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ROMA. Testimoni giustizia: presto per loro una legge su misura

ROMA. Testimoni giustizia: presto per loro una legge su misura

Viminale

Serve una legge per tutelare la figura del testimone di giustizia, colui che denuncia racket, crimini, delitti, mettendo a rischio la propria vita e quella dei suoi familiari: una normativa specifica non c'è e questa figura viene spesso erroneamente accostata a quella del collaboratore di giustizia ma il Parlamento deve approvarla al più presto; tra l'altro la Commissione Antimafia ha già elaborato un testo. Questo, in sintesi, il messaggio arrivato oggi nel corso di un convegno a Roma, organizzato dal viceministro Filippo Bubbico per presentare la "Carta dei diritti e dei doveri di testimoni di giustizia e collaboratori" messa a punto da un gruppo di lavoro - composto da magistrati, sociologi, psicologi, esperti vari - istituito da più di un anno al Viminale. Attualmente la popolazione protetta è composta da 1230 collaboratori di giustizia e 83 testimoni a cui vanno aggiunti 4902 familiari per un totale di 6215 persone inserite nel circuito tutorio. In verità la conclusione a cui è giunto il gruppo di lavoro è che non sarebbe necessario modificare la normativa attuale sui testimoni di giustizia e i collaboratori perchè ha caratteristiche "di ampiezza ed elasticità" ma sono necessari solo "alcuni correttivi di carattere normativo per riadeguare gli interventi a favore dei protetti alle esigenze che si sono manifestate con maggiore frequenza". Ma la presidente della Commissione Antimafia, Rosy Bindi ed anche il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti, hanno mostrato di non pensarla allo stesso modo.

"C'è una inadeguatezza dell'impianto legislativo attuale sui testimoni di giustizia - ha scandito Bindi - non c'è alcuna legge per loro, ma intendiamo chiedere al Parlamento di fare uno sforzo per dare dignità giuridica a queste persone, autonoma da quella dei collaboratori". E anche per Roberti "è importante definire in sede legislativa la figura del testimone di giustizia", "con una sorta di divieto di sindacalizzazione dei testimoni per esigenza di tutela", ha aggiunto.

Anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando si è augurato che "il Parlamento possa approvare al più presto una normativa che miri tra l'altro a individuare programmi di protezione specifici per i testimoni secondo i diversi profili".

Ed ha aggiunto che "sarebbe un dato simbolico importante se riuscissimo a prevedere già in legge di Stabilità un investimento per potenziare la protezione dei testimoni di giustizia che rimangono nella terra d'origine". Il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha sottolineato che "la comunità ha il dovere di non lasciare soli i testimoni di giustizia", aggiungendo che "troppe volte i testimoni rifiutano il trasferimento in località protette" perchè vogliono proseguire le proprie attività nelle terre d'origine ma poi viene fatta loro terra bruciata intorno. Tra le novità previste dalla nuova proposta di legge, l'introduzione dell'istituto del cambio di generalità allargato.

"E' previsto che membri di una famiglia criminale - ha spiegato Davide Mattiello, Pd, che in Commissione Antimafia coordina il gruppo di lavoro sui testimoni di giustizia e i collaboratori - che decidano di rompere con il nucleo originario di appartenenza, anche quando non abbiano informazioni da riferire agli inquirenti, possano essere tutelati dallo Stato che garantisce il loro cambio di generalità. E' una novità importante, che tiene conto soprattutto delle madri con figli minori o dei giovanissimi che intendono scappare da un contesto violento e che sono meritevoli di tutela, anche se non in possesso di informazioni fondamentali per le indagini".

Non sono mancate le testimonianze drammatiche, come quella di una donna calabrese che dal palco ha detto di sentirsi "un fantasma: rivoglio la mia vita. Se tornassi indietro sposerei un mafioso, vedo i miei figli senza istruzione né lavoro e mi dico: cosa ho fatto?".

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