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15 Settembre 2015 - 10:56
sanità
''Non lo avrei mai creduto''. A due settimane dal trapianto di fegato che gli ha salvato la vita, il primo effettuato in Italia da donatore a cuore fermo, il 'ricevente' - M.D., 40 anni, di origine africana - descrive con poche parole e grande emozione il proprio stato d'animo: ''Sono contento e ringrazio tutti, gli operatori, i medici e l'ospedale. Sono stato trattato benissimo''. M.D. sta bene, cammina ed il decorso lascia ben sperare, confermano i medici, sottolineando come quello che lo ha visto protagonista sia stato un intervento davvero particolare. ''L'eccezionalità di questo trapianto - spiega il direttore sanitario dell'Ospedale Niguarda di Milano, dove l'operazione è stata effettuata, Giuseppe Genduso - è dovuta al fatto che l'equipe dell'Ospedale di Pavia ha individuato un donatore, che aveva espresso una forte volontà alla donazione, e nel momento in cui si è verificato l'arresto cardiaco, superati i 20 minuti di osservazione di elettrocardiogramma piatto come previsto dalla legge, ha installato un sistema di circolazione extracorporea che ha riguardato solo gli organi addominali. Per 4 ore, fegato e reni sono stati osservati ed ossigenati e quindi dichiarati idonei per il prelievo. A quel punto - prosegue - sono stati prelevati e destinati ai riceventi, ed il Niguarda ha avuto uno dei propri pazienti in lista per il fegato. Così, per la prima volta, abbiamo utilizzato un organo preparato in questo modo, il che è una novità assoluta''. In Italia, chiarisce quindi Genduso, ''la legge prevede un periodo di osservazione di 20 minuti, che è un tempo lungo e molto cautelativo, e che dunque rende più complicato prelevare gli organi senza un supporto per la circolazione extracorporea. In questi casi, rispetto alla classica osservazione a cuore battente con dichiarazione di morte cerebrale, la dichiarazione di morte avviene per arresto cardiaco. E' quindi fondamentale - rileva - che sia chiara la volontà del paziente di mettere a disposizione i propri organi, perchè i tempi sono stretti''. A chiarire la procedura seguita dai medici, è anche il primario anestesista Andrea De Gasperi: ''Nel momento in cui c'era irreversibilità della condizione cerebrale, anche se il paziente non sarebbe mai andato incontro in questo caso a morte cerebrale, ed a fronte di una condizione cardiaca assolutamente compromessa, è stato fatto tutto quello che si poteva fare fino a quando è stato ritenuto che non si potesse fare più nulla. Il paziente è andato in arresto cardiaco. A quel punto si è quindi proceduto''.
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