Un 'clone' del software-spia Galileo, prodotto da Hacking Team, l'azienda milanese che offre sistemi di sorveglianza per governi di tutto il mondo, potrebbe essere finito in mano a jihadisti o apparati militari o enti governativi e non in Medio Oriente. Sono le ipotesi investigative della Procura di Milano che avrebbe accertato un pagamento di circa 300mila euro da parte di una società saudita a favore di due ex collaboratori di Ht che avrebbero trafugato dati utili a ricreare lo spyware. Proprio per andare 'a caccia' di materiale informatico o cartaceo sulla presunta vendita del sistema di spionaggio, la Polizia postale, coordinata dal pm Alessandro Gobbis, si è presentata stamani a Torino nella sede della Mala srl, società fondata dai due ex collaboratori di Ht, già indagati nell'inchiesta (assieme ad altre tre persone non coinvolte in questo capitolo), il libanese Mostapha Maanna e Guido Landi. Il blitz rappresenta lo sviluppo dell'indagine, già aperta, sull'attacco informatico subito, ai primi di luglio, dalla Hacking Team che forniva l'ormai famoso software Galileo anche a diverse Procure e a forze dell'ordine italiane. Il sospetto alla base delle perquisizioni, infatti, è che i due ex uomini di Ht abbiano venduto il cosiddetto "codice sorgente" dello spyware Galileo alla società saudita Saudi Technology Development, che si occupa di investimenti e sviluppo tecnologico ed è controllata da un fondo di investimento pubblico dell'Arabia Saudita. Società che, però, nell'ipotesi investigativa probabilmente avrebbe fatto solo da mediatrice per conto di un "committente" da individuare. La somma di "299.970 euro" versata il 20 novembre 2014 dalla Saudi Technology Development alla Mala Srl, come si legge nel decreto di perquisizione, sarebbe il "pagamento per la fornitura di servizi relativi a intrusioni informatiche" e, in particolare, "software per neutralizzare o riprodurre Remote Control System", ossia il sistema Galileo ideato da Ht. Mala srl ufficialmente si occupa di formazione professionale, ma non risulta però "verosimile - scrive il pm - che la somma corrisposta sia in relazione" a questa attività. Secondo l'accusa, invece, la società saudita avrebbe acquistato lo spyware "simile o alternativo" a quello prodotto da Ht. In sostanza, gli acquirenti dei dati avrebbero avuto la possibilità di creare un sistema di spionaggio per entrare, in particolare, negli smartphone di qualsivoglia 'obiettivo'. Secondo Ht, i dati per creare lo spyware sarebbero stati comprati da 'clienti' interessati a "neutralizzare" gli stessi software-spia creati dall'azienda e proteggere gli 'obiettivi', mentre per gli inquirenti l'acquisto sarebbe servito per ricreare lo spyware per poi fare spionaggio. Landi e Maanna sono accusati di accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione di segreto industriale. Stando al decreto, i due devono rispondere di essersi "introdotti abusivamente nel sistema informatico di Hacking Team", sistema "di interesse pubblico", "al fine di estrarre dati aziendali e informazioni riservate in modo da causare un danneggiamento o una interruzione parziale del funzionamento" del server. Inoltre, secondo il pm, avrebbero "utilizzato o rivelato a terzi il codice sorgente del software Rcs Galileo, nonché altri dati riservati di pertinenza di Ht". Già nella sua denuncia dello scorso maggio Ht aveva descritto Maanna come persona "in contatto con i più importanti servizi di intelligence della zona calda per eccellenza del globo", il Medio Oriente, e con piani di "vendita" verso "'Paesi Ostili' e enti non governativi". "Siamo tranquilli e certi che le indagini dimostreranno che le accuse che ci vengono mosse sono 'bufale' diffuse da Hacking Team", ha spiegato l'avvocato Sandro Clementi, legale di Maanna.
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