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ROMA. Braccianti: reato caporalato esteso anche a imprenditori

ROMA. Braccianti: reato caporalato esteso anche a imprenditori

caporalato

Rendere più severa la legge contro il caporalato, colpendo non solo questi sfruttatori, i caporali, come avviene finora, ma anche le aziende e gli imprenditori che si rivolgano ad essi (oggi non è previsto) e applicare il reato di associazione di tipo mafioso (il 416 bis) anche per chi utilizza lo sfruttamento del lavoro come mezzo per perseguire le finalità proprie delle associazioni criminali, utilizzando questo metodo in modo stabile e continuativo e con intimidazioni. E' quanto chiedono alcuni politici e sindacalisti; la tesi viene sposata anche dal sottosegretario alla Giustizia Cosimo Ferri. Intanto oggi il titolare dell' azienda agricola 'Perrone' di Andria in cui lavorava Paola Clemente, la bracciante di 49 anni morta nei campi il 13 luglio, è stato indagato dalla Procura di Trani, mentre la procura di Matera ha aperto un'indagine conoscitiva - senza reati né indagati - per accertare le cause del malore che il 5 agosto ha colpito il bracciante tarantino di 42 anni, Arcangelo De Marco, ricoverato in coma a Potenza. "Chiedo un decreto che incida sulla carne viva di questa vergogna nazionale, ma anche l'equiparazione tra caporalato e mafia attraverso pene che non lascino zone d'ombra", afferma il capogruppo dei deputati di Sel, Arturo Scotto. Il deputato Pd Davide Mattiello, propone l'estensione del reato di intermediazione illecita di manodopera e di sfruttamento del lavoro (il 603 bis) anche a chi consapevolmente si avvalga della manodopera così organizzata. "Gli imprenditori che approfittano della manodopera organizzata dai caporali - spiega - fanno danno due volte: alle persone sfruttate e agli imprenditori onesti. Bisogna applicare anche a loro il 603 bis o allargando la fattispecie o ricorrendo al concorso in questo reato". E ancora, il deputato chiede che si applichi il 416 bis a chi operi con metodo mafioso "qualora lo sfruttamento si realizzi all'interno di un sistema consolidato, che inveri quella forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e omertà che ne derivano". Tesi queste, condivise dal sottosegretario Ferri: "La norma che punisce l'intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro, nella sua configurazione attuale, rischia di non essere applicabile all'imprenditore che utilizzi materialmente la forza lavoro, ma soltanto all'intermediario. Bisogna, quindi, prevedere espressamente la punibilità del datore di lavoro che organizza e dunque dirige i lavoratori reclutati". Occorre, inoltre, secondo Ferri, rivedere il trattamento sanzionatorio previsto dal Codice, prevedendo un inasprimento delle pene detentive ma anche di quelle pecuniarie (la multa va da un minimo di 1.000 euro ad un massimo di 2.000 per ogni lavoratore). Ma c'è di più: sulla scia delle recenti sentenze della Cassazione, che hanno confermato l'inquadramento entro la cornice del delitto di associazione mafiosa dei fatti contestati agli indagati nell'inchiesta Mafia Capitale, Ferri e Mattiello sostengono l'opportunità di riflettere se allo stato esistano gli strumenti giuridici per applicare l'aggravante del metodo mafioso anche a chi utilizza lo sfruttamento del lavoro come mezzo per perseguire le finalità proprie delle organizzazioni criminali e si avvalga della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per acquisire la gestione o il controllo di attivitàeconomiche anche attraverso il caporalato. A chiedere di affrontare il nodo del caporalato con misure drastiche è anche il presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd), con misure patrimoniali molto dure per gli imprenditori-sfruttatori. Intanto il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina rende noto che a settembre andrà in discussione la proposta di legge per il rafforzamento delle misure di contrasto al caporalato. E per il responsabile legalità Flai-Cgil, Roberto Iovino, "dobbiamo cominciare a considerare i caporali degli scafisti di terra". Solo in termini di evasione contributiva, il danno erariale che producono è di di 600 milioni.
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