato in tal senso dal Comitato per l'Islam italiano che ha sede al Viminale. "Già da ora - notò allora il presidente dell'Ucoii - il sermone del venerdì viene pronunciato in italiano e in arabo: in Italia ci sono musulmani di 50-60 nazioni e non tutti parlano arabo, quindi è doveroso parlare in italiano". Del resto l'uso dell'italiano per i sermoni del venerdì è stato anche tra i prerequisiti, insieme alla tracciabilità dei finanziamenti, fissati nell'ottobre del 2014 dal Comune di Milano per l'assegnazione del maggior punteggio per la concessione tramite bando di aree dismesse su cui realizzare luoghi di culto. Il sermone in italiano non è invece tra i punti del 'patto di condivisione' di Torino: "Non è necessario, perché qui avviene normalmente", spiega l'assessore comunale all'Integrazione, Ilda Curti. Prevista invece la giornata di 'Moschee aperte - spazio per tutti'. "Questa iniziativa - spiega Fassino - riconosce la presenza a Torino di tanti cittadini di Paesi islamici e arabi. E, al tempo stesso, riconduce tutti, in primo luogo le comunità islamiche, all'impegno a condannare a contrastare il terrorismo e a riconoscersi nelle norme che regolano la convivenza civile". Ma il patto torinese, che ha lo scopo di promuovere l'affermazione dei valori di convivenza, il rispetto reciproco e la comune conoscenza, prevede anche la costituzione di un coordinamento permanente con i centri islamici cittadini - una quindicina in tutto - e la creazione di una bacheca, in tutte le moschee torinesi, con comunicazioni sulla vita della città. Quest'ultima verrà realizzata da giovani arabi di seconda generazione, in entrambe le lingue.
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