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14 Ottobre 2015 - 14:30
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"Ogni anno si registrano tra i 20 e i 50 milioni di casi di pertosse e circa 300mila decessi. Tra i Paesi più colpiti, quelli europei, con un caso ogni 100mila. E il trend è in aumento", perché "i genitori tendono a vaccinare meno i figli ma anche a non sottoporli ai successivi richiami previsti". La conseguenza è che il virus copisce anche chi è troppo piccolo per vaccinarsi e ancor di più per difendersi, come nel caso recente della neonata morta di pertosse. A fare il punto sui rischi della mancata aderenza al Piano Vaccinale è Susanna Esposito, presidente WAidid, Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici.
In Italia è previsto che i neonati siano vaccinati contro la pertosse a partire dal 3°mese, "ma per proteggere davvero i bimbi così piccoli è fondamentale che vengano effettuati i richiami nel primo anno di vita e anche da adolescenti". La vaccinazione e anche l'infezione naturale, infatti, "non conferiscono un'immunità permanente e per restare protetti sono necessari richiami ogni 5-10 anni". Spesso, però, questo non accade. "In Italia, la copertura vaccinale contro la pertosse appare discreta nel primo anno di vita ma tra gli adolescenti è decisamente modesta", sottolinea Esposito, che dirige l'Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura della Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Università degli Studi di Milano. Tuttavia, "se negli adolescenti non è una malattia pericolosa, il rischio è ben più alto tra i neonati. Per potenziare la cosiddetta 'immunità di gregge', raccomandiamo ai genitori di non abbassare la guardia quando i figli crescono".
In Europa e nel mondo, la schedula vaccinale contro la pertosse è diversificata. Se in Italia il vaccino è somministrato nel primo anno di vita, a 5 anni e a 11, in Gran Bretagna e Stati Uniti, per proteggere i neonati, è stato introdotto anche per donne incinta. In Austria e Norvegia, invece, è previsto un richiamo ogni 10 anni anche da adulti.
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